"Faccio già la parte dell'astronauta... sembrerà che indosso anche i Moonboots. Ci sta perfettamente col personaggio" aveva poi aggiunto con una risata.
Il ragazzo infatti, sui palchi delle diverse città degli Stati Uniti aveva saputo come ironizzare sul suo enorme piedone nero, chiamandosi a sua volta ironicamente "One foot boy" e dicendo di aver scoperto un nuovo modo più sensuale e meno imbarazzante di ballare, grazie all'impossibilità di saltare a destra e a manca come solitamente faceva.
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Dopo gli Stati Uniti, la band si spostò in Messico e poco dopo nel freddo Canada, approdando successivamente in Australia, Giappone e resto dell'Asia, facendo come ultima tappa di nuovo l'Europa.
"Oh mamma, non ne bastava uno a questo mondo di Mika!" A Parigi, nella camera d'hotel, Andy si buttò sul letto coprendosi il viso con le mani. Aveva appena saputo che il museo delle cere Grévin della capitale francese, aveva deciso di dedicare una statua a Mika.
L'indomani infatti, la popstar avrebbe dovuto recarsi al museo per essere minuziosamente misurato affinché la sua copia in cera potesse essere scolpita e assemblata.
Mika rideva tutto contento. Quando lo avevano informato aveva creduto si trattasse di uno scherzo.
"Dovresti esserne fiero! Mica tutti possono dire di avere la statua in cera del proprio ragazzo in un museo di Parigi!" lo rimbeccò invece il riccio, sedendoglisi accanto e lasciandogli un veloce pizzicotto.
Andy però, invece di ridere a quella battuta, come normalmente avrebbe fatto, si incupì e emise solo una breve risata forzata.
Il moro notò quel cambiamento repentino e si voltò immediatamente verso di lui.
"Che ti prende?" gli chiese affettuosamente in tono di ascolto, togliendogli le mani dal viso e cercando di intuire cosa avesse provocato quella reazione.
Andy stava per rispondere negando i suoi pensieri irrequieti ma sapendo che con Mika la cosa non sarebbe servita, andò subito al punto, mettendosi a sedere e portandosi esattamente di fronte a lui.
"Forse tu non ci hai mai pensato ma... Sai quanto mi piacerebbe poter dire in giro che tu sei il mio ragazzo?" disse molto sinceramente, mordendosi un labbro e arrossendo appena a quella confessione.
Mika abbassò gli occhi immediatamente, emettendo un sospiro amareggiato.
Quante volte aveva pensato quella stessa cosa.
La verità era che nella sua mente, si era sempre chiesto come Andy la pensasse, ma non aveva mai voluto indagare per paura di iniziare una discussione a cui non avrebbe saputo come far fronte.
Con la squadra e con le loro famiglie si comportavano ormai naturalmente.
Nonostante evitassero effusioni amorose davanti a loro, anche dei semplici baci a fior di labbra li mettevano quasi in imbarazzo, sapevano che potevano lasciarsi andare a battute o sguardi ricorrenti, senza timore.
Al di fuori di quei due piccoli mondi però, entrambi erano visti come due normali ragazzi single a cui per il momento poco importava delle ragazze, troppo presi dal loro lavoro e dalla vita frenetica per interessarsene.
Tante volte i tabloid avevano cercato di indurre Mika ad aprirsi, facendo persino allusioni non propriamente velate sulla sua riservatezza e sulla possibilità che tale chiusura in quell'ambito potesse portare con sé segreti non rivelati che ai giornali di gossip avrebbero fatto tanto gola.
Lui però non si era mai scomposto ed aveva sempre dribblato sapientemente.
Quando questo accadeva e Mika ne parlava con lui, Andy gli dava sempre pienamente ragione, guardandosi bene dal confessargli di quelle volte in cui si era quasi trovato a sperare che le cose potessero cambiare e il suo compagno potesse confessare apertamente la sua verità.
Il suo intento non era certo quello di apparire sulle copertine satinate di mezzo mondo, tutt'altro.
Solo sognava un po' più di libertà. Gli sarebbe piaciuto poter incontrare le persone per strada e poter dire loro: "vedete, quel bellissimo e talentuoso ragazzo ricciolino è il mio fidanzato da quasi 3 anni".
A lui non piaceva complicarsi la vita, ma quel nascondersi continuamente, certe volte finiva per essere estenuante.
Mika rispose incerto: "Andy... Piacerebbe anche a me, credimi." gli disse in un sussurro, "ma non è semplice. Dire una cosa del genere al mondo... io..." si fermò un attimo "non sono ancora pronto..." confessò con fatica in tono colpevole, come se fosse conscio del fatto che quel comportamento lo rendesse meno forte agli occhi del biondino, per cui lui era sempre stato una certezza ed un appiglio affidabile.
Il greco gli passò una mano sul braccio e poi gli lasciò una carezza in viso, sollevandogli lo sguardo verso i suoi occhi blu.
Aveva capito di avergli implicitamente chiesto troppo.
"Dimentica quello che ho detto. Era solo una mia riflessione egoistica." gli disse sentendosi a sua volta in colpa per quell'uscita che aveva spezzato il momento spensierato di poco prima.
Quando i loro occhi si incontrarono, reciprocamente vi lessero un velo di tristezza che entrambi non riuscirono a occultare.
Le loro vite erano perfette sotto molti aspetti, quel dettaglio era solo una macchia un po' più scura nel loro coloratissimo e vivace mondo fatto di amore.
In entrambi quegli sguardi così diversi però, oltre a quella sfumatura grigia, si scrutava anche la speranza che prima o poi anche quella macchia sarebbe finita per scomparire sotto l'ennesima pennellata di gioiosa spensieratezza.
Il bacio che si scambiarono gli fece dimenticare quel desiderio, e pochi attimi dopo, Andy tornò a prendersi gioco di Mika e del suo imminente doppione in cera.
Per la squadra era finalmente giunta l'ultima settimana di lavoro per quell'anno e tutti quanti erano estremamente euforici.
Si recarono all'ultimo appuntamento di lavoro per quella giornata, tutti insieme ridendo e scherzando sui progetti delle vacanze.
"Io quest'anno sto a Londra!" aveva asserito Martin tutto contento di poter per una volta godersi la splendida atmosfera della capitale inglese a capodanno.
"Io Maldive!" trillò Jerry euforico all'idea di passare i giorni di lì a venire al caldo sole tropicale.
"Voi piccioncini?" chiese poi il tour manager rivolgendosi a Andy e Mika, seduti sul sedile posteriore del Van a 8 posti.
"Hm?" chiesero all'unisono voltandosi verso la combriccola e distogliendo gli occhi, il primo dal cellulare, il secondo dal finestrino, e osservando gli amici con aria smarrita di chi non sta ascoltando.
"Dove andate in vacanza voi?" chiese Cherisse, ripetendo la domanda curiosa del suo capo.
I due ragazzi si girarono l'uno verso l'altro e si osservarono per un breve istante per poi tornare con l'attenzione sugli amici e rispondere con un "Boh!" sincronizzato.
I musicisti risero per quella scena da fiction sdolcinata e poi continuarono le loro indagini interne.
"Effettivamente non abbiamo ancora pensato a cosa fare quest'anno..." constatò il biondo rivolgendosi a Mika, portandosi una mano al mento con aria pensierosa.
"Non ne ho nemmeno la più pallida idea..." riconobbe però il moro, che preso dal lavoro non aveva considerato quel dettaglio.
"Ti lascio libera scelta" disse poi il riccio al cameraman, "basta che andiamo in un posto e non ci muoviamo per almeno due settimane!" concluse. Gli ultimi mesi di viaggi frenetici erano stati abbastanza per lui, non vedeva l'ora di rilassarsi e crogiolarsi nel dolce far niente.
Arrivati allo studio di registrazione, la band si raggruppò subito nella zona dove gli strumenti erano stati posizionati, pronti per il soundheck, mentre Mika andò a parlare per un breve attimo con il presentatore del noto programma francese accordandosi su ciò che avrebbe voluto che facesse subito dopo l'esibizione di Rain.
Il distinto signore infatti, mostrandogli un lucente pianoforte a coda in centro allo studio gli chiese: "So che hai vissuto in Francia da piccolo, ti andrebbe di suonare qualche canzone francese e cantarne alcuni spezzoni?"
Mika ci pensò un attimo e poi decise che sarebbe potuta essere una buona idea.
"Va bene, posso provarle però un attimo? Non sono sicuro di ricordarmele." chiese cortesemente, ricevendo un cenno di assenso dal conduttore, prima di andare con la band a provare la sua esibizione del nuovo singolo.
Una volta concluso il sound check, si recò al piano e concordando con il presentatore, provò alcune canzoni francesi della sua infanzia.
Andy, che si aggirava per lo studio ammirando come sempre le iper tecnologiche e professionali cineprese degli studi televisivi, si fermò all'improvviso, voltandosi verso Mika.
Stava cantando una canzone che gli aveva spesso sentito accennare sotto la doccia o in casa, fischiettata mentre preparava da mangiare.
Ma quel pomeriggio la stava cantando, suonandola dolcemente al pianoforte in una maniera così intensa che non poté fare altro che fermarsi ad ammirarlo, stregato da quell'incanto.
Lo studio non era vuoto, ma il borbottio delle persone intente a sistemare il tutto per la puntata gli appariva più distante che mai.
Cantava con trasporto, senza falsetti, facendo emergere quel registro grave della sua voce tanto sontuoso quando sconosciuto ai più.
La sua concentrazione era palabile. Faceva correre le dita sui tasti, in maniera estremamente naturale, mentre pronunciava con perfetto accento francese le parole che Andy, nonostante la sua scarsa conoscenza della lingua, poteva intuire essere tristi e malinconiche.
Il biondo aveva sempre pensato che le sfumature più romaniche della voce del suo ragazzo, in francese possedessero una essenza tutta particolare ed estremamente elegante, e quella canzone di Barbara le accentuava ancor di più.
Proprio quando stava per perdersi in quell'immenso sconfinato di vibrazioni sinuose, Mika cambiò canzone repentinamente.
La nuova melodia appena iniziata, faceva saltellare le sue dita qua e là sulla tastiera, facendo battere i martelletti con impeto e innata grazia.
Alle orecchie di Andy anche quella non era una canzone sconosciuta, ma non avrebbe saputo dire chi fosse l'autore. Le parole dovevano essere decisamente più spensierate della precedente, o almeno al suo orecchio così pareva.
Dopo alcuni attimi però, la melodia cambiò di nuovo e questa volta Andy perse quasi un battito.
Quella che le mani del suo compagno di vita stavano componendo facendola risuonare nell'etere dell'asettico studio, era una delle più belle canzoni francesi del secolo precedente.
Andy non aveva mai vissuto in Francia, ma suo padre, grande cultore di qualunque tipo di musica, amava cantarla per casa, raccontando ai suoi figli la sublime poesia che quel testo celava.
Quando Mika iniziò ad intonare la prima strofa di quel capolavoro, per il biondo tutto il mondo circostante sparì in un microsecondo.
Je vous parle d'un temps,
que les moins de vingt ans,
ne peuvent pas connaître,
Montmartre en ce temps-là
accrochait ses lilas
jusque sous nos fenêtres
Davanti a lui la massa di folti ricci castani nascondeva gli occhi ambrati dell'artista che con concentrazione scrutava i tasti bicromi facendo ciondolare il capo, trasportato da quella stessa magia che lui stesso stava creando.
La sua voce era se possibile ancor più calda e poetica, quasi a voler rimarcare gli anni di quella canzone e voler trasportare coloro che gli stavano intorno in quel surreale mondo, che era stato il quartiere parigino di Montmartre diverse decine di anni addietro.
Nella mente di Andy affiorarono i lillà che pendevano ribelli dalle finestre e dai balconi, i bistrot affollati di artisti senza un franco in tasca ma con i volti carichi di sorrisi. La gioia di quella vita precaria di pittori, musici e poeti che passavano le loro notti in cerca di ispirazione, davanti a tele candide e spartiti vuoti.
Quante volte suo padre gli aveva narrato di quel pittore di cui la canzone narrava, a cui nulla importava, neppure la fame che spesso veniva a bussare alla sua porta a tutte le ore, pur di passare la sua esistenza a vivere di arte, tra bohémien come lui, festosi, gioiosi e in perenne ricerca dell'amore e dell'edonismo in tutte le sue forme.
La bohème, la bohème
Ça voulait dire
On a vingt ans
La bohème, la bohème et nous vivions de l'air du temps
Quel ragazzo, che in quel gigante studio di una Parigi completamente trasformata, riportava in vita quelle strofe, a Andy sembrava tremendamente il pittore perduto di un tempo.
Anche a Mika non importava il sacrificio, la fatica, il caos frenetico della vita che conduceva. Anche lui avrebbe, senza esitazione, messo a tacere i morsi della fame pur di vivere della sua musica. E a pensarci bene lo aveva anche fatto. Aveva messo a tacere i ragazzini che lo disprezzavano prima, e i discografici dalle menti chiuse poi, arrivando a far scoprire la sua musica ai pochi bohémien rimasti del suo tempo.
Le vibrazioni della sua voce perfettamente intonata gli riscaldavano il cuore, facendogli pensare a quanto fosse stato fortunato ad incontrare un artista ed una persona simile sul suo cammino.
I vent'anni ricordati nella canzone, loro li stavano vivendo appieno, l'uno accanto all'altro, nel loro mondo distante da Montmartre ma dall'atmosfera ugualmente sognante.
La bohème, la bohème
On était jeunes
On était fous
La bohème, la bohème
Ça ne veut plus rien dire du tout
Erano giovani, erano folli ed erano innamorati. Erano due bohémien.
La canzone si concluse con il triste epilogo dell'era spensierata di quel quartiere ed il ricordo sbiadito dei tempi che furono.
Andy però mantenne il sorriso, convinto che la loro storia non sarebbe finita come i lillà tristemente appassiti sui balconi di Montmartre.
Conclusa anche quella canzone, Mika fece tacere le corde del pianoforte, rilasciando il pedale e poi rivolse la sua attenzione al conduttore, che similmente a Andy, lo osservava con sguardo sognante e meravigliato.
Si complimentò con lui e poi lo lasciò andare a cambiarsi per la registrazione del programma.
Andy riuscì per un attimo ad incrociare il cantante nei camerini, ma a parte un "Merde" di buona fortuna, non volle dirgli più di tanto.
Quando la registrazione iniziò, Andy si sedette insieme a Jerry nel retro, osservando il tutto su un monitor messo loro a disposizione, Rain fu perfetta, e così furono le canzoni francesi che poco prima aveva provato.
Quando si sedette sul divanetto accanto al conduttore, per la consueta intervista, Andy iniziò a non prestare più molta attenzione.
Non capiva una parola e ciò che si riduceva a fare per fare passare il tempo era osservare attentamente i segnali non verbali e le espressioni del suo compagno che, fortunatamente per lui, aveva una capacità espressiva degna di nota.
Ad un tratto, il presentatore, dopo alcune domande, si rivolse a lui spiegandogli come vi fosse una sorpresa.
Quello Andy lo capì. Dopotutto la parola era simile all'inglese.
Vide Mika grattarsi la fronte con aria preoccupata, poi alzare le sopracciglia, reagendo a chissà quali parole gli erano state dette, scuotere la testa e sorridere pensieroso per poi assottigliare lievemente gli occhi, cercando probabilmente di capire cosa gli indizi dell'uomo stavano a significare.
Spiegò qualcosa che aveva a che fare con Los Angeles e poi annunciò quella che era la sua sorpresa.
In quel preciso istante il riccio sgranò gli occhi, emettendo un urlo e portandosi una mano al viso, coprendosi gli occhi incredulo.
Andy drizzò le antenne immediatamente, curiosissimo di sapere cosa gli fosse appena stato detto e notando un Mika al limite dell'incredulità, portarsi le mani agli occhi quasi commosso e ridere come un bambino.
Quando le immagini si spostarono ed inquadrarono il minuto omino che era comparso in studio, il greco sgranò gli occhi a sua volta, avvicinandosi di più allo schermo, cercando di razionalizzare la cosa.
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Two of a kind
FanficLa Mikandy più lunga che sia mai stata scritta. La loro vita raccontata dagli albori fino al 2015. 1000 pagine di word, 200 capitoli, 4 anni e mezzo di pubblicazione. Andò a posare le mani sulle sue ginocchia, accucciandosi di fronte a lui, cercan...