Capitolo 111

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Eleanor ci mise il tempo di un secondo ad avvolgere il corpo di Louis tra le braccia. Crollò praticamente su di lei, tenendosi le mani sugli occhi e piangendo come non aveva mai fatto prima in vita sua.
Perchè alla fine, nonostante avesse combattuto, aveva perso Harry. Per sempre.
In realtà, si rese conto che non aveva abbastanza tempo per lasciarsi andare e piangere. Appena riacquistò un briciolo di lucidità si asciugò le lacrime e chiese all'amica di partire per raggiungere il magazzino che Stan aveva indicato loro. Non ci misero molto ad arrivare.

Era un posto desolato, quasi pauroso. C'era davvero molto freddo quel giorno, e Louis non riusciva a pensare a molto altro che a quello, in verità. Il freddo che penetrava le ossa e trasformava il respiro in un'inconsistente nuvola bianca. Harry doveva soffrire tantissimo. Louis desiderò solo trovarlo in fretta per far sì che tutto quello finisse una volta per tutte.
Eleanor insistè per accompagnarlo all'interno del magazzino. Una volta dentro furono immersi dal buio più totale. Il ragazzo sentì una mano calda e rassicurante raccogliere la sua e si beò di quel tocco, pensando che se in quel momento fosse stato solo probabilmente sarebbe morto di paura. Forse non ce l'avrebbe fatta. L'unica cosa che gli permetteva di continuare a camminare era il pensiero costante che da qualche parte in quel magazzino sudicio c'era il suo Harry - Harry, che lo aspettava e che aveva fiducia in lui.

Improvvisamente, dall'angolo destro più vicino a loro, si accese una piccola luce. Louis e Eleanor si voltarono di scatto per vedere, a qualche metro da loro, Stan Lucas, comodamente seduto su una sedia, un piccolo ghigno soddisfatto che gli contorceva i tratti del viso. Louis rabbrividì. Sentire la sua voce gli aveva messo abbastanza paura, ma rivederlo - rivederlo significava riaprire vecchie ferite, permettere a un antico dolore di riaffiorare e invaderlo tutto, quasi soffocandolo come se fosse veleno. Quando Stan si alzò, Louis si ritrovò a boccheggiare e fare un piccolo passo indietro - perché nemmeno nei suoi peggiori incubi la paura che sentiva era stata così forte e reale. Si sentì sopraffatto, proprio come se nonostante tutti i suoi sforzi non fosse riuscito alla fine a fare nulla di giusto.
<<Avete fatto presto.>> constatò Stan semplicemente, sembrando quasi annoiato mentre pronunciava quelle parole. Eleanor si mise leggermente davanti a Louis con il corpo, quasi come per proteggerlo. Stan sembrò divertito dal gesto, infatti si concesse un sorrisetto breve ed agghiacciante.
<<Incredibile cosa riesce a fare la paura. Eh, Tomlinson? Appena ho nominato il tuo povero dolce Harrie sei corso subito, vero? Quanto siete patetici. Tutti e due. Come se poi ne valesse la pena, voglio dire- combattere per questo. Per amore.>>
<<Non mi aspetto che tu lo capisca.>> si limitò a mormorare Louis, guardando Stan negli occhi e sentendosi davvero stanco nel frattempo. Era vero. Sentiva che ogni tipo di forza stava piano piano abbandonando il suo corpo, lasciandolo pur sempre vigile ma disinibito. Sentiva il cuore martellargli nelle tempie e le dita delle mani congelate. E forse anche perché era davvero troppo stanco che nemmeno fece caso alle parole che uscivano dalle sue labbra, completamente scollegate dalla mente. <<Visto che tu sei talmente codardo da nemmeno sapere che cosa sia, l'amore.>>
<<Adesso basta. Non sono qui per parlare di questo. Hai portato quello che ti ho chiesto?>> chiese Stan impaziente, un guizzo di pura rabbia che si impadronì dei suoi occhi. Louis cercò di osservarli, di trovarci dentro un minimo di rimpianto, qualcosa a cui aggrapparsi in quel momento che avrebbe potuto salvarlo.

C'era stato un tempo in cui aveva davvero creduto che Stan non fosse come gli altri. Lo aveva osservato da lontano; osservava il modo in cui trattava le persone che considerava inferiori e studiava i movimenti del suo viso per capire se quello che faceva era ciò che voleva veramente. E Louis a un certo punto era arrivato a credere che Stan, per certi versi, fosse migliore degli altri. Che faceva certe cose solo perché non conosceva altro modo, o forse per dimenticare qualcosa di sé stesso che non riusciva ad accettare. Dopo il bacio, lui aveva capito molte cose, e una di quelle era che Stan aveva indubbiamente bisogno di aiuto. Ma lo aveva sempre, sempre rifiutato. Forse non c'era modo di tirarlo fuori da quel baratro. O forse non spettava a Louis cercare di salvarlo.

<<Sì.>> rispose Louis in un sussurro, alzando la cura che aveva riposto nella tasca dei jeans. La tenne ferma tra le dita e continuò ad osservare l'altro che, a qualche metro da lui, vedendo il sangue infetto, si era letteralmente illuminato. Fece qualche veloce passo avanti ma Louis fece sparire la cura dietro la schiena.
<<Non credo proprio.>> disse fermamente. <<Abbiamo un patto, ricordi? Mi avevi detto che avresti lasciato andare Harry. Poi potrai fare tutto quello che vorrai.>> gli disse, la voce estremamente calma. Stan fece una smorfia spazientita, poi si allontanò da Louis e Eleanor spostandosi a grandi passi verso la parte finale del magazzino. A quel punto accese un paio di interruttori e di colpo l'intera struttura si illuminò di luci abbastanza potenti, scoprendo l'enormità dell'edificio vuoto tutto intorno a loro. C'era polvere e grigio ovunque, un posto in cui Louis non sarebbe riuscito a resistere per più di qualche ora. Sotto gli occhi concentrati di Louis e della sua amica, Stan a un certo punto schiacciò un pulsante posto vicino agli interruttori della luce e all'improvviso dietro di lui cominciò a scorrere una parte di parete - o meglio, il castano la riconobbe come parte di parete perché aveva lo stesso colore dell'edificio intorno a loro, ma in realtà, una volta che riuscì a capire meglio, realizzò che si trattava di una sorta di enorme portale elettronico, come quelli posti fuori dai garage. Probabilmente veniva usato come luogo in cui i dipendenti potevano lasciare le macchine, quando quel magazzino era ancora funzionante. Dietro il portale, in ogni caso, si trovava una piccola stanza rettangolare tutta bianca circondata da sbarre di ferro, che aveva tutto l'aspetto di una gabbia.

Al centro, rannicchiato con numerose coperte addosso, c'era Harry, o meglio, il lupo che era Harry, disteso e tremante. Louis si lanciò in avanti, Eleanor che dietro urlava il suo nome, e sbattè praticamente contro quella specie di cancello infernale. Strinse tra le mani il ferro così forte da farsi venire le nocche bianche e da temere di ferirsi.
<<Harry.>> lo chiamò, la voce disperata ma sollevata, perché ora finalmente lo aveva trovato e lo avrebbe portato via di lì e il suo ragazzo sarebbe stato al sicuro. <<Harry Harry Harry Harry.>> sussurrò impercettibilmente, le labbra appoggiate contro il cancello. Le lacrime pizzicavano agli angoli degli occhi e premevano per uscire ma Louis sapeva di non poter piangere, non adesso, adesso solo- doveva portare Harry fuori di lì..

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