Lost

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"Sono stato un idiota!" ragionò tra sé e sé. "Dimmi cosa posso fare adesso..." chiese alzando gli occhi chiari in quelli simili della cognata, cercando comprensione.

La giovane donna però scosse la testa. "Io ho cercato di avvertirti. Adesso te la devi vedere da solo!" concluse la ragazza con una pacca sulla spalla, superando il cognato e uscendo dalla porta per raggiungere la tribuna dalla quale poteva assistere al concerto del fratello, lasciando il giovane cameraman a pensare alle sue azioni ed a leccarsi le ferite completamente solo.

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Mika salì sul palco con passi lenti ma calcolati, contando gli scalini com'era solito fare, appoggiando come ogni sera, il piede destro per primo sul grande palcoscenico. Vestito con una scintillante giacca multicolor glitterata, pantaloni rosso fuoco e un cappello a cilindro con un girasole ad ornare il lato sinistro, il suo aspetto colorato e scintillante contrastava mostruosamente con il suo animo logoro e ferito.

Sempre con lentezza, raggiunse in silenzio il pianoforte, senza mai alzare lo sguardo sulla folla, che dal momento in cui l'accecante fascio di luce bianca dell'occhio di bue l'aveva illuminato, era scoppiata in un fragoroso coro, incitante il suo nome.

Prendendo posto sullo sgabello rotondo, di fronte all'imponente strumento tempestato di piccoli specchi, buttò un occhio veloce al foglio bianco, appeso con due pezzetti di scotch trasparente, alla parte superiore del coperchio, leggendo distrattamente la lista di canzoni.

Lo show prevedeva che lui cominciasse cantando da solo accompagnato dal pianoforte, la sua hit più famosa. Sospirando, quasi inconsapevole dal baccano che attorno a lui faceva lievemente tremare il pavimento, si prese un paio di secondi per pensare. Si accorse di non esserne in grado in quel preciso istante, di fare ciò che quella scaletta ordinata gli imponeva.

Aveva ancora un nodo in gola, provocato dalla discussione di poco prima, aveva bisogno di qualcosa d'altro.

In una frazione di secondo, la sua mente vagò e guidò le sue mani istintivamente verso i tasti freddi dello strumento. Lasciò che le dita affusolate andassero alla ricerca inconscia delle note, che il suo animo, in quella realtà frammentata, stava bramando così ardentemente.

Immediatamente la folla concitata si fece silenziosa. Tra le mura del palazzetto risuonavano le prime note malinconiche di una canzone con cui non aveva mai osato aprire un concerto.

Tra i suoi musicisti, sguardi perplessi e curiosi iniziarono a girare, mentre il ventiquattrenne, portava avanti quell'inaspettato inizio di serata.

Dal backstage intanto, la figura del biondino, si stava incamminando nel corridoio adiacente il palco, portando con sé stretta nelle sue mani, la videocamera che anche in quella sera diversa dalle altre l'avrebbe accompagnato nel suo lavoro.

Quando percepì le note acute provenire dalle enormi casse poste appena sopra la struttura in ferro del palcoscenico si pietrificò, non riuscendo a proseguire oltre.

Cold
Drunk
Tired
Lost

Sentì un macigno cadergli addosso, sentì le gambe farsi deboli e fu costretto a lasciarsi scivolare a terra, appoggiando la schiena al muro, sostenendo il peso di quei ricordi. Quelle parole lo avevano infatti riportato esattamente ad un anno prima, durante i primi giorni di prove, quando aveva origliato proprio quelle sillabe, sussurrate con trasporto alla grande stanza prova deserta.

Allora se n'era rimasto immobile proprio come in quel momento, ma i brividi che lo avevano percorso allora erano ben altra cosa rispetto ai singhiozzi che cominciarono a scuotere le sue spalle improvvisamente.

Abbandonò la videocamera accanto ai piedi, senza badare ad appoggiarla con cautela, e mentre le voce flebile di Mika scandiva la strofa di quella struggente canzone, ripensando a tutto quello che quel lasso di tempo di 365 giorni aveva portato alla sua vita, lasciò che i suoi occhi lasciassero gocciolare via almeno un po' di quell'immenso dolore e rimorso che lo stava letteralmente divorando.

Intanto sul palcoscenico, i suoi musicisti avevano iniziato, ad arricchire quello scarno arrangiamento, di lievi ritmiche e cori, rendendo quella performance ancora più potente e malinconica.

Quando il pedale del pianoforte venne rilasciato, stoppando così l'ultima nota che ne era stata prodotta, la folla silenziosa, si aprì inaspettatamente in uno scroscio di applausi che riempi il cuore martoriato di Mika, di quel calore che per un attimo aveva perso.

Per la prima volta in quella serata, voltò lo sguardo alla sua destra e incontrò le migliaia di fan che quella sera non aspettavano altro che ballare con lui e dimenticare per un attimo le loro vite al di fuori di quel mondo fittizio.

Aprendosi in un enorme sorriso, in un impeto mozartiano, premette con forza le dita sui tasti, martellando con foga le corde dello strumento, aprendo le danze ufficialmente, a ritmo di Grace Kelly.

Yasmine dagli spalti laterali, sorrise con il fratello, per la prima volta finalmente, iniziando ad ondeggiare a ritmo, insieme al pubblico.

Durante tutto il concerto, Mika donò sé stesso, anche più di quanto non era solito fare, aggiunse un paio di canzoni in scaletta e parlò molto, in francese, con il suo pubblico.

Quando dovette salutare tutti quanti, sulle note di Lollipop, gli dispiacque più di quanto non fosse mai successo in un anno di tour. Quella sera non erano state solo le persone a lasciarsi una realtà magari un po' amara alle spalle, ma aveva approfittato lui stesso di quel sentimento di bonheur che i suoi concerti donavano, perché anche lui quella sera ne aveva bisogno, forse più di chiunque altro lì dentro.

Scese dal palco con un sorriso in volto e il cuore più leggero. Come incontrò sua sorella sulla via per il backstage, le si gettò tra le braccia ridendo, mentre Yasmine lo strinse forte a sé, proprio come da piccoli, quando lui si ritrovava a cercare il caldo abbraccio della sua sorellona, per fuggire da qualcosa che lo aveva ferito.

"Merci, merci d'être là Yasmine ! Merci! Je n'sais pas ce que je ferais sans toi!"*
La ventinovenne approfondì l'abbraccio, Mika in quel momento, era esattamente il suo indifeso fratellino di un tempo che si stava appigliando a lei.
Era certa che la scelta della lingua della sua infanzia non fosse stata dettata dal solo fatto di trovarsi in Québec.

Era una reazione involontaria che nei momenti di difficoltava usciva fuori.

Staccandosi da lui, si alzò sulle punte e gli lasciò un bacio sulla fronte e una carezza in viso, come la loro madre era solita fare, quando voleva dimostrargli tutto il suo affetto.

"Je serais toujours là pour toi! Tu ne dois jamais l'oublier Mika!"*

Per lui, lei, c'era sempre stata e sempre ci sarebbe stata in futuro.

Le donò un ultimo sorriso, prima di finire scherzando. "Merci mais maintenant laisse-moi aller prendre une douche! Je dégueulasse!"* usando quell'espressione che sovente avevano pronunciato da bambini, senza farsi sentire dalla madre, che altrimenti li avrebbe sgridati.

Yasmine rise, dando una finta pacca di rimprovero alla spalla del ragazzo.

"Vas-y!"* rise la maggiore, prima di vedere sparire il fratello nel lungo corridoio.

Andy dal canto suo, dopo aver passato una mezz'ora buona a disperarsi dietro le quinte, aveva dovuto fare i conti con il lavoro, che lo chiamava a gran voce. Dopo essersi sistemato alla bell'e meglio, era uscito come se nulla fosse successo, con i due canadesi, anche quella sera sotto il palco, intenti nelle riprese.

Alla fine del concerto però, aveva fermato i colleghi dal seguire Mika dietro le quinte, approfittando di una scusa campata in aria. Sapeva che il danno con il suo ragazzo era fatto, ma che le cose avrebbero sempre potuto peggiorare e quindi non se la sentiva di rischiare ulteriormente.

Andy e Mika si incrociarono per la prima volta dopo il concerto, nel momento in cui il moro uscì dalla sala concerti, incontrando i fan, non curante del freddo pungente della nottata canadese.

I loro occhi si incontrarono per un microsecondo, prima che Mika li puntasse verso Zachary, che telecamera in spalla, riprendeva il momento di convivialità con i fan.

In un impeto di generosità, sorrise nella direzione del moro, parlando alla telecamera, e descrivendo quei momenti. Chiacchierò per alcuni istanti in fluente francese, tra l'espressione di stupore misto a gratitudine, dipinta sul volto dei due canadesi, che in quei giorni aveva sempre tenuto a distanza, quasi snobbandoli.

Non aveva voglia di parlare in inglese quella sera, forse in un inconscio desiderio di distacco, forse il notare l'espressione confusa e di pura incomprensione sul volto del biondino, lo aveva spinto ulteriormente verso quella strada.

Di fatto, si stava sentendo a suo agio così.

Quando tutti i fan ebbero ottenuto una parola, una foto o un autografo, Mika salì in macchina con la madre e la sorella, diretto verso l'hotel. Messo piede nel lussuoso albergo, il riccio si infilò in camera sua, sperando che Andy non fosse ancora tornato.

Entrando nella zona giorno della grande stanza, notò con amarezza tramite la porta semi chiusa, come le luci della camera da letto fossero già accese.

Senza pensarci troppo, appoggiò con noncuranza lo zainetto che portava in spalla e il pesante giubbino sulla prima sedia libera che gli capitò sottomano e con due soli passi in più, si buttò sul divano, rannicchiandovisi sopra e decidendo che per quella notte, quello sarebbe stato il suo giaciglio.

Fortunatamente il sonno, complice la grande stanchezza e le ore di sonno mancato accumulato durante gli ultimi giorni, ebbero la meglio su di lui in pochi minuti, evitando che la sua mente potesse viaggiare su binari ripidi e tortuosi per tutta la notte.

Andy seduto sul letto in attesa del suo ragazzo, quando aveva sentito la porta aprirsi, aveva fatto un respiro profondo, ripetendo tra sé e sé le parole che avrebbe voluto dirgli, cercando un perdono che, ne era certo, non sarebbe arrivato così facilmente.

Aveva udito il fruscio dei suoi passi sulla moquette, ma da dieci minuti a quella parte non percepiva il ben che minimo rumore, provenire dal salottino adibito a zona giorno.

Facendosi coraggio si alzò dal letto, socchiuse piano la porta che dalla camera dava sulla zona giorno, e grazie alla luce che penetrò nella stanza, poté notare la figura raggomitolata di Mika, che dando le spalle al tavolino in bambù, posto a pochi metri dal divano rosso, dormiva con la testa affondata in un cuscino di piume bianco panna.

Si avvicinò lentamente, attento a non fare alcun rumore e una volta arrivato a pochi centimetri da lui, notò il respiro lento e profondo del ragazzo che gli diede la conferma che Mika avesse davvero deciso di dormire in una stanza diversa dalla sua.

Con un nodo in gola e una tristezza infinita nel cuore, si avviò verso la camera, estrasse una coperta dall'armadio, e raggiunto di nuovo il divano, la stese dolcemente sul corpo rannicchiato del suo ragazzo, il quale non si mosse di un centimetro.

Il greco si abbassò, lasciandogli un bacio furtivo tra i boccoli castani, prima di tornare malinconicamente sui suoi passi e stendersi nel freddo letto vuoto, dove sicuramente si sarebbe girato e rigirato per tutta notte, rimuginando su quanto negli ultimi giorni, fosse potuto essere così egoista e cieco, da calpestare quella perla preziosa, che un anno prima il destino gli aveva fatto incontrare sui suoi passi.

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- Grazie, grazie di esserci Yasmine! Grazie! Non so cosa faresi senza di te!
- Ci sarò sempre per te! Non devi dimenticarlo mai Mika!
- Ma ora lasciami andare a fare una doccia! Faccio schifo!
- Vai!  

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