Capitolo 109

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<<E' un numero sconosciuto.>> borbottò, pensando a tutte le volte che alcuni suoi compagni di scuola lo avevano chiamato con quel metodo per fargli uno scherzo di cattivo gusto.
<<Non rispondere.>> gli intimò Eleanor semplicemente, guardando fisso davanti a sé e portandosi un pollice alla bocca per cominciare a mangiucchiarsi un'unghia. Louis si morse il labbro.
Non aveva idea del perché, ma c'era qualcosa di molto profondo e insistente dentro di lui che gli diceva di rispondere a quella telefonata. Il suo cuore cominciò a martellare e per un attimo la sensazione sgradevole che poco prima aveva descritto a Eleanor si intensificò tutta intorno a lui, e dentro, quasi intossicandolo.

Alla fine accettò la chiamata.

<<Pronto?>>
Dall'altra parte c'era il rumore più lieve di un respiro. Un respiro basso e irregolare, quasi come se appartenesse a una persona stanca, senza forze. Il rumore di qualcosa di metallico che veniva spostato, un lieve gemito. E poi-
<<L-Lou.>> soffiò la voce. Louis spalancò gli occhi e rischiò di saltare sul sedile della macchina dell'amica, perché non era possibile che avesse sentito ciò che aveva appena sentito. Non poteva essere, solo-
<<Haz?>> chiamò, la voce che si era alzata di un'ottava. Si aggrappò con una mano a parte dell'abitacolo di fronte a sé e sentì immediatamente gli occhi di Eleanor su di sé. <<Oh mio dio, sei tu- Harry.>> ripetè, gli occhi che improvvisamente gli si riempivano di lacrime. Louis si passò una mano sui capelli e poi la lasciò lì, sulle labbra, perché non riusciva a credere che avessero appena pronunciato quel nome. Il suo Harry. Harry Harry Harry Harry, dall'altra parte della cornetta, vivo, salvo e umano.
<<F-freddo.>> mormorò in risposta il riccio, e Louis riuscì quasi a sentirlo battere i denti e se lo immaginò mentre si mordeva il labbro, piccolo e rannicchiato da qualche parte nella foresta. Strinse con più forza il cellulare, così forte che temette di sgretolarlo.
<<Haz, amore mio- ti vengo a prendere. Riesci a dirmi dove sei? Ti prego, ti prego, resta con me. Concentrati. Ascolta la mia voce, sono proprio qui, solo- dimmi dove sei. Andrà tutto bene. Andrà tutto benissimo, Harry, fidati di me, okay?>> gli disse Louis dolcemente. Sentì i respiri strozzati dell'altro e l'impulso di scoppiare a piangere lo invase tutto e lo fece rabbrividire. Dio, lo voleva trovare, voleva tenerlo al sicuro e voleva che rimanesse umano. Ma non era con lui in quel momento e si sentiva così piccolo, piccolo e impotente.
<<Buio...c'è tanto buio, Lou.>> gracchiò Harry. Louia udì il rumore di qualcosa che veniva spostato, un fruscio morbido, come di stoffa che si muoveva lentamente. <<Non...non voglio che tu venga qui.>>
A Louis gli si ghiacciò il sangue. Dal suo occhio sinistro uscì una lacrima che non si premurò nemmeno di raccogliere.
<<Ma cosa dici, Harry? Dimmi dove sei. Ti porto al sicuro, Haz, te lo sto promettendo, devi solo dirmi>>
<<Ti...ti amo, Lou. Ti avrei amato sempre. Lo- lo sai questo, vero?>> gli chiese Harry, la voce ormai ridotta a un sussurro appena udibile. Louis in quel momento fu quasi certo di essere sul punto di avere una crisi di nervi.
<<Certo che lo so, Haz, lo so, lo so sempre, ma adesso solo- per favore, dimmi dove sei. Harry>>

Il rumore netto e lacerante di plastica che veniva spostata e qualcosa che interferiva con l'altoparlante interruppe momentaneamente la conversazione. Il castano rimase fermo per un attimo, come in sospeso. Smise letteralmente di respirare, il desiderio lancinante di continuare a udire quel flebile sussurro che era la voce di Harry.
<<Come siamo romantici, Tomlinson.>>

E no, quella non era decisamente la voce di Harry. Louis non avrebbe pensato di riascoltare quel suono nemmeno nei suoi peggiori incubi, eppure adesso eccola lì, forte e chiara e sprezzante. Il ragazzo dovette concentrarsi per trovare la forza di non lasciarsi andare e svenire, un forte capogiro che lo invase tutto e gli fece formicolare la pelle.
<<Stan?>> chiese in un sussurro.
Dall'altra parte arrivò un accenno di risata. Inappropriata e spaventosa, come quella nei film dell'orrore, quelli che a priori Louis si rifiutava di guardare perché sapeva in partenza che non gli sarebbero mai, mai piaciuti. Deglutì rumorosamente, Eleanor che accanto a lui ormai aveva fermato la macchina in un parcheggio e lo fissava allarmata.
<<Proprio io, frocetto. Non te lo aspettavi, vero?>>
Louis strinse gli occhi nell'udire l'appellativo e si costrinse a mantenere la concentrazione - respira respira respira - per non riempirlo di insulti. <<Che cosa hai fatto a Harry?>>
<<Non così in fretta, Tomlinson.>> lo rimproverò Stan, e Louis potè quasi sentire il suo sorriso. Perché sì, Stan in quel momento forse si stava addirittura divertendo a farlo morire di paura. <<Adesso avvio la video-chiamata. Voglio vederti in faccia mentre te la fai sotto dalla paura.>>

Nel giro di un istante arrivò la richiesta della video-chiamata. Louis staccò il telefono dall'orecchio e l'accettò, Eleanor che lo guardava con gli occhi enormi e pieni di paure.
<<Eccoti qui.>> esordì Stan, una volta che il castano lo guardò attraverso lo schermo. <<E' una vita che non ci vediamo, fatina.>>
Louis si limitò a contentarsi per respirare. I suoi occhi guizzarono dietro il ragazzo, ma non riuscì a vedere nulla, o almeno nulla di significativo. C'era buio, buio ovunque. Poteva essere una casa abbandonata, come la classe di una scuola o una stanza in un edificio collocato chissà dove. L'unica cosa che voleva vedere Louis era Harry - e Harry non era da nessuna parte.
Stan continuò a fissarlo, quasi come se ci godesse nel vedere il ragazzo in quelle condizioni. Solo dopo alzò l'angolino della bocca e decise di rompere il silenzio.
<<Mi sei mancato.>> disse, il tono di voce falsamente dolce. E Louis quasi giurò di poter vomitare quel poco che aveva mangiato quel giorno dallo schifo che improvvisamente aveva sentito ovunque sotto la pelle. Qualcosa di orribile si contorse al livello dello stomaco e fu costretto a respirare più a fondo per sentirsi meglio.
<<Immagino che anch'io ti sia mancato. Ti vedevo, a scuola, sai? Non riuscivi a togliermi gli occhi di dosso. Mi guardavi come se volessi sbattermi contro il muro e farmi dio sa cosa. Non riuscivi a smettere, Louis. Anche dopo che ti facevo del male tu- tu continuavi a volermi.>>

Louis lasciò che le lacrime continuassero a scorrere, non aveva nemmeno la forza di alzare le dita per fermarle.
<<Mi fai schifo.>> sussurrò, guardando Stan negli occhi e sperando con tutto il cuore che il messaggio gli penetrasse fin dentro l'anima. Gli occhi dell'altro furono attraversati da un bagliore di pura rabbia.
<<Non ti facevo così schifo quando hai mi hai infilato la lingua in bocca, sporca puttanella>>
<<Tu mi hai baciato, Stan- è ora che la finisci con questa farsa!>>
Gli occhi del ragazzo ardevano come fiamme, adesso. Non disse niente in risposta, lasciò che quel suo sguardo parlasse al posto suo.
<<Povero, piccolo, indifeso Tomlinson.>> lo prese in giro Stan, il tono di voce sprezzante. <<Così docile, eppure così fiero di sé stesso. Ti odio. Odio tutto di te. Il fottuto coraggio che hai di essere ciò che sei, il tuo corpo, la tua voce. Sei così fottutamente gay, Tomlinson, non ci provi nemmeno a nasconderlo..>>
<<E tu mi invidi, non è vero, Stan?>> chiese Louis. Erano finiti i tempi in cui lasciava che gli altri lo deridessero. Avrebbe combattuto, era stanco di lasciarsi scivolare tutto addosso. <<Tu invidi la mia forza e il mio coraggio. Tutto ciò che sono, perché rappresento quello che tu non sei capace di essere. Qui il codardo sei tu, Stan.>>
<<Adesso basta.>> lo interruppe l'altro, gli occhi di ghiaccio e la voce resa roca dalla rabbia. <<Non sono qui per parlare di questo.>>



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Beeeeeeeene!
Cosa cavolo vuole sto ragazzuolo carino carinoso?

Wherever You Will GoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora