Click

298 9 2
                                    

Grazie per l'affetto.

Grazie per la quotidianità.

Grazie per la distanza.

Grazie per quell'abbraccio.

Grazie...

-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-

Andy passeggiava tranquillamente per l'Upper East Side, godendosi il tepore primaverile di aprile rallentando ogni pochi passi a rimirare distrattamente i negozi della Madison Avenue, quando improvvisamente si trovò davanti una vetrina piuttosto spoglia di un negozietto minuscolo con una vecchia insegna mezza arrugginita su cui figurava una macchina fotografica vecchia almeno quando quel cartello e, Andy constatò entrando, anche quanto l'uomo che sedeva con un giornale su una polverosa e antiquata poltroncina in simil velluto bordeaux in fondo alla stanza.
Il campanellino sopra la porta, emise un leggero tintinnio che incuriosì il vecchio, il cui giornale si abbassò lentamente, a scrutare il temerario che aveva osato varcare la soglia del suo caotico antro.

"Buongiorno!" salutò in tono grave, riponendo il giornale sul bancone e alzandosi in piedi davanti alla cassa.

Andy lo osservò per un attimo, distogliendo l'attenzione che era stata rapita fin da subito dall'enorme varietà e quantità di aggeggi elettronici vintage, accatastati più o meno ordinatamente in meno di 10 metri quadrati.

"Buongiorno" ripeté con un sorriso, tornando a rimirare lo scaffale sul quale alcune vecchie macchine fotografiche erano appoggiate e si avvicinò ad una di queste con curiosità ed ammirazione. Si accovacciò lasciando che tra i suoi occhi e quel vecchio aggeggio non vi fossero più di una manciata di centimetri, e si perse ad osservarne ogni dettaglio attentamente.

"Posso chiedere di che periodo è? Anni 40?" chiese Andy sfiorandola appena con un dito e ipotizzando da ciò che poteva capire, un'età per quel gioiellino vintage.

L'uomo annuì, precisando meglio "1941" e lasciando che il silenzio calasse di nuovo sulla piccola stanzetta, mentre Andy procedeva con la sua ispezione.

"È una fotocamera a telemetro, giusto?" chiese alzando lo sguardo sull'anziano newyorkese che udite quelle parole, immediatamente cambiò espressione, disegnandosi in viso un sorriso orgoglioso di chi ha appena udito pronunciare una parola magica. Era raro che lì dentro entrasse qualcuno che di quelle bellezze, come le chiamava lui, ci capisse sul serio.

"Lo è" confermò muovendosi finalmente da dietro il suo bancone e raggiungendo il lato sinistro del negozio dove Andy si trovava, con la sua camminata lenta e ciondolante sostenuta da un bastone in legno dalla punta argentata.

Con cautela si avvicinò allo scaffale e la sollevò, recuperando uno straccetto bianco da una mensola laterale e dandole una attenta spolverata, poi se la rigirò tra le mani e la avvicinò ad Andy, che nel mentre si era alzato e stava guardando l'uomo di media statura dall'alto.

"Prendila" gli fece cenno, allungandola verso di lui, concedendogli di poterla tenere tra le mani e osservarla meglio.

Gli occhi del giovane cameraman si ingrandirono gioiosi e con molta cautela raccolse la fotocamera dalle mani dell'anziano e fece scorrere le dita lungo tutta la figura.

"La vendo a 200$..." lo informò l'uomo proponendo la sua offerta e lasciando che la sua attenzione si concentrasse sul modo in cui il giovane ragazzo, l'unico cliente della giornata, stesse tenendo la fotocamera tra le mani, guardandola con meraviglia.

Andy alzò il volto stupito a quelle parole "Funziona? Mamma mia sarebbe un sogno..." chiese meravigliato già sapendo che un gioiellino del genere funzionante fosse difficile da trovare a meno di 300 dollari, tanto più uno ben tenuto come quello.

"Ovvio che funziona!" si affrettò a puntualizzare l'uomo con fare quasi stizzito "Tutto ciò che c'è qui funziona perfettamente. E' il mio lavoro!" disse passando lo straccetto amorevolmente sul corno dorato di un grammofono.

"Sei un fotografo?" chiese poi volgendo l'attenzione sul greco.

Andy sorrise e poi scosse lievemente la testa "Cameraman" disse con uno sguardo all'uomo.

"Beh in ogni caso sai cosa sia e come si tenga in mano una di quelle." Farfugliò con fare quasi burbero e scocciato, ammettendo come "Tutti quelli che entrano qui sono ricchi babbioni collezionisti vintage capaci solo di spendere verdoni per poi rinchiuderle in teche di vetro. Non capiscono niente. Tolgono la vita a queste bellezze" si lamentò scuotendo il capo come ad un figlio che non vuole ascoltare ragioni.

"La penso esattamente come lei" annuì convinto Andy con un sorriso di intesa. "Se avessi la fortuna di averne una, non riuscirei a tenerla rinchiusa in casa."

"Ragazzo... voglio promessa da te" chiese l'uomo di punto in bianco, lasciando Andy visibilmente perplesso e un attimo frastornato.

"Come prego?" chiese infatti osservandolo meglio, non troppo certo delle sue intenzioni.

"Promettimi che con lei andrai alla ricerca dell'incanto della vita, dell'amore e gliene farai dono. Permettile di vedere la bellezza del mondo. Falla vivere." Disse racchiudendo nei suoi occhi scuri, lo scintillio zaffirino che di rimando lo guardava stupefatto.

"Me lo prometti?" chiese di nuovo, riempiendo il silenzio delle parole mancanti che Andy non riusciva a trovare.

"Io lo farei, davvero ma... ho solo..." disse facendo rapidamente mente locale su ciò che aveva con sé in quel preciso istante "un centinaio di dollari al momento ..." ammise tristemente, quasi colpevole di tradire la fiducia riposta in lui dall'uomo, ma venne interrotto.

"Sai cosa ragazzo" disse l'americano con aria fiera ed orgogliosa "Prendila. È tua, te la regalo. Solo ti chiedo questo. Falla vivere." Disse andando poi alla veloce ricerca di una cosa che era certo avere nello scaffale sottostante ed estraendone una scatola. "Qui ci sono le pellicole e la custodia." Affermò porgendo ad Andy una scatola di legno e aprendola per far sì che la potesse riporre nello scomparto in essa ricavato.

L'uomo aveva fatto il restauratore di marchingegni per decenni ed era abituato a vendere quelle piccole opere d'arte vintage a collezionisti e turisti in cerca dell'oggetto strano da portare a casa. In quel giovanotto biondo invece aveva visto uno sguardo di ammirazione e passione che gli aveva fatto capire come quei 200$ della giornata non avessero poi tutto quel valore per lui.

Il greco invece era basito. Stava per ricevere in dono da un vecchio newyorkese uno stupendo gioiello di antiquariato e non aveva parole per esprimere la sua gratitudine.

Si affrettò a recuperare il portafoglio dalla tasca dei pantaloni ed estrarre le due banconote da 50 dollari che aveva con sé al momento, ma nel porgergliele, l'uomo sventolò una mano in aria.
"Vai!" gli intimò con un sorriso nascosto dai lunghi baffi bianchi, indicandogli la porta d'uscita.

Andy sorrise a sua volta, di quei sorrisi urgenti e spontanei, ringraziò l'uomo e si incamminò verso l'uscita mentre il signore tornava a sedersi sulla sua poltrona ed a riprendere la lettura del suo giornale dove l'aveva lasciata.

Prima di uscire Andy però non poté trattenersi dal portare a termine fin da subito la promessa strappatagli dal vecchio, aprì la scatola, prese tra le mani la fotocamera, la posizionò davanti al viso e con un movimento lento ma preciso, girò le ghiere del telemetro, mettendo a fuoco l'uomo in fondo alla stanza e con un colpo sicuro premette il tasto rotondo, vedendo la tendina scura chiudersi e la prima fotografia di quel gioiello imprimersi sulla pellicola in celluloide.

L'uomo udì lo scatto e abbassando il giornale notò il ragazzo che con cura riponeva il suo dono, poi sollevando di nuovo il New York Times, nascondendo il suo viso, lasciò che un grande sorriso si facesse spazio sulle sue labbra, mentre la campanella sopra la porta gli annunciava l'uscita di scena di quel giovincello che gli aveva rasserenato la giornata.

Andy si mise in marcia fuori dal negozietto e come tornò con i 5 sensi al mondo reale, sentì il cellulare vibrare nello zainetto. Si affrettò a cercarlo e rispondere prima che la chiamata venisse rigettata.

"Ohi Andy! Alleluia! Ancora un attimo e ti davo per disperso. Che fine hai fatto??" chiese il riccio concitatamente rispondendo, dopo aver provato a chiamarlo parecchie volte senza risultato, una volta finito il tour di alcune emittenti radiofoniche.

Andy sorrise "Scusami, dove sei?" chiese incamminandosi verso sud, attraversando allo scattare del verde ad un incrocio.

"Di fronte a Central Park, tra la quinta e la 59esima" spiegò il ragazzo osservando un giovane sfrecciare sullo skate a poca distanza.

"Ok! Prendo la metro e sono lì" gli annunciò Andy notando poco più avanti la scritta "SUBWAY" brillare alla luce del sole e incamminandosi verso la linea verde che verticalmente percorreva l'intera isola di Manhattan.

10 minuti dopo sbucò dai meandri dei tunnel sotterranei e individuò non senza difficoltà la figura del suo ragazzo non molto lontano, andandogli incontro.
"Bu!" esclacò accanto all'orecchio del riccio, arrivando da dietro e portandoglisi quindi a fianco.

Mika trasalì, preso alla sprovvista e voltatosi, arrivò una manata piuttosto forte alla giacca di jeans del suo ragazzo. "Ma cazzo!" imprecò accompagnando il gesto e guardandolo male.
"Mi hai fatto spaventare!" lo rimproverò con sguardo truce, mentre Andy assunse un'espressione da amorevole innocente, trattenendosi dallo stampargli un bacio su quelle labbra serrate e corrucciate.

"Allora dove andiamo?" chiese il biondo, lasciando perdere l'aria offesa di Mika, il quale a quella domanda con un sospiro da Sei uno stronzo ma ti perdono, rispose "Central Park!" come se la cosa fosse ovvia.

Si voltarono insieme verso l'entrata del parco, appena difronte al celeberrimo Plaza Hotel di "Mamma ho perso l'aereo" e si misero in marcia l'uno accanto all'altro mettendo piede nel vasto polmone verde della città, quel parco che occupava gran parte dell'isola di Manhattan e che era senza dubbio, uno dei luoghi preferiti di Mika.

"Dove sei stato di così interessante da non rispondermi per quasi mezz'ora al telefono?" chiese il riccio curioso di sapere cosa avesse fatto perdere la cognizione del tempo al suo ragazzo, sempre così attento e preciso.

Andy sorrise all'immagine del vecchio restauratore, impressa a fuoco nella sua mente, continuando a camminare e iniziando a guardarsi intorno per capire cosa esattamente poter imprimere sulle preziose fibre di celluloide che aveva con sé. "Oh Mika... Non hai idea di che posto meraviglioso io abbia trovato!" confessò perciò con una cantilena da fanciullo davanti al suo negozio di giocattoli preferito.

Mika roteò gli occhi portandoli al cielo con un sorrisino, assumendo la tipica espressione che Andy stesso si dipingeva in faccia quando lui gli raccontava di alcuni luoghi o strani oggetti stravaganti che aveva trovato e di cui non gli importava praticamente nulla. I due avevano infatti tante cose in comune, ma avevano anche passioni e interessi completamente discordanti. Per questo c'erano volte in cui ascoltare le infinite elucubrazioni e dettagliate descrizioni di certi aspetti delle loro vite artistiche, era tanto bello quando indicibilmente stancante.

Mika poteva passare ore a parlare di quanto in quella particolare composizione di Mozart i corni legassero con la ritmica e con il clavicembalo, facendo sì che la storia racchiusa dietro alla melodia facesse emergere ora un'emozione, ora un'altra completamente agli antipodi, così come Andy poteva trascorrere le serate a commentare un film non dal punto di vista della trama ma dalle inquadrature, gli oggetti scenici, i cambi di prospettiva e via dicendo, finendo per stancare il loro interlocutore, dopo nemmeno 10 minuti.

"Racconta..." si premurò di chiedere però Mika, interessato a sapere come avesse trascorso il tempo mentre lui era stato rinchiuso al lavoro.

"Dopo!" tagliò corto sviando Andy, proseguendo la marcia e andando ad attraversare uno dei numerosi sentieri che si snodavano all'interno del parco, per portarsi sulla distesa d'erba verdeggiante del Sheep Meadow. La giornata era tersa e soleggiata e nessuno gli avrebbe impedito di sdraiarsi in quel paradiso per godersi un tranquillo tramonto tra le geometrie intricate dei grattacieli.

Proseguirono oltre per un breve attimo, attraversando l'enorme prato costellato da giovani studenti coi loro libri in mano, impiegati del non distante Financial District in tenuta da jogging, in tranquillo relax post corsetta o coppiette distese su teli sgargianti e alla fine optarono per una piccolo angolino verde non distante dalle rocce che costeggiavano The Lake. Andy prese posto con un sospiro profondo di sincera beatitudine allungando le gambe e allargando le braccia disteso sull'erba, posando il suo zaino accanto a sé e lasciando che il sole caldo gli inebriasse lo spirito e l'anima, inspirando l'aria intrisa di verde di quel luogo incantevole.

Rimase in tranquilla meditazione per una ventina di minuti, mentre Mika perlustrava la zona alla ricerca di qualche scoiattolo con cui familiarizzare, e intento com'era a godersi l'atmosfera e la tranquillità, non si accorse nemmeno quando il più grande tornò a sedersi a poca distanza da lui.

Quando aprì gli occhi e si portò a sedere, notò infatti la figura di Mika seduta ad una manciata di metri da lui con i piedi scalzi affondati nell'erba fresca, le gambe semi piegate verso il petto e un libro poggiato sopra, immerso nella lettura.

Andy lasciò che ogni pensiero si dissipasse dalla sua mente e permise ad un sorriso istintivo di giocare con il suo viso e modellarlo secondo il suo volere, restando a contemplare quel quadretto per alcuni attimi, incerto se credere che quella mirabile bellezza così naturale fosse oggetto reale o onirico. Poi inondato da un improvviso moto di ispirazione, si allungò verso lo zaino e silenziosamente estrasse la fotocamera.

Rimase fermo ad osservare il suo compagno e quell'aggeggio vecchio almeno quanto la somma dei loro anni. Non era tanto la forma, il valore o il luogo in cui l'aveva presa, che davano a quella fotocamera il suo valore, ma la tecnologia e le decadi che aveva alle spalle. Quella piccola scatoletta di metallo era passata nelle mani di chissà quante persone, aveva immortalato storie, paesaggi, attimi di epoche e contesti completamente differenti.

Chissà, forse aveva impresso frangenti oscuri della seconda guerra mondiale, poteva aver fatto da spettatrice a eventi storici come il concerto di Woodstock, aveva con tutta probabilità osservato mari, monti, colline e pianure ed ora si trovava, dopo chissà quanti lustri di sonno, in una delle città più sognate dalle genti della sua epoca, tra le mani di un giovincello abituato a ben altre tecnologie.

Ed era proprio la scarna e arcaica meccanica che muoveva i suoi minuscoli ingranaggi e lenti che affascinava così immensamente il cameraman. Ogni ripresa e ogni scatto erano unici. Ogni immagine di luce impressa sulla sottile celluloide aveva bisogno del giusto tempo e della minuziosa opera di pazienza di chi la maneggiava. Non esistevano le decine di scatti immortalate con una macchina fotografica digitale o con un cellulare, non si poteva scegliere tra tante immagini, quella migliore da tenere. Ogni scatto era prezioso, ogni click era un frammento di pellicola bruciato per sempre.

Quella fotocamera, non permetteva ripensamenti, non dava l'opportunità di cancellare con un tocco ciò che era stato impresso nella sua memoria. Con lei bisognava scegliere con cura e poi affidare il risultato della propria scelta alla vita, che ne avrebbe fatto ciò che doveva, senza la possibilità di restituire la pellicola intatta come lo era stata appena prima.

Dopo aver scoperto l'obbiettivo e allargato il diaframma quel tanto che bastava si mise a giocherellare con le lenti e la messa a fuoco minuziosa del telemetro, avvicinandosi col viso al freddo metallo di cui era composta e spiando all'interno dei forellini.

L'immagine che venne inquadrata nell'area di ripresa era, a sua detta, pura arte. Mika se ne stava ignaro di tutto nel suo mondo fantasioso di chissà quale storia, il foulard azzurro tenue che portava al collo, svolazzava appena alle sue spalle, mosso dalla brezza, così come alcuni ricci più lunghi, sfuggiti al taglio di un mesetto prima. Uno di questi era posato leggero sulla fronte, andando ad accarezzare il sopracciglio destro, mentre gli occhi erano incollati alle pagine biancastre di fronte.

In secondo piano invece, Manhattan regalava il suo quotidiano spettacolo, costellato di grattacieli dai toni quasi monocromatici svettanti verso l'altro, alla rincorsa del blu. La stessa tavolozza era riflessa nelle acque irrequiete del lago che mescolava gli azzurri con i grigi in una pozza di acquerelli e finiva per amalgamarli con i mille toni di verde degli alberi che tagliavano a metà il riflesso perfetto di terra e cielo.

Attento a bilanciare perfettamente la sezione aurea e rispettando minuziosamente la regola dei terzi, diede un ultimo ritocco all'inquadratura e con una pressione sul tasto rotondo impresse a fuoco quell'istante di inconsapevolezza.

La chiusura dell'otturatore scrisse con sapienza i percorsi di luci ed ombre sulla pellicola provocando un sonoro ciack, che fece risvegliare Mika dal suo profondo incatenamento letterario.
Il moro restò alcuni attimi a fissare il suo ragazzo, ma soprattutto a guardare ciò che aveva appena notato nelle sue mani.

"E quella?" chiese indicandolo e alzandosi poi per raggiungerlo, investito da una improvvisa curiosità.

Andy lo accolse con un sorriso furbo trattenendo a sé la sua nuova conquista, allontanandola da lui.

Mika invece capì all'istante e riflesse su di sé quel sorriso furbo, corredandolo con uno sguardo da ho capito tutto, arrivando finalmente ad afferrare ciò a cui si riferiva il compagno all'ingresso del parco.

"Avrei scommesso c'entrassero delle videocamere... non ci sono andato troppo lontano" ammise sporgendosi verso Andy per veder meglio.

"Dove l'hai comprata, quindi?" chiese cercando di pensare a dove potesse trovarsi in quella città un posto che vendeva un oggetto di quel tipo.

"Non l'ho comprata" ammise il ragazzo con aria compiaciuta e soddisfatta. Mika lo osservò senza afferrare "Lunga storia... Me l'ha regalata il proprietario del negozio" spiegò vago il biondino. Il più grande si mise a sedere comodo, attendendo pazientemente la spiegazione, pronto a estrapolargliela a forza se necessario, troppo divorato dalla curiosità, ma venne interrotto da una voce femminile che li sorprese da dietro.

"Lo so che se aspetto che tu faccia caso ai messaggi muoio giovane..." disse Yasmine squadrando il fratello minore dall'alto in basso "...ma che anche tu non risponda al cellulare non è un buon sintomo eh" concluse puntando un dito contro il cognato che la guardava con un grosso punto di domanda in viso.

Mika andò a recuperare il cellulare nella tasca del giubbetto lasciato sull'erba e notò i numerosi messaggi della sorella, che alla fine aveva trovato la coppia seguendo l'unica indicazione che aveva avuto da Mika, quando ancora si trovava fuori dal cancello in attesa di Andy.

"Matt ci aspetta fuori..." disse la libanese indicando la via da cui era giunta e ricevendo uno sguardo di stupore misto a colpevolezza dal fratello, che solo in quel momento si era ricordato dell'aperitivo con Yasmine e fidanzato.

"Dai disastro, andiamo!" lo rimproverò la donna battendo le mani un paio di volte come ad incitare un cagnolino, facendo ridere il greco.

Esatto. Pensò Andy, la vita era esattamente come la sua fotocamera. Imprimeva ogni istante, bello o brutto che fosse rendendolo indelebile. Ma nulla impediva di nascondere i rullini più pesanti dietro ad un muro di rotolini leggeri e spensierati.

Uscirono dal parco, attraversandolo orizzontalmente; quando Mika si accorse di dove si trovassero cambiò velocemente direzione incitando sorella e compagno a seguirlo.

"Ma per di qui la allunghi!" lo riprese Yasmine sbuffando e guardando l'orologio impazientemente, ma Mika proseguì diretto senza fare caso alle lamentele della trentacinquenne e sbucando dal cancello si incamminò verso nord andando a fermarsi esattamente dove la 5th avenue incrociava la 74esima.

Yasmine raggiunse il fratello e il compagno che lo aveva seguito subito dietro e si lasciò andare ad un sorriso.

Lo aveva riconosciuto.

Quello non era un incrocio.

Era l'incrocio.

Quello grazie al quale lei e Mika erano al mondo.

Le auto sfrecciavano senza timore sulla grande arteria newyorkese. I taxi ocra si alternavano alle giganti Chrysler in modo quasi esagerato, creando lunghe scie gialle persistenti all'occhio dei passanti meno distratti dai ritmi frenetici della metropoli per eccellenza.

"Qui è dove nostra madre e nostro padre si sono incontrati." Spiegò Mika ad un perplesso Andy, che vedeva entrambi i Penniman sorridere, ignaro del motivo.

"Ahh!" si stupì il greco, riportando l'attenzione dalle auto al compagno, lasciandosi andare ad un'espressione sbalordita, riportando alla memoria la storia di famiglia che Mika gli aveva raccontato alcuni anni prima, quando in tour era nata la discussione genitori ed incontri.

Al tavolino del tourbus, dove erano riuniti durante l'ennesimo lungo viaggio a zonzo per l'Europa, Nick aveva infatti proposto il tema della chiacchierata, come spesso facevano per passare il tempo e conoscersi un po' meglio e quando era toccato a Mika aveva raccontato la nascita surreale quanto naturale, della storia d'amore tra i suoi genitori.

"Si sono incontrati ad un incrocio a New York mentre aspettavano di attraversare. Si sono piaciuti e mio padre ha chiesto il numero di mia madre e una settimana dopo si è proposto."

Andy non sapeva dirsi come mai ci fossero voluti ben 6 anni per scoprire quale incrocio fosse stato il galeotto di dantesca memoria, contando le numerose volte in cui avevano visitato la grande mela, ma quel dettaglio lo trovò a dir poco poetico.

Yasmine e Mika se ne stavano a rimirare il via vai di auto e passanti e in un attimo Andy estrasse di nuovo la sua fotocamera e mettendo a fuoco con dovizia immortalò la scena.
Nell'inquadratura finirono i due fratelli ripresi di schiena, uno accanto all'altro, entrambi con lo sguardo perso nel traffico newyorkese a poca distanza dal cartello che segnava il numero 74 intersecato con quello che segnava il numero 5.

Trent'anni prima era bastato uno sfuggevole attimo, un fugace sguardo tra una giovane newyorkese libano-siriana ed un americano cresciuto in Medioriente per dare alla luce il frutto di quell'amore nato e sbocciato in una collisione di sguardi, lo stesso frutto che si trovava nel medesimo angolino di pianeta in quel preciso istante in contemplazione dello scorrere veloce della vita.

Mike e Joannie, Mika e Yasmine.

-------------------------------
Buon pomeriggio a tutte!
Eccoci qui, aggiornamento straordinario del venerdì per festeggiare i 2 anni di questa storia.
(verso la fine del papiro, piccola sorpresa/proposta per voi)

Esattamente l'11 agosto 2015, pubblicavo su EFP il primo capitolo di quella che è diventata la storia, tra le più lunghe, se non la più lunga, tra le long Mikandy (da ciò che mi sovviene).
Prima di lei, non avevo mai scritto storie che andassero oltre Household, la mia raccolta di one-shot, quindi cimentarsi in un lavoro a lungo termine mi straniva alquanto, oltre che mettermi seriamente alla prova.
Non ho preso questa decisione su due piedi, mi sono chiesta più volte se ne sarei stata in grado, soprattutto perchè mi ero ripromessa che se avessi iniziato, avrei dovuto mantenere un certo rigore e portarla avanti con costanza, basandomi sul fatto che le storie con aggiornamenti molti diluiti nel tempo, finiscono sempre per rendere la mia smania di conoscere il seguito quasi irritante.
Due anni fa, ero nel mio gap-year tra triennale e magistrale, oggi sono in dirittura d'arrivo con l'università, esami finiti, solo tesi e tirocinio per concludere, e mi districo tra ripetizioni di lingue da dare, ufficio turistico e pizzeria dove ancora ogni tanto lavoro. Le cose sono cambiate un attimo, insomma. Nonostante tutto, però, questa storia fa sempre parte delle mie attività preferite da svolgere quando ho qualche oretta libera e le belle giornate non mi trascinano in montagna. Mi ricordo di aver avuto in testa questo pallino della long per parecchio tempo e mi ricordo anche molto bene tutte le incertezze del caso. Ora che questa storia compie due anni, mi sento di dover ringraziare pubblicamente una persona che mi ha aiutato molto e ha dispensato consigli utilissimi, soprattutto quando ero agli inizi; è una delle più brave scrittrici di long del fandom Mikandy e mentirei se dicessi di non essermi ispirata almeno un pochino alla sua You Made Me. Avrete capito, costei è Lizhp. Ho iniziato a scrivere TOAK a giugno, una volta finiti gli esami del mio gap-year e ho aspettato ben 2 mesi e 35 capitoli prima di pubblicarla, proprio perchè uno dei consigli più intelligenti che ho avuto da lei è stato di non pubblicare fino a quando non avessi avuto almeno qualche capitolo a pararmi le spalle, sia per questioni di tempo, sia per motivi di trama. Quindi grazie Lara!!

In due anni avete fatto raccogliere a questa storia, numeri impressionanti. Sono andata per curiosità a dare un occhio alle analytics su EFP e davvero, sono rimasta senza parole.
Il primo capitolo ha quasi 12.000 visualizzazioni e nessuno dei successivi si abbassa sotto le 230. Avete accumulato 892 recensioni in 120 capitoli, praticamente una media di più di 7 recensioni per capitolo.
Io non posso che essere orgogliosa e incredula di fronte a tutto questo, ma la verità è che tutto questo è merito vostro. Al momento non ho il tempo materiale necessario per andare a spulciare quasi 900 recensioni, e rintracciare ad uno ad uno tutti i vostri nomi, ma sappiate che ogni parola che mi lasciate, per me è un grande onore. Nella scienza dei social network, il commento dimostra un impegno preso dal lettore verso colui che pubblica, perchè non si limita a dare un occhio e passare oltre, ma decide di investire del tempo, per quanto esiguo possa essere; e in periodi come questo, sappiamo tutti quanto il tempo sia importante.

Per questo dirvi un enorme grazie non mi è mai bastato, e nel tempo ho sempre cercato di coinvolgervi il più possibile, affinché questa storia diventasse non solo mia, ma nostra. Anche stavolta, in occasione di questo piccolo traguardo, voglio darvi l'opportunità di entrare nella storia e farla vostra almeno un pizzico. Già qualcuno di voi ha accettato la sfida di scrivere un capitolo da aggiungere, e altre so essere al lavoro, ma so anche che non tutte avete la vocazione per la scrittura, o non avete voglia e tempo, per questo, vi lascio un'opportunità piccola che vi porterà via poco tempo, ma che può dare e può darmi grandi spunti. Chiedo a voi, a chiunque voglia, di decidere il titolo di uno dei capitoli a venire. Io cercherò di sviluppare un'idea, basandovi sulle vostre. A ognuna di voi chiedo di dare al massimo 3 spunti, tra cui potrò scegliere.

Per festeggiare questi due anni, mi farebbe immensamente piacere leggere una parola da ognuna di voi qui sotto, anche da chi compare raramente, o da chi legge in silenzio. In particolar modo, mi piacerebbe sapere quali sono i momenti di questa storia, o i capitoli che più avete apprezzato, che più vi hanno emozionato o che più vi sono rimasti impressi. Vi aspetto quindi anche a propormi le vostre idee per i titoli dei capitoli.
Ringrazio ancora immensamente tutti coloro che mi supportano in qualche modo e spero di avere le idee e il tempo di portare avanti ancora per un altro po' questo piccolo spaccato di vita quotidiana che tutti noi, almeno un pochino, sogniamo pensando ai nostri beniamini. (Si mi riferisco a entrambi i piccioncini).

A presto e vi aspetto qui sotto! Ci conto! ;)
Vv  

Two of a kindDove le storie prendono vita. Scoprilo ora