Capitolo 167

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Harry guardò fuori dalla finestra accanto a sé con il cuore che batteva impazzito nel petto e le mani che tremavano leggermente.
Una cameriera lo aveva accolto immediatamente quando si era seduto, ma aveva preferito non ordinare niente ed aspettare così da non sembrare maleducato. Stando ai messaggi che si erano scambiati, Mark Tomlinson sarebbe dovuto arrivare tra qualche minuto.

Harry non aveva la minima idea di cosa dire. Non sapeva come doveva guardarlo negli occhi, non sapeva come controllare il suo cuore o il suo corpo. A stento si riconosceva. Sapeva che al minimo dubbio o alla minima esitazione Mark avrebbe capito ogni piccola cosa e lo avrebbe odiato. Non che quello cambiasse qualcosa, visto che Harry si odiava abbastanza da bastare per vite intere.

Era passato quasi un mese dalla trasformazione di Louis. Un mese. Un mese era tantissimo tempo. Erano così tante ore minuti secondi – tutti sprecati perché li aveva vissuti senza di lui al suo fianco.

A volte dimenticava come respirare. La notte, per esempio, prima di addormentarsi - quello era il momento più difficile. Quando si rigirava nel letto e ricordava la consistenza perfetta delle braccia di Louis attorno al suo corpo o la delicatezza dei suoi baci tra i capelli. O i suoi occhi, dio- i suoi occhi ogni volta nei sogni gli portavano via il respiro. Si svegliava piangendo e gridando il suo nome e poi si rannicchiava nel letto freddo pensando Mi manchi da morire, mi manca tutto, ogni piccola cosa- quello sprazzo di lentiggini sulla spalla che amavo baciare, il modo in cui i tuoi occhi si schiarivano quando facevamo l'amore o quando ti lasciavi stringere. Manchi come l'aria.

Non era passato giorno in cui Harry non fosse uscito per cercare Louis. Lui, Ashton e Eleanor si dividevano i giorni della settimana e lo cercavano in lungo e in largo per i boschi, e nei luoghi in cui gli alberi lasciavano spazio alle praterie ai piedi delle montagne. Non lo avevano mai trovato. Non uno stracco di notizia, un piccolo barlume di speranza al quale Harry si sarebbe potuto aggrappare con tutte le sue forze.

Teneva il ciondolo del ragazzo al collo, e come un tacito segno del destino l'argento sbatteva sempre contro il suo cuore. Era un segno, Harry lo sapeva. Louis stava bene, stava bene, era solo troppo inesperto per tornare da lui. Probabilmente si era spinto troppo oltre e non riusciva a trovare la strada di casa, ma Harry era certo che fosse vivo. Probabilmente Ashton aveva ragione: Louis e Harry erano più che semplicemente legati. C'era qualcosa di molto vivido e profondo che suggeriva al riccio che se a Louis fosse successo qualcosa, allora lo avrebbe saputo di conseguenza. E Harry sentiva - no, semplicemente, sapeva che l'altro stava bene.
Lui lo cercava durante le notti e per buona parte delle prime ore del mattino. Se a volte Ashton e Eleanor non potevano – perché semplicemente troppo stanchi anche solo per muoversi – naturalmente andava lui. Se non avesse avuto bisogno di qualche ora di sonno lo avrebbe cercato sempre, senza interruzioni, ma il suo corpo si stava piano piano indebolendo e era consapevole di dover mantenersi in forze se voleva trovarlo. Perchè ormai tutta la sua vita era basata su quello: trovare Louis. Non poteva perderlo. Avevano rischiato una volta che tutto finisse ed erano riusciti a combattere, quindi ora più che mai voleva farcela e credere di riuscire a trovare il suo Lou. Non sapeva niente del suo futuro, non sapeva più niente di loro, di quello che ne sarebbe stato di ciò che avevano costruito insieme – ma doveva trovarlo. Stringerlo tra le braccia e piangere di gioia fin quando non si sarebbe stancato.

Quasi non si accorse che Mark era entrato nel piccolo bar che avevano scelto per incontrarsi. Si destò non appena l'uomo si sedette di fronte a lui e gli porse una mano, alzando un sopracciglio nella stessa identica maniera in cui lo faceva Louis.
<<Mi sembri un po' deperito, ragazzo.>> gli disse l'uomo, la voce burbera ma preoccupata, e Harry si ripetè più volte di sorridere prima di farlo effettivamente. Era davvero stanco, ma non voleva far preoccupare troppo l'altro. Era tutto ciò che aveva di più simile a una famiglia.

Pensò che fosse normale che Mark lo avesse guardato in quel modo. Harry non si sentiva al massimo della forma ed era consapevole di essere trasandato. Non si radeva da qualche giorno, aveva praticamente dimenticato il gel, la spuma in quel periodo e per quel pomeriggio aveva deciso di tenere gli occhiali perché aveva gli occhi troppo stanchi. Indossava una felpa e un paio di jeans – e sperò che Mark non si accorgesse che a conti fatti la felpa che indossava apparteneva a Louis. Era una delle prime che gli aveva prestato agli inizi della loro storia, quando erano ancora timidi e tutto era semplice e imprevedibile, perché sapevano di amarsi ma non se lo erano ancora detti e-
<<Ragazzo? Harry, mi stai davvero preoccupando. Sicuro di stare bene?>>
Il riccio sbattè più volte le palpebre cercando di tornare in sé. <<Oh- io, sì. Sì, assolutamente, sto bene. Cosa vuole ordinare, Mark?>>
Harry ordinò un semplice cappuccino mentre l'uomo volle assaggiare una torta ai mirtilli, accompagnata da un succo d'arancia. Mentre aspettavano che le ordinazioni arrivassero, il riccio cercò di rilassarsi concentrandosi sul lieve profumo che la felpa di Louis emanava. Sapeva di frutta, casa e Louis. A volte passava interi minuti prima di addormentarsi con il naso immerso nella stoffa degli indumenti del suo ragazzo, facendo finta di essere ancora avvolto da lui e sorridendo di tanto in tanto. Erano quelle piccole cose che gli permettevano di non impazzire. Spesso, quando sentiva solo il desiderio di piangere e si lasciava scappare qualche lento singhiozzo, gli bastava afferrare la felpa di Louis e indossarla per sentirsi meglio. Al sicuro, sempre.

<<Harry, non voglio assolutamente essere cattivo con te, ma è la seconda volta che ti parlo e tu non mi ascolti. Scusami, ma non posso fare a meno di pensare che tu voglia essere ovunque tranne che qui.>>
Il ragazzo si diede un pizzicotto sul braccio per darsi una svegliata. <<No, io- Mark, la prego, deve cercare di perdonarmi. Sono solo un po' stanco e...mi dispiace di comportarmi in questo modo. Sono qui per parlare di Louis, come le avevo promesso.>>
L'uomo agitò le braccia in un gesto frustato. <<Harry, apprezzo che tu mi abbia promesso di prenderti cura di lui. Ma se mio figlio spera di farsi perdonare mandando te qui si sbaglia di grosso.>> disse, puntando poi un dito verso il ragazzo. <<Mi aveva promesso che mi avrebbe chiamato tutti i giorni. Invece si limita a mandarmi qualche messaggio di tanto in tanto con scritto “sto bene, non devi preoccuparti. Presto ci vedremo”. Beh, diciamo che non è esattamente il modo per farmi stare tranquillo.>>
Il ragazzo deglutì, il cuore in gola. In quel momento arrivò un cameriere di mezza età con le loro ordinazioni, e Harry ringraziò quel tempismo perfetto perché aveva bisogno di alcuni secondi per pensare a cosa dire.
Ma in realtà nessuna parola sarebbe stata sufficiente. Come avrebbe spiegato a Mark tutto il casino che era successo? Come poteva dirgli che i messaggi che lui credeva di ricevere da Louis in realtà li riceveva da lui?
Non poteva ferire Mark in quel modo. Non poteva dirgli che Louis si era trasformato, cancellando così ogni sua certezza. Non era giusto. Una grande parte del suo cuore gli gridava che l'uomo forse lo avrebbe anche ascoltato – lui è buono, lui capirebbe, non è come i tuoi genitori – ma l'altra gli suggeriva di non dire niente, tenendo l'altro all'oscuro di qualcosa che era veramente troppo grande e complicato per essere capito. Si schiarì la voce.

<<Mark, io- c'è qualcosa che dovrei dirle.>>

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