Capitolo 1757

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G: non hai fratelli vero?

J: no,sono figlio unico. Tu invece hai 3 fratelli,se non sbaglio.

G: un fratello e due sorelle.

J: non serviva che specificassi perché conosco la tua famiglia.

G: non è come si pensa però.

J: e come si pensa scusa?

Ovviamente sarei una bugiarda e anche una brutta persona se dicessi di non essere stata fortunata a nascere in una famiglia come la mia,ma non è sempre tutto oro quello che luccica perchè siamo una famiglia come le altre con i problemi di tutti.

G: non è facile essere figlia dei miei genitori.

J: per i pregiudizi?

G: sì,ma anche per altro: a volte non vorrei avere gli occhi delle persone sempre addosso.

J: è il prezzo da pagare immagino.

G: è un prezzo alto però.

Fin da quando ne ho memoria,i miei genitori hanno sempre fatto di tutto per esporre me e i miei fratelli il meno possibile,ma considerata la loro posizione è difficile: incontro spesso anche io dei fotografi e con gli anni sono diventata abbastanza brava ad evitarli.

J: mi dispiace per averti etichettata... in realtà mi piacciono anche i tuoi genitori.

G: davvero?

J: certo. Una delle mie canzoni preferite è quella che hanno scritto per te.

Senza volerlo arrossisco,così mi giro quel tanto che basta per non farglielo notare. So che le canzoni di mamma e papà le ascoltano anche i ragazzi come noi,ma non mi aspettavo che lui avesse sentito proprio quella. Per ognuno di noi,mamma e papà avevano composto una canzone bellissima e la mia si chiamava "Luce Nera".

J: sei diventata tutta rossa.

G: cosa... no! Fa solo caldo.

J: è novembre e ci sono 18 gradi qui dentro.

G: beh ho caldo lo stesso... ho sempre caldo io.

J: ne hai parlato con i tuoi?

G: di cosa? Che ho caldo?

J: ma no... - si mette a ridere - del nostro primo incontro.

Se non l'avesse detto con quel tono,avrebbe potuto suonare quasi come un incontro romantico. Meno male che ha sviato il discorso perché parlare di quella canzone mi ha fatto davvero imbarazzare.

G: certo: io parlo di tutto con loro.

J: e cosa hanno detto?

G: che siamo partiti solo con il piede sbagliato. Mamma ha cercato di farmi ragionare mentre papà era contento.

J: contento? Pensavo mi avrebbe voluto uccidere.

G: affatto. E' sempre contento quando odio un bel ragazzo.

Solo dopo aver parlato,mi rendo conto di avergli appena detto che lo trovo bello,quindi mi lascio andare ad una risata sperando che non si focalizzi su quella parola e non mi metta ancora in imbarazzo.

J: beh meglio. La fama di tuo padre lo precede in tutti i sensi: avevo paura se devo essere onesto.

G: anche quello non è come si pensa: è super buono in realtà.

J: sa che sei qui?

G: certo.

J: qui con me intendo.

Mi mordo leggermente il labbro perchè mi ha messo in difficoltà con questa domanda e,senza bisogno di dirgli una parola,Jacopo capisce che non ho detto niente a papà. Non mi sorprende che anche lui sappia della gelosia di papà,perché ormai ne sono a conoscenza tutti.

J: perfetto... immagino che sarà imbarazzante incontrarlo.

G: vedrai che non accadrà nulla di male: sa che dobbiamo solo pattinare.

J: meno male.

Lo vedo accostare dopo pochi secondi e senza dire altro oltre "arrivo subito",scende dalla macchina. Mi guardo intorno,ma non capisco molto perché lo vedo girare l'angolo. Torna dopo circa dieci minuti con una borsina bianca in mano.

G: cos'è?

J: la nostra cena.

Apre la sua portella,appoggiando il sacchetto sul suo sedile per poi spingerlo in fondo. Mi dice di fare lo stesso e per permettergli di sedersi,prendo il sacchetto. Guardo subito dentro e vedo che c'è del sushi e tanto altro,compreso da bere.

G: perché hai preso il take away?

J: non volevi posti affollati,no?

G: sì,ma non dovevi... non volevo costringerti addirittura a mangiare in macchina.

J: ti sembro forse costretto?

Mentre mi parla,sorride e mi viene naturale ricambiare perché questo gesto è stato davvero molto gentile da parte sua. Mi aveva detto di voler andare a mangiare sushi,ma non che mi sarebbe venuto incontro così. Avendo tirato indietro i sedili,riusciamo a metterci comodi e iniziamo a mangiare.

G: perché hai iniziato a pattinare? Sul ghiaccio poi?

J: vicino a casa mia c'era una pista che allestivano d'inverno e un giorno,quando avevo sette anni,mio padre mi ci ha portato.

G: amore a prima vista allora.

J: affatto. Appena ho messo piede nella pista sono caduto e non ho più voluto saperne.

G: allora come mai ora pattini?

J: un giorno ho pensato che dovevo imparare: non poteva esserci qualcosa che non sapessi fare.

Sentendo questo suo racconto,mi è molto più chiaro anche il discorso sull'orgoglio che mi aveva fatto prima. Aveva voluto dimostrare a se stesso che avrebbe potuto vincere questa piccola sfida e da lì era nata poi la sua passione.


Biondo ed Emma - Ricordati di ... 9Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora