Hold me carefully

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Gli spiegò come da giorni non dormisse, mangiasse e parlasse il minimo indispensabile e non avesse mai fatto capolino in lui un attimo di cedimento emotivo.

Conoscendo il forte legame dei due ragazzi, chiese disperatamente ad Andy di prendersi cura di lui come lei, la madre e il resto della famiglia, forse non erano riusciti a fare al meglio in quei giorni, troppo occupati a stringersi attorno a Paloma ed a cercare di calmare il loro stesso dolore.

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Le settimane che seguirono, Mika le trascorse interamente tra il Royal London Hospital e la casa dei genitori, mentre Andy, stabilitosi a casa Dermanis per non intralciare la famiglia cercava invano di trascinarlo fuori e convincerlo a rompere quella staticità d'animo che aveva visto in lui fin dal suo ritorno.

La persona che aveva accanto, non era più il ragazzo che aveva conosciuto in quei quasi 4 anni. Era scioccato dall'accaduto, terrorizzato e affranto, ma nonostante questo, non mostrava il benché minimo segno di debolezza o cedimento.

Sapendo quanto Mika fosse istintivo ed emotivo, quella sua chiusura per Andy rappresentava la chiara delineazione della ferita psicologica che aveva subito.

Lo aveva visto starsene ore fermo davanti alla tv accesa, sicuro che la sua mente non stesse cogliendo un solo istante del talk-show o film che passava in quel preciso momento. Lo aveva notato mentre con il piatto davanti si perdeva nei meandri della sua testa, toccando cibo solamente su richiesta.

La sua parlantina incessante e talvolta sfiancante era svanita. La sua voce non intonava una singola nota da prima di quella notte.

Il mondo d'arte dentro al quale era sempre vissuto, era chiuso al di là di uno spesso muro. Non suonava, non componeva, non scriveva né disegnava.

Gli unici flebili sorrisi che aveva visto accennati sul suo viso, erano stati rivolti alla giovane Melachi, che strusciandosi contro le sue gambe, cercava attenzioni, sommergendo il suo padroncino affranto, con coccole ed affetto. Con il resto del mondo, Mika sembrava completamente disconnesso.

"Mi porti a fare un giro con il tuo super bolide?" chiese quella sera Andy con un sorriso di incoraggiamento in piedi di fronte al ragazzo rannicchiato sul divano del monolocale dove era tornato a vivere in quei giorni difficili, per essere certo di essere a disposizione della famiglia in caso di bisogno.

Mika con lo sguardo perso davanti a sé non lo considerò minimamente e si limitò a scuotere lievemente la testa in segno di diniego.

"Allora ci vado io! Me la presti?" intervenne di nuovo, cercando di smuoverlo.

In una situazione normale, il Mika vendicativo glie lo avrebbe impedito categoricamente, dopo le brutte parole spese da lui sulla sua adorata Sprite.

Sempre senza alzare gli occhi su Andy, il riccio annuì flebilmente, fissando il caminetto spento davanti a sé.

Andy a quell'ennesimo tentativo fallito sospirò sconfitto e con un'infinita tristezza nel cuore, si accucciò di fronte a lui, così da intercettare la linea fissa del suo sguardo.

Le iridi nocciola erano spente e cerchiate da un alone scuro, dato dal sonno perso di quei giorni, il viso era scarno e con un velo di pallore che denotava il suo stato d'animo.

"Hey..." lo chiamò piano avvicinando una mano alla sua guancia resa ispida dalla barba e tracciando la linea dello zigomo con dolcezza.

"Amore mio... devi reagire..." continuò con amore e affezione tangibile nella voce, cercando di trasmettergli il più ardentemente possibile il calore di quelle parole e l'amore spropositato che provava per lui.

Per un attimo, gli occhi del riccio saettarono dal caminetto spoglio alle iridi azzurre di Andy.

Il greco si aggrappò a quell'intreccio di sguardi con tutte le sue forze, avvolgendogli il viso con entrambe le mani e intrappolandolo nella sua direzione.

"È in buone mani. Tu hai fatto tutto quello che dovevi." gli parlò con dolcezza, cercando di fargli capire come fosse fiero della forza mentale e fisica che aveva investito dal primo momento di quella notte, fino ad allora.

Passò i pollici ad accarezzargli lievemente la guancia continuando.

"Adesso lasciati andare però..." gli chiese quasi in una supplica. Non lo voleva vedere implodere e autodistruggersi. Voleva riuscire a smuovere quella valanga di emozioni negative a lacrime trattenute per dare il via alla lenta ricostruzione di quell'anima persa.

Lo voleva vedere tornare a mangiare, a prendersi cura di sé, a dormire come da quella notte probabilmente non faceva, se non per poche tormentate ore.

Lo voleva prendere tra le sue braccia e aiutarlo a risollevarsi.

"Voglio andare da Paloma" chiese lui in risposta in tono di supplica con sguardo triste. Era evidente come nella sua mente vi fosse quel pensiero fisso e null'altro.
Andy però scosse la testa.

"Siamo tornati da nemmeno un'ora. Sta dormendo e deve stare tranquilla. Lo sai" gli disse con calma, spiegando quanto anche il moro già sapeva più che bene con delicatezza e infinita pazienza.

Ma Mika non demorse e si alzò dal divano dirigendosi verso la cabina armadio per recuperare il cappotto.

Andy lo seguì, deciso a non dargliela vinta. Lo prese per un braccio, invitandolo piano nella direzione opposta. Il riccio a quella mossa si voltò verso di lui per un breve attimo, guardandolo con durezza.

"No Mika. Non mi interessa. Puoi anche darmi un pugno in faccia, ma non tornerai in ospedale prima di domani." gli disse però Andy con la stessa risolutezza che vedeva nel suo sguardo e al contempo una morsa al cuore, per quelle parole dure che il suo animo ferito non si meritava.

A costo di litigarci aveva infatti deciso di non cedere e non permettergli di passare un'altra manciata di ore al capezzale della sorella che ancora lottava per la sua vita. Aveva bisogno di portare la mente altrove anche se non se ne rendeva conto e lui in qualche modo lo avrebbe aiutato.

"Allora prendimi a pugni" gli rispose sfacciatamente il ragazzo in tono serio e autoritario, squadrandolo con fare di sfida.

Andy sospirò chiudendo gli occhi per un attimo, mentre Mika lasciava la sua presa e si voltava di nuovo, tornando rapidamente verso la cabina armadio, camminando a passo svelto.

Quel cambio di direzione veloce e repentino però, gli provocò un capogiro, dovuto alla debolezza fisica dei numerosi pasti saltati e ore di sonno mancate.

Immediatamente si prodigò a dissimulare la cosa, afferrando lo spigolo della parete e usandolo come appoggio sperando di recuperare stabilità, ma quando i suoi piani fallirono e iniziò a vedere nero attorno a sé, si costrinse a sedersi, poggiando per un attimo la testa al muro.

Andy attento, notò tutto quanto fin dal primo istante. Intuì il motivo di quella sosta accanto alla porta della cabina armadio, ben prima della sua sfida persa che lo portò ad accucciarsi a terra, ma lo lasciò fare. Voleva vedere fino a che punto sarebbe riuscito a spingersi.

Quando lo vide poggiare il capo al muro, traendo respiri profondi, si avvicinò e si abbassò al suo livello.

Il volto pallidissimo e il respiro corto confermarono i sospetti di Andy e sbugiardarono la sua condizione inconfutabilmente.

In quel momento il più giovane prese una decisione.

Doveva portarlo fuori da quella casa e iniziare a prendersi cura di lui, anche a costo di agire con la forza.

Attese che si riprendesse un attimo e poi lo guidò fino al divano dove gli intimò di restare. Si assicurò di rubargli le chiavi della sua auto e si precipitò al piano superiore e con la cautela che lo contraddistingueva, chiese alla famiglia il permesso di prenderlo con sé, accertandosi che la sua assenza, non avrebbe provocato problemi in quel delicato momento.

Dopo aver ricevuto la rassicurazione che l'aiuto del ragazzo non fosse loro indispensabile e l'ennesimo ringraziamento da parte della famiglia per quello che stava facendo per loro e per Mika, scese al piano inferiore e recuperate le sue cose lo trascinò quasi di forza fuori da quelle quattro mura.

"Devo stare con loro... se..." disse quasi in un sussurro appena udibile, mentre Andy guidava in giro per la città, diretto verso Chelsea.

Andy posò la mano sinistra sulla sua gamba per un attimo in una morsa leggera di affetto. "Non ce n'è bisogno. È tutto sotto controllo." gli ribadì Andy per l'ennesima volta, portando velocemente l'attenzione al suo faccino smunto e triste.

"Se c'è una persona che ha bisogno di riposare e prendersi cura di sé adesso, quello sei tu." gli disse amorevolmente, facendo scorrere la sua mano sulla gamba coperta dai jeans e immettendosi nella corsia di svolta, a poche centinaia di metri dalla loro casa.

Quando finalmente arrivarono di fronte alla villetta bianca e Andy posteggiò appena di fronte, Mika se ne stette fermo immobile a fissare la porta chiusa, dal finestrino dell'auto senza accennare un movimento.

Andy invece scese, prese Mel al guinzaglio e si mise sulle spalle lo zaino contenente le cose del compagno, quindi si avviò sull'altro lato della vettura.

Aprì piano la portiera e notando il suo stato, gioiosamente incitò la giovane golden a dimostrare a Mika, tutto il suo affetto.

Capendo al volo la richiesta del padroncino, Mel balzò con le zampe anteriori sulle gambe del riccio, il quale incurvò appena le labbra all'insù, lasciandole una carezza e tornando poi a fissare la porta di casa, come intimorito.

Andy ci mise un attimo ma poi intuì quale potesse essere il blocco che Mika stesse avendo. Yasmine gli aveva raccontato che Dana lo aveva svegliato nel cuore della notte bussando freneticamente alla porta di casa, di quella casa.

Sapeva che dopo quella notte, lui non ci aveva più messo piede.

Cercò di pensare al modo migliore di agire, alla chiave per farlo smuovere da quella posizione, poi si ricordò di non aver mai visto gli interni finiti, essendo volato in Grecia prima che fosse completamente arredata.

"Hey!" lo chiamò con fare il più possibile gioioso. Mika alzò lo sguardo meccanicamente a quell'esclamazione improvvisa. "Io non ho ancora visto la casa finita! Pensi di farmi morire di curiosità ancora per molto??" chiese fingendo tutta la felicità e l'impazienza di cui era capace e facendo agitare Mel, con l'intento di farlo reagire a quella ventata di spensieratezza.

Forse non completamente, ma funzionò. Mika portò di nuovo lo sguardo velato di irrequietezza verso l'entrata di casa, ma all'ennesima leccata di Mel, decise di mettere piede fuori dall'auto e avviarsi verso il cancellino nero in ferro battuto, già aperto da Andy.

A passo lento varcò la soglia, fermandosi però poco oltre il tappetino di ingresso.
Era fine ottobre e così come fuori faceva freddo, anche in quella casa, disabitata da oltre due settimane, si respirava lo stesso clima di autunno inoltrato.

Non appena misero piede in casa Andy recuperò alcuni ciocchi di legna dalla cesta e li dispose con cura nel caminetto, appiccando il fuoco che potesse donare un po' di calore immediato, mentre i caloriferi prendevano vita.

Mika senza troppo pensare avanzò e si sedette sul divanetto verde accanto al caminetto, immobile con sguardo perso, mentre Andy vagava per la cucina sistemando le cose che in frigorifero erano ormai da buttare, e dava da mangiare a Mel.

Quando tornò nel piccolo salottino posto appena oltre l'ingresso e lo trovò nella stessa identica posizione, gli si strinse il cuore.

Gli si sedette accanto, prendendo le mani nelle sue e cercando la sua attenzione che arrivò dopo qualche minuto. "Spaghetti al pomodoro per cena!" trillò con un sorriso.

Lui non si scompose e semplicemente declinò la proposta con un "Grazie ma non ho fame", tornando a perdersi nelle fiamme del camino che ormai divampavano sempre più forte.

Andy lo aveva saputo fin dall'inizio che non sarebbe stata semplice, ma non avrebbe mai pensato di dover arrivare a discutere per quasi 10 minuti, solo per ottenere che si spostasse in cucina e cedesse alle sue suppliche, poi diventate quasi minacciose.

Alla fine, riuscì a costringerlo a mangiare quasi un piatto intero di spaghetti e a fargli persino comparire un accenno di sorriso, facendo lo stupido con Mel e insegnando alla cagnolina a mangiucchiare uno spaghetto dalla forchetta.

Si alzarono da tavola che erano già le 10 di sera. Andy lavò velocemente le poche stoviglie e poi sbadigliò. Anche quella era stata una giornata intensa e non vedeva l'ora di poter tornare a dormire finalmente con il suo ragazzo a fianco. Anche in quel frangente non si sarebbe aspettato di avere una notte tranquilla, ma quello che si ritrovò ad affrontare andava ben oltre le sue aspettative.

Mika non sembrava voler prendere in considerazione minimamente l'idea di salire al piano di sopra e dormire con lui nel loro letto nuovo per la prima volta. Se ne stavano entrambi sullo spazioso divano del salotto con la tv accesa da quasi due ore, senza che nessuno dei due avesse la minima idea di cosa quel canale stesse trasmettendo.

Alla richiesta di Andy di salire a letto, Mika aveva risposto chiaramente che lui non aveva alcuna intenzione di mettere piede in camera sua perché il sonno era ben lontano dall'essere anche solo nei paraggi e poi perché, tra le righe il biondo l'aveva capito, era ancora troppo presto per riuscire a dimenticare il modo in cui era stato scaraventato giù dal letto quella notte.

Il greco cercò di stare sveglio il più possibile, sperando di vederlo crollare ma alle due e mezza cedette, addormentandosi allungato sul divano, con Mika che ancora se ne stava sveglio seppur esausto, a guardare lo schermo della tv.

Quando alle 7 del mattino, Andy venne svegliato dal profumino di caffè, si stiracchiò cercando immediatamente Mika.

Lo trovò in cucina accanto al tavolo imbandito con pane bianco, e un piatto con alcuni pancake già disposti, intento a versare il caffè in una tazza.

Il biondo sorrise, ben contento di vedere come avesse ritrovato l'appetito, ma le sue speranze scemarono nel momento in cui il riccio, accortosi di lui, gli disse un semplice: "Ti ho preparato la colazione" mentre si versava il caffè nella sua tazza preferita e sedeva al tavolo con solo quella in mano.

Tutto quel ben di Dio disposto sulla tovaglietta, l'aveva preparato per Andy. Per lui solo una semplice tazza di caffè.

Il biondo chiuse gli occhi per un attimo, sospirando sconfitto. Mika era in modalità uomo di casa da quel fatidico giorno. Non faceva altro che rendersi utile a chi gli stava attorno e passare il resto del tempo in stato catatonico. Di sé stesso non gli importava minimamente.

Andy scosse la testa contrariato. Non era così che doveva andare. Non doveva essere Mika a prendersi cura di lui. Doveva essere l'inverso.

Benché il suo stomaco stesse già pregustando la colazione, con un rapido movimento, spinse il piattino con i pancake sotto il naso del libanese, il quale alzò gli occhi su di lui con aria triste: "Non ti piacciono?" chiese flebilmente.

Andy scosse di nuovo il capo, osservandolo amorevolmente. "Hanno l'aria di essere squisiti. Ma io non ho molta fame stamattina" mentì "dammi una mano a mangiarli..." chiese con un sorriso di esortazione.

Mika abbassò gli occhi sul piatto, poi sorseggiò il suo caffè, tornando a guardare Andy "Ma... li ho fatti per te e..." ma il compagno lo interruppe: "Lo so, e ti ringrazio tanto per questo. E già che sembrano una delizia, mangiali con me... Non vorrai buttare ciò che non riesco a finire..." sperò di convincerlo con quella scusa.

Andy per spronarlo e smuovere la situazione ne prese una forchettata, la assaporò e poi ne prese una seconda e la avvicinò alla sua bocca.

"Aaahm pappa buonaaa" lo prese in giro il greco fingendo di imboccare un bambino.

Dapprima Mika guardò la forchetta con fare poco convinto, ma a quella esclamazione, accennò un lieve sorriso e accettò il pezzetto di pancake.

Andy sorrise contento e scherzando riuscì a ottenere che mangiasse quasi metà di quella colazione preparata per lui con tanto amore.

Come ogni mattina, Mika si recò poi da sua sorella per qualche ora, mentre il biondo, dopo un saluto alla cognata, andò a sbrigare alcune faccende tra le quali la spesa per i giorni a venire.

Tornarono a casa per pranzo ma il riccio con la scusa di dover uscire per passare in studio a parlare con Ian, svincolò prima che Andy potesse anche solo tentare di convincerlo a sedersi a tavola con lui.

La sera il libanese la trascorse poi dai suoi genitori, rientrando a Chelsea intorno alle 10.

Andy stava lavorando ai video che Thyrsos gli aveva mandato, quando sentì la porta aprirsi e vide il compagno con una faccia a dir poco esausta, passargli accanto e distendersi malamente sul divano.

Lo osservò per un breve attimo mentre chiudeva gli occhi e cercava di massaggiarsi le tempie, immaginando il mal di testa che potesse avere, dopo tutte le notti passate insonni. Scusandosi mentalmente in anticipo con lui per la decisione appena presa, si avviò in cucina e preparò una camomilla, all'interno della quale fece cadere alcune gocce che lo aiutassero a prendere sonno.

Mika con una prima reticenza, accettò la premura del ragazzo, spinto più dalla riconoscenza che da altro.

Dopo meno di mezz'ora Andy, che fingendo indifferenza stava continuando a lavorare al pc, vide la testa del ragazzo ciondolare verso la sua spalla per poi tornare alla posizione di prima con fatica.

Sorrise sotto i baffi alla tenacia di quello zuccone e continuò il suo lavoro. Dopo cinque minuti, Mika si allungò sulla penisola del divano, portando la testa a pochi centimetri dalla gamba di Andy lottando con tutte le sue forze per tenere gli occhi ancora semi-aperti.

A quel punto il greco ripose il pc sul tavolino e si stese a sua volta accanto a lui, lasciando che la sua testa riposasse sul suo bacino, iniziando poi ad accarezzarlo dolcemente fino a quando dopo poco, crollò finalmente addormentato.

Vegliò su di lui per una mezz'oretta inoltrata, poi si concesse di chiudere gli occhi a sua volta.

Non passarono più di tre ore da quando Mika chiuse gli occhi a quando iniziò a muoversi scompostamente nel sonno.  

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