Good gone driver

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"E non fare quella faccia, chi te lo dice che sarò un disastro?!" si lamentò il riccio, prendendo una coscetta di pollo.

Andy alzò le mani in sua difesa. "Io non ho assolutamente detto niente del genere!" disse a sua discolpa ma Mika incalzò: "ma l'hai pensato, ammettilo!" e a quel punto il greco non riuscì a negare, scoppiando a ridere e ricevendo l'ennesimo sguardo di fuoco della giornata.

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Qualche tempo dopo, Mika era in viaggio verso Londra per alcuni incontri che doveva avere con i piani alti della sua compagnia discografica, mentre Andy se n'era rimasto a Los Angeles lavorando ai suoi progetti che il compagno gli aveva trovato.

"Le dispiace farmi una foto?" chiese Mika prendendo posto per la prima volta sul sedile destro di un'automobile ed apprestandosi a condurla.

L'istruttore di guida fece una faccia perplessa osservando quello strano individuo comparso davanti a lui ancora con un panino tra le mani come se non potesse trattenersi dal mangiare proprio in quel momento, ma decise di assecondarlo, così presogli il cellulare dalla mano gli scattò una fugace istantanea.

Aveva preso seriamente la sua decisione di ottenere la patente e quella ne era la prova.

La prima lezione durò un'ora durante la quale l'istruttore dovette fare del suo meglio per evitare che lo spericolato allievo facesse danni.

"Credo che ci vedremo un bel po' di volte Penniman." gli aveva detto alla fine, osservando con una certa paura notando l'espressione contenta del ragazzo.

Quando Mika tornò a casa, si precipitò al piano superiore gongolando di gioia.

"Sono a casaaaa" urlò mettendo piede nello spazioso appartamento della famiglia.

"Quanti londinesi hai ucciso?" fu il primo commento che ricevette, da Fortuné intento a fare i compiti sul grande tavolo del salotto, quando varcò la soglia della stanza.

Mika lo incenerì con uno sguardo. "Nessuno!" gli rispose seccato con tono di sufficienza.

"Quanti turisti?" chiese allora Zuleika, entrando anche lei nella stanza da giorno raggiungendo i fratelli.

Lei ricevette una linguaccia e prima che poté risponderle male vide arrivare sua madre.
"Allora?" chiese la donna indagando su come fosse andata, entrando vestita con un bel grembiule verde e bianco.

"Bene! Benissimo!" trillò il figlio contento andandole incontro.

"La macchina? Bene anche quella?" chiese subito dopo ridacchiando e facendo ridere a sua volta anche i due figli più piccoli.

"Mamma, almeno tu!! Già ci sono loro che sfottono, Andy quando lo saprà farà di peggio. Almeno tu supportami!" si lagnò cercando comprensione, inutilmente.

La donna rise gioiosamente lasciando una pacca sulla spalla del figlio.

Cenò con loro e poi scese al piano di sotto al suo appartamento.
Aveva lasciato il borsello con dentro cellulare, portafoglio e tutto il resto sul divano e non l'aveva calcolato per oltre due ore.

Quando recuperò l'iphone dalla tasca, notò 14 chiamate perse e una sfilza di messaggi, tutti di Andy.

Prima di salire dai fratelli e dalla madre, aveva infatti mandato la fotografia scattatagli dal suo istruttore e il biondo aveva reagito di conseguenza.

"Hahahahah no ma seriamente??"

"Dimmi che mi stai prendendo in giro"

"Mika, non hai ucciso nessuno vero?"

"Rispondimi che ti chiamo da mezz'ora"

"Mikaaa"

"Stai bene vero?"

"Non ti sei ucciso vero??"

"MIKAAA!"

"Rispondimi cazzone!"

"Penniman!!!!"

"Devo chiamare tua mamma per sapere la data del funerale"

"Sappi che ti ho amato"

"Dai Meeks rispondimiiii"

Mika si fece delle grasse risate sincere e solo dopo un attimo richiamò il suo ragazzo che rispose al primo squillo.

"Pronto!" asserì immediatamente.

"Sono circondato da gente che si fida cecamente di me, sono onorato." gli rispose il riccio, fingendosi offeso da ciò che il greco aveva finto di implicare.

"Oddio che bello sentire la tua voce! Allora sei vivooooo" lo prese in giro cercando di fingere vera preoccupazione.

"Vaffanculo Andy!" ringhiò a quel punto, sentendo una grassa risata di rimando.

I due bisticciarono affettuosamente per telefono per una buona mezz'oretta prima di tornare ognuno alle proprie faccende.

Il periodo londinese si concluse poco dopo e ad inizio aprile il libanese si imbarcò nuovamente direzione la costa ovest degli states.

Trascorse le ultime due settimane a mixare con Greg il suo intero album ormai completo, quando un giorno arrivò in studio trafelato.

"GREG!" urlò entrando con irruenza nella stanza dove il produttore stava lavorando, facendolo sobbalzare.

L'uomo guardò l'orologio che segnava le 9:10 e si voltò verso il riccio con aria stranita.

"Cosa ci fai qui a quest'ora del mattino?" chiese sapendo quanto quell'ora per lui fosse considerata mattiniera ai limiti della decenza.

"Ho una nuova canzone!" affermò con un enorme sorriso, "e poi ho trovato il nome dell'album"

Greg si passò una mano in volto.

"Abbiamo praticamente finito e tu mi dici che hai una nuova canzone?" chiese pazientemente.

"Sì, l'ho composta stanotte." lo informò fiero il ragazzo senza mai smettere di sorridere. "Mi serve un piano e la registro, ah... e Andy passa più tardi, farà le back vocals di Touches you."

Il quarantenne non poté che assecondare quella versione vulcanica di un Mika mattiniero e lasciare che registrasse ciò che aveva, gli mise a disposizione una stanza dello studio di registrazione e lo lasciò creare.

Solo un'ora più tardi il ragazzo si presentò di nuovo da lui sempre con quell'aria eccitata e impaziente che l'aveva contraddistinto sin da quando aveva varcato la soglia del suo studio quella mattina.

Gli spiegò come avesse già perfettamente in mente cosa fare e come produrre quella canzone dal titolo Good Gone Girl.

"Hai accennato prima a qualcosa riguardante il titolo dell'album..." si ricordò poi Greg, tornando alle prime parole con cui lo aveva salutato.

"Sì!" annuì sempre con grinta.

Avevano concordato fin dagli inizi della registrazione che il titolo perfetto dell'album sarebbe stato preso dalla canzone che tutti ritenevano più influente e particolare, ossia "We are Golden", ma quel giorno sembrava che Mika non la pensasse più allo stesso modo.

"Con Jodi avevamo parlato del fatto che questo disco sarebbe perfetto come concept album sull'adolescenza, un po' un seguito di Life in Cartoon Motion" disse iniziando il discorso.

Greg annuì, aveva anche lui parlato con la produttrice di Miami e aveva concordato sul quel punto. Creativamente parlando era un'ottima idea.

"E parlando di adolescenti credo che il titolo perfetto sia "The boy who knew too much"!" gli disse deciso.

Greg lo osservò per un attimo pensieroso, quel titolo gli ricordava qualcosa... poi gli venne in mente.

"Non è il titolo di un film di...." chiese cercando di ricordarsi l'autore che in quel momento gli sfuggiva.

"Di Hitchcock!" rispose Mika mettendo fine ai suoi ragionamenti, "Ma non è uguale, quello si intitola The man who know too much" lo informò pazientemente.

Il produttore ci ragionò un attimo e poi trovò che, come spesso accadeva, la popstar avesse avuto un'ottima idea, dopotutto gli adolescenti credono sempre di saperne una in più del diavolo. Un po' come Mika, che adolescente però non era più, si ritrovò a pensare.

Il pomeriggio verso le 3 e mezza, Andy fece la sua comparsa in studio, dopo il lavoro. Mika aveva insistito parecchio negli ultimi giorni, dopo averlo sentito canticchiare più volte sulle note di alcune canzoni di una della band per cui lavorava, aveva deciso che essendo un discreto cantante ed avendo una voce particolare, lo avrebbe voluto come corista in una delle sue canzoni, e quella che proprio lui gli aveva aiutato a trascrivere da efficiente stenografo, gli sembrava semplicemente perfetta.

Durante la nottata ci aveva pensato parecchio e in mattinata gli aveva chiesto cosa ne pensasse. Al contrario di quando si sarebbe mai aspettato, il compagno aveva accettato senza bisogno di convincimenti perché "Quando mai mi ricapiterà nella vita di cantare in un album da milioni di copie?".

Quando però quel pomeriggio il biondino si trovò di fronte al microfono, con Mika dall'altra parte del vetro e lui solo in quella stanza inquietante, la sola cosa che riuscì a fare quando la musica nelle cuffie partì, fu guardare il riccio e non spicciare una sillaba.

Vedendo l'espressione persa ed impacciata del cameraman, Mika fece fermare la musica, cambiò assistente, facendo sì che fosse Greg a sedere dall'altro lato del vetro ed entrò in stanza con lui.

Greg lo osservava, era certo che il cambio lo avesse voluto perché potesse lasciarsi andare con Andy senza necessità di fornire spiegazioni a una persona qualunque che conosceva a malapena.

"Non ce la faccio!" gli disse il biondo non appena Mika mise piede nella stanza.

Il riccio lo osservò torturarsi le mani e guardare il pavimento e si avvicinò quindi a lui con passo lento.

"Shhh" gli sussurrò prendendolo per le spalle e cercando il suo sguardo.

"E' che... non... e se la mia voce registrata fa schifo?" gli chiese titubante contorcendosi le mani e facendo ricadere lo sguardo di nuovo sulla punta delle scarpe.

Il sicuro e saccente Andy in quei frangenti vacillava come una foglia scossa dal vento concitato di settembre.

Mika rise osservando l'inquietudine dei suoi gesti. "Questa è bella!" lo prese in giro con affetto, facendo sì che tornasse a staccare gli occhi dal pavimento.

"No, seriamente..." continuò Andy imperterrito. Quello era decisamente un momento e un luogo che usciva dalla sua confort zone.

"We aaare noot what you thiiink we aare" intonò ad un certo punto Mika, di punto in bianco, sorridendogli.

Andy aggrottò le sopracciglia: "Ma non dobbiamo registr..." cercò di prendere la parola inutilmente, mentre il riccio continuava a intonare quella canzone, che sapeva Andy adorasse.

"We aree noot whaat youu think wee aaare" tornò di nuovo a cantare con più enfasi stavolta, con lo sguardo sorridente fisso in quello di Andy.

Il biondo a quel punto si fece contagiare e sorrise divertito mentre il compagno continuava la sua performance gioiosa e trascinante.

"Weee aaare..." trillò poi fermandosi e facendo segno con una mano che ruotava su sè stessa, al ragazzo che lo osservava con sguardo indefinito, di proseguire.

Andy a quel punto, ammaliato dai suoi occhi e dalla sua voce intonò un "goooolden" prima di iniziare a cantare il ritornello insieme a lui.

Greg sorrideva assorto a contemplare quell'insolita scenetta, Andy a quel punto stava ormai cantando da solo mentre Mika teneva il ritmo a suon di schiocchi di dita e danzava.

Mika improvvisamente cambiò canzone e cominciò a cantare il ritornello di Touches you che Andy seguì a ruota, lo ripeterono un paio di volte insieme poi senza farsi notare dal biondo, il libanese fece un cenno a Greg e lasciò che il compagno cantasse da solo, mentre lui si muoveva a tempo con la melodia che usciva dalle labbra del biondo.

Ad un certo punto, quando da Greg arrivò il segnale di stop, prese il viso del suo ragazzo tra le mani e lo zittì con un bacio.

Andy rimase un attimo interdetto fino a quando Mika non si congratulò con lui a suon di "Hai visto? Non è stato difficile!"

A quel punto il greco capì.

"Avete registrato?!" chiese rendendosi conto e alzando gli occhi sia su Mika che su Greg dall'altra parte del vetro, incredulo di essere stato fregato così facilmente.

Entrambi si produssero in un sorriso a metà, da cui traspariva un certo moto di orgoglio.

"Ok, siete stati sleali ma vi avete evitato una faticaccia, quindi grazie!" ammise poi timidamente, prendendo atto di quella tattica ben riuscita.

I due uscirono dallo studio e si diressero con Greg nella sala mixaggio. In mezza giornata aveva messo a punto una canzone, probabilmente l'ultima del suo secondo album.

Il produttore inserì le registrazioni nel computer e iniziò a lavorarci, Andy prese posto, chiedendo il permesso, accanto a Greg desideroso di imparare qualche nozione di mixaggio e capire quanto vi fosse di simile e di diverso nel montaggio di una canzone rispetto all'assemblaggio di un video.

Mika invece si accucciò sul divanetto che dava le spalle all'enorme mixer, dando un occhio alle mail del giorno, in attesa che il lavoro del collega fosse portato a termine.

Il greco rimase intento e affascinato, con gli occhi incollati allo schermo del computer per mezz'ora, fino a quando Greg non interpellò Mika per chiedergli un parere e non ottenne risposta alcuna.

Quando entrambi si girarono quindi verso il divanetto, Greg emise un risolino, mentre Andy sorrise intenerito.

Mika stava dormendo beatamente, con la testa che penzolava dai cuscini del divano e le gambe piegate, troppo lunghe per essere allungate su quel corto giaciglio.

"Lo dicevo io che svegliarsi a quell'ora della mattina era strano per lui..." osservò Greg, ricordandosi dell'orario insolito in cui il ragazzo si era presentato quel giorno.

Andy sorrise a quella battuta. "Credo abbia dormito si e no un paio d'ore stanotte" lo informò "siamo andati a dormire all'una e alle tre già era in salotto a comporre, quando mi sono svegliato alle 8 stava lavorando su una strofa che non lo convinceva e mi ha detto che subito dopo sarebbe venuto qui." spiegò per filo e per segno.

Greg ridacchiò e affettuosamente lo prese in giro "Artisti...." disse aggiungendo poi: "Voi fidanzati con gente del genere dovreste avere un accesso preferenziale in paradiso per ciò che vi tocca sopportare"

Il greco a quel punto rise sinceramente, dando pienamente ragione al collega del suo ragazzo.

Dopo un'altra mezz'oretta il lavoro poteva dirsi finalmente concluso. Svegliarono Mika facendogli sentire il pezzo finito e si ritrovarono una risata entusiasta.

"Direi che The boy who knew too much è colcuso!" affermò poi fiero.

"The boy cosa?" chiese Andy guardandolo stranito, sentiva per la prima volta quel nome.

"Hai presente il film di Hitchcock dell'altra sera? Ecco, prendi il titolo, sostituisci man con boy e voilà." gli disse a mo' di giochetto.

Greg scosse la testa con fare divertito e Andy ci pensò un attimo.

Dopo un'altra serie di battute, i tre si salutarono e Mika e il greco rientrarono nel loro appartamento.

Pochi giorni dopo, era tempo di tornare per tutti a Londra definitivamente.

"Oh mamma come faccio?!" esordì Mika portandosi le mani nei capelli, fermo in salotto, osservando un punto non ben precisato, o almeno così pensava il greco.

"Devo portare a casa i libri, e tutte le cose che ho comprato in questi mesi qui." formulò senza bisogno di sentirsi porre una domanda, avvicinandosi al mucchio di roba ammassata sul mobile del salotto che gli stava davanti.

Andy fissò quello spettacolo a dir poco incredibile e si portò una mano alla fronte.

"Ma è un mucchio di roba! Per non parlare dei libri...saranno più di 300! Mi spieghi come fai a leggere così tanto?! Nemmeno io ci riesco..."

Mika si grattò la nuca e lo osservò di sbieco con aria colpevole. "Ma non li ho letti tutti, ma quando ne vedo uno che mi piace lo compro..." si scusò come fosse una cosa normale acquistare mezza libreria in meno di 6 mesi.

"E comunque a casa non ci staranno mai. Se entrano loro, usciamo noi..." gli ricordò il biondo, facendolo tornare alla realtà.

"Uff" sbuffò a quel punto. Dopo essere stato ad osservarli per un tempo indefinito, mentre Andy faceva i suoi bagagli, decise di scegliere i suoi preferiti e donare i restanti un po' allo studio e un po' alla biblioteca cittadina.

Svuotarono l'appartamento e si diressero poi in aeroporto carichi di valige.

Arrivarono a Londra sotto una pioggia battente a cui non erano più abituati dopo mesi di caldo sole d'aprile californiano.

"Mika ma se prendessimo in considerazione di prenderci una casa che ne so... a Miami??!" propose il greco sbuffando e cercando di coprire sé stesso e le valige con il piccolo ombrello sgangherato da viaggio.

"Non sarebbe una cattiva idea!" gli diede corda il riccio, nella sua stessa situazione.

Arrivarono a casa con un taxi e quando varcarono la soglia del portone di casa, Joanie gli corse in contro abbracciandoli festante e offrendogli un the caldo per riscaldarsi le ossa.

Misero piede nel monolocale che era quasi sera e quando accesero la luce e vi entrarono si fermarono entrambi stupiti. Sulla parete più grande dell'appartamento, fino a poco prima vuota, era stata appesa una cornice blu cobalto e all'interno vi era una fotografia, una fotografia di loro due.

In un angolino in basso a destra vi era una piccola scritta che però non gli servì per capire il luogo ed il momento in cui era stata scattata. In primo piano c'erano le loro due figure.

Erano seduti sulla roccia dorata che lambiva la costa frastagliata di Beirut, le mani intrecciate, i loro volti parzialmente oscurati dalla luce del sole che brillava dietro di loro e sembrava voler far capolino tra i loro profili, uniti in un bacio a fior di labbra.

I colori che riempivano il quadro erano infinite sfumature cobalto del mare Mediterraneo ai loro piedi e pennellate turchine del cielo azzurro di una tiepida giornata libanese di novembre.

Alla destra dei due ragazzi, le rovine greche alla periferia della capitale, delineavano l'orizzonte e sembravano unire in un'aura mistica i loro luoghi natii ed i loro due mondi.

Sembrava che in un'immagine fosse racchiuso tutto l'incanto e tutta l'unicità della loro coppia, incorniciata in un panorama stupendo, a raccontare un breve istante di amore nato con semplicità e colto con affettuosa discrezione ed un pizzico d'arte.

Quando i loro occhi meravigliati si staccarono da quella cornice e si incrociarono, non poterono fare a meno di replicare quel momento, racchiuso quella volta, tra quattro semplici mura, le loro quattro semplici mura.  

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