Grandi progetti

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Il cielo iniziò a farsi nuvoloso e i raggi del sole a sparire. Andy meteoropatico com'era avrebbe normalmente blaterato qualche frase seccata, ma quel giorno il sorriso non lo abbandonò nemmeno per un secondo, neanche quando poco prima di rientrare in casa, la pioggia fece la sua comparsa.

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Rientrarono in casa verso metà pomeriggio e non appena varcarono il portone d'ingresso notarono un grande pacco alto quasi come loro che li attendeva nell'atrio.

Le facce dei due assunsero espressioni nettamente contrastanti.

La prima era altamente contrariata e scocciata, la seconda era raggiante e contenta.

"E' già qui!!" esclamò Mika passando una mano sull'involucro protettivo di quell'enorme pacco.

"Wow che felicità!" rispose il biondo in tono piatto e totalmente agli antipodi rispetto al significato delle parole.

"Dammi una mano che lo portiamo giù!" propose Mika con un sorrisone.

Lo sollevarono e piano scendendo le scale lo appoggiarono davanti alla porta d'ingresso del monolocale.

Andy aveva pensato per un attimo di lasciarlo cadere, ma aveva messo in conto che così facendo avrebbe potuto far seriamente male a Mika che per primo aveva imboccato le scale e teneva la parte anteriore del grande orologio.

Una volta che fu scartato e sistemato accanto al pianoforte, Andy si lasciò andare sul divano. La tranquillità di casa era stata definitivamente compromessa.

Un paio di giorni più tardi Mika si trovava insieme al manager, Andy e la squadra, a festeggiare in un pub di Londra, poco distante da dove si erano appena tenuti i Brit Awards.

Aveva cantato in maniera praticamente impeccabile, nonostante la bronchite in fase di guarigione, insieme a Beth Ditto, sua vecchia amica, e poi era stato premiato come artista britannico emergente.

Dopo alcune interviste di rito, era finalmente riuscito a liberarsi e concedersi una serata di festeggiamenti con gli amici.

Dopo solo un paio di birre e un bicchiere di champagne, Mika rideva già come se non ci fosse un domani. Il mix alcool-medicinali stava facendo decisamente effetto.

Quando il riccio cercò di ordinare la terza birra della serata, Andy glielo impedì categoricamente.

"Non ho intenzione di sperimentare in quanto tempo collassi sul tavolo!" lo riprese facendo cancellare al cameriere la sua ordinazione sul blocchetto.

"Ma daaai! Ho beevuto solo unaa birra e uno champagne!" rise a crepapelle il ragazzo sbiascicando già alcune vocali.

"Appunto. E sei già messo così!" lo apostrofò il manager dando ragione al cameraman.

"Non siete divertenti!" li apostrofò Mika sempre ridacchiando.

Il ragazzo non ordinò più nulla ma passò la serata a rubare sorsi di birra e cocktail a tutti i componenti del tavolo e arrivò a fine serata che per lui tenersi in piedi era un'impresa titanica.

Quando i ragazzi arrivarono a casa, accompagnati da Ian, Mika si accucciò davanti alla porta, mentre il greco cercava le chiavi nella tasca.

"Alzati!" gli intimò facendo scattare la serratura, mentre con la testa appoggiata al legno della porta e il resto del corpo malamente rannicchiato sullo scalino, il moro dormicchiava già ad occhi chiusi.

"Mika!!" lo chiamò afferrandogli un braccio e tirandolo verso sé.

Il riccio non si mosse. "S'no st'nco, lasciami do'mire." biascicò cercando di tornare nella posizione di poco prima.

Andy sbuffò. Aveva previsto sarebbe finita con lui non proprio sobrio, ma così era decisamente peggio di come si aspettasse.

"I could be brooown, I couuld bee blue, I cooould be..." con la statuetta dorata in mano a mo' di microfono, si era messo a cantare malamente la sua hit, prima che il greco gli tappasse la bocca con la mano.

"Sei scemo?! Sveglierai tutti i vicini!" lo apostrofò iniziando a spazientirsi e tirandolo con più forza verso sé fino a che non se lo ritrovò in piedi, abbracciato malamente.

Fece per avvicinarsi a portare le labbra su quelle del greco quando questi si spostò.

"Mika diamine svegliati!" gli disse passandogli una mano attorno alle spalle, sostenendolo e riuscendo a fargli fare i pochi passi utili a varcare la soglia e chiudere la porta evitando che mezza via potesse divertirsi ad assistere alle figure di Mika e ai vani suoi tentativi di farlo ragionare.

Con non poca fatica riuscì a fargli scendere le scale e lasciò che atterrasse sul divano, dove si addormentò subito dopo, ancora con la statuetta dei Brit Awards in mano.

Esausto dalla serata, Andy si andò a lavare i denti e poi si gettò sul letto.

Si ricordò di Mika ancora disteso sul divano solo alcuni attimi dopo, ma il suo fisico stanco convinse il cervello a lasciare che dormisse dove stava. Forse era una sorta di ripicca per quello che gli aveva appena fatto passare, ma l'idea di alzarsi dal suo materasso morbido non lo sfiorava minimamente.

Si addormentò quindi anche lui, solo pochi attimi più tardi.

La mattina dopo furono svegliati dai nove rintocchi del pendolo. Avevano impostato il vecchio orologio, affinché suonasse le ore solamente dalle 9 di mattina in poi e per i giorni successivi avevano anche gradito la sveglia, Andy soprattutto, per due ragioni: per prima, in ogni caso si sarebbe alzato di sua spontanea volontà a quell'ora e per seconda, buttava Mika giù dal letto senza che lui potesse lamentarsi, dato che l'idea era stata sua.

Quella volta però il riccio non gradì per niente quei 9 gong che risuonavano a pochissima distanza dalle sue orecchie. Il divano era tremendamente vicino al pianoforte e allo stesso modo quindi, anche al pendolo.

Si mise la testa sotto al cuscino. Ad ogni rintocco sentiva come una martellata in testa.

Andy alzò la testa dal cuscino udendo le imprecazioni del suo compagno che inutilmente cercava di coprirsi le orecchie, fino a quando il gufetto non rientrò nella sua casetta e il silenzio tornò a cadere sulla stanza.

"Quanto mi sta simpatico quell'uccellino malefico..." trillò il biondo gioiosamente portandosi seduto sul materasso e stiracchiandosi, lanciando un'occhiata al divano.

Qualcosa di simile ad un "fottiti" si sentì, celato dal cuscino in cui Mika aveva affondato la testa.

Andy rise di gusto lanciando il suo cuscino del letto al riccio, facendolo atterrare direttamente sulla sua testa.

"La vuoi smettere?! Ho un mal di testa allucinante senza che ti ci metti anche tu!" lo apostrofò il cantante, alzando finalmente il capo e rivolgendogli un'occhiataccia furibonda.

Andy non si scompose. "Quante volte ti ho detto ieri sera di smettere di bere che l'alcool mischiato agli antibiotici ti avrebbe ucciso?" chiese girando il dito nella piaga "Non mi hai ascoltato e adesso ti arrangi!" concluse alzandosi dal letto e incamminandosi verso il bagno per una doccia.

Mika grugnì uno "stronzo!" prima di alzarsi, sgranchirsi lentamente le braccia e buttarsi a letto, finalmente trovando la posizione comoda, che per tutta notte aveva tanto agognato.

Quando il biondino uscì dalla doccia vestito frizionandosi i capelli con la salvietta, vide Mika sdraiato in centro al letto con la testa sotto il cuscino.

Ridacchiò e decise di dare tregua alla sua vendetta.

"Fai colazione?" chiese dirigendosi verso il cucinino e afferrando la brocca del caffè, mettendola a scaldare.

"Popstar coi postumi?" chiese con un ghigno, non avendo ottenuto risposta.

Di nuovo silenzio. Dopo aver finito di preparare le cose per la colazione, in attesa che il caffè si scaldasse, si avvicinò al letto con un bicchiere d'acqua, gli antibiotici che ancora per qualche giorno doveva assumere e un analgesico.

Appoggiò il tutto sul comò e poi gli passò una mano sulla schiena. "Sveeegliaaa" gli sussurrò all'orecchio, sollevando di poco il cuscino. Un grugnito molto infastidito si udì a malapena.

Ebbe bisogno di numerosi tentativi affinché avesse successo nell'intento. Fecero colazione insieme e poi trascorsero la giornata in tranquillità fino a quando Mika non ricevette una chiamata dal suo manager.

"Ti sei ripreso dalla sbornia?" fu la prima cosa che gli chiese.

Mika sorrise arrossendo appena, fortuna che non poteva vederlo. "Tutto a posto Ian." disse sperando l'uomo arrivasse velocemente al punto.

"Ho una notizia che potrebbe interessarti, anzi interessarVI" iniziò il quarantenne.

Mika osservò Andy seduto sul divano accanto a lui intento a fissare lo schermo del televisore con il volume al muto, cercando di capire lo stesso come si evolvessero gli eventi. Gli passò una mano sul braccio attirando la sua attenzione e mettendo il vivavoce al telefono.

"Ti ascoltiamo." annunciò Mika. "Ciao Ian." salutò invece il biondo.

"Andy, ciao! Allora..." disse facendo un attimo di pausa.

"In breve Mika a luglio terrai un concerto a Parigi, quel concerto verrà filmato, Andy te ne occuperai tu e da lì ne verrà tratto un DVD" i ragazzi si guardarono. Avevano fatto la stessa identica cosa sempre nella capitale francese giusto un anno prima con il concerto dell'Olympia, certo, la scenografia e il Dodgy Holiday tour era stato un po' modificato ma...

Prima che i loro ragionamenti potessero continuare aggiunse: "Non sarà una sala concerti qualsiasi... Conoscete il Parc des Princes?" chiese Ian.

Mika immediatamente si immobilizzò sgranando gli occhi e portandosi le mani alla bocca spalancata, incapace di dire anche solo una sillaba.

Andy lo osservò senza capire, alzando un sopracciglio e chiedendogli silenziosamente spiegazioni. Quando capì che da lui non avrebbe tratto nulla, si rivolse al loro capo.

"Tu non lo puoi vedere, ma Mika è seduto accanto a me in shock." si sentì la risata cristallina del manager "ti dispiace spiegarmi?" chiese quindi il cameraman, ora curioso all'inverosimile.

"Certo. E' uno degli stadi più grandi di Parigi, stiamo parlando di 55.000 persone" gli disse molto semplicemente Ian.

Questa volta fu il turno di Andy di replicare l'espressione incredula e scioccata del compagno.

Dalla parte opposta della cornetta di Ian vi fu silenzio assoluto. "Ragazzi?" chiese l'uomo con una leggera risata.

"Cinquantacin...." Mika sussurrò parte di quella parola troppo lunga e troppo surreale, guardando un punto non ben definito davanti a sé.

"...quemila, sì Mika, bentornato tra noi!" ridacchiò il manager.

"Hai carta bianca per organizzare lo show che vuoi. Sbizzarrisciti." puntualizzò di nuovo il manager prima di concludere "Ora vi lascio. Sono sicuro che la prossima volta che ci sentiremo, Mika mi sommergerai di idee, quindi ti lascio creare. Ciao ragazzi!" salutò. Un "ciao, grazie!" arrivò da parte di entrambi prima che la chiamata si chiudesse.

"Dammi un pizzicotto Andy!" sussurrò Mika sempre con lo sguardo perso nel vuoto.
Il biondino si riscosse dai pensieri e guardò il compagno immobile ed incredulo allungandogli poi un pizzicotto come gli aveva chiesto.

"Ahio! Cazzo non è un sogno!" si risvegliò il libanese.

"SUONERO' A PARIGI IN UN ENORME STADIOOOOOO!" sbraitò poi alzandosi di scatto dal divano, mettendosi a camminare avanti e indietro per il salottino, coprendosi il viso con le mani e ridacchiando istericamente.

Andy sorrise a quella vista e poi iniziò a pensare all'enorme mole di lavoro che avrebbe dovuto fare.

Questa volta si augurava di saper gestire meglio lo stress ed evitare di litigare con Mika come era successo l'anno prima nella situazione analoga.

"Mi ha dato carta bianca??! Devo andare da Yasmine!" continuò a farfugliare. Passò poi davanti al divano, prese Andy per un braccio quasi facendolo cadere e si fiondò al piano superiore.


Un mese dopo erano in tour in Europa e Paloma e Yasmine avevano deciso di seguire Mika così da poter lavorare alle loro idee direttamente insieme a lui. La fantasia volava alto in quel progetto, i numeri erano enormi, non solo per quanto riguardava il pubblico, ma anche quando si parlava di costi e tempistiche di realizzazione.

Andy a sua volta stava organizzando ciò che gli sarebbe servito, la squadra che Ian gli aveva trovato era altamente professionale quindi sapere di avere gente competente alle spalle lo rendeva tranquillo.

Quella sera il ragazzo rientrò da un concerto con l'ennesimo mal di caviglie che lo tormentava da mesi.

Sempre più spesso si ritrovava quasi a zoppicare dopo i concerti, il suo modo di ballare a quanto pare non era dei migliori. Prese posto al tavolino sistemato nel backstage, osservando come ogni sera dopo uno show, i progressi della sua squadra che piano piano stava realizzando le idee che sempre più nitide si facevano largo nella sua testa.

Paloma aveva avuto un'idea alcuni giorni prima e quella sera aveva una sorpresa per lui.

"Come vanno le caviglie?" chiese al fratello, entrando in camerino. Mika alzò gli occhi su di lei e poi li riportò ai disegni "Non c'è male" mentì spudoratamente.
"Infatti... Vedo che fai i salti mortali quando scendi dal palco..." lo sbugiardò la sorella maggiore con un'espressione eloquente.

Mika alzò lo sguardo su di lei e non disse nulla. Tanto le bastò.

Uscì da una stanza e rientrò con una persona. Non era troppo alto, la testa senza capelli luccicava quasi sotto la luce, era vestito come un damerino ed aveva un sorriso radioso e contagioso.

Il riccio lo osservò. La sua faccia non gli era nuova ma non riusciva a capire chi fosse.

"Mika, lui è Christian Louboutin. Christian, mio fratello Mika" fece le presentazioni.
Il libanese in quel momento capì. Quante volte aveva sentito il suo nome pronunciato dalle sue sorelle, letteralmente accanite fan delle sue scarpe dalla suola rossa.

Si scambiarono i soliti convenevoli e poi Paloma spiegò a Mika come l'uomo potesse risolvergli i problemi ai piedi.

"Può farti le scarpe su misura, rinforzandole così che supportino il tuo peso quando ti alzi sulle punte." spiegò la sorella.

Mika sorrise fiero a quell'idea. "Non sapevo facessi anche scarpe da uomo" disse candidamente il cantante, che aveva sempre e solo sentito parlare di lui per le sue collezioni femminili.

"Tu infatti saresti il primo" confesso molto semplicemente l'uomo, sorridendogli ancora.

"Oh davvero?" chiese stupito. Christian annuì. Mika lo trovava simpatico e alla mano, aveva sicuramente quarant'anni suonati, ma aveva uno sguardo e un fare da fanciullo.

"Ho visto il progetto per il concerto di Parigi Sta uscendo una roba fantastica!" gli disse l'uomo. Mika arrossì. Ricevere i complimenti da un artista come lui era un grande complimento.

"Ho già un'idea di come disegnarti le scarpe per quell'occasione." gli confessò Christian.

"Davvero?!" chiese di nuovo incredulo. Era davvero entusiasta di come le cose si stessero evolvendo.

Erano settimane frenetiche quelle che stava passando, ma questa notizia, insieme a quella di aver finalmente ricevuto il "sì" di Es Devlin, che avrebbe curato con lui la scenografia, dopo una serie di tentativi vani, lo faceva sorridere di felicità.


A fine giugno Mika non aveva più concerti in programma, era a Londra ormai da due settimane.

Il tempo lo trascorreva per il 90% fuori casa, occupato dal lavoro insieme alla sorella e ad alcuni amici creatori e artisti. Era partito con l'idea di non voler fare nulla di normale o scontato, e ci stava riuscendo alla perfezione. Il concetto era nato da un semplice sole che tramontava su Parigi in quello che doveva sembrare una specie di circo a metà strada tra un mondo terrificante e uno fiabesco.

Per quella notte aveva cambiato anche la squadra, a dirigere le luci, i suoni e a coordinare il tutto c'era gente con decenni di esperienza alle spalle, che nonostante la bravura però, Mika non conosceva così bene.

Logisticamente, finanziariamente e creativamente quello show per lui era uno stupendo sogno ma anche un tremendo incubo. Quante notti si era svegliato pensando a come l'idea che aveva pensato poche ore prima, avrebbe potuto trasformarsi invece che in un sogno, in qualcosa di assurdamente devastante.

Andy, a causa di tutto quel trambusto che regnava sia nel cervello del suo ragazzo, che a casa loro, in quei mesi si era armato di una quantità infinita di pazienza.

Quella sera, come molte altre prima, l'appartamento che condividevano era occupato da Es Devlin e altri collaboratori intenti a lavorare sull'aspetto visuale del concerto.

Andy in quei giorni aveva avuto un incarico da parte di un gruppo di Londra per il video di una loro nuova canzone e finalmente aveva finito le riprese necessarie per poter montare il videoclip.

Si trovava sul divano di casa con il pc sulle gambe, intento ad editare le varie parti, ma il chiacchiericcio delle altre persone che lavoravano al tavolo posto solo un paio di metri alle sue spalle, lo distraeva.

In quei frangenti le dimensioni ridotte del monolocale, che normalmente consideravano un fattore irrilevante, si facevano sentire fortemente.

Sbuffò, decidendo quindi di spostarsi sul letto distante solo qualche metro in più da loro, cercando inutilmente un po' di pace, lanciando nel mentre, un occhiataccia al tavolo.

Si buttò sopra le coperte e cerco di proseguire il suo lavoro. Era abituato a lavorare anche con la concitazione di un tour bus o dietro le quinte di un concerto chiassoso, ma quella sera anche il semplice parlottare di poche persone lo rendeva irritabile.

Si sentiva come se i suoi spazi fossero stati invasi.

All'ennesimo sbuffo proveniente dall'estremità della casa, Mika lasciò perdere per un attimo il suo lavoro e lanciò uno sguardo verso il letto, notando l'espressione contrariata del ragazzo, che nonostante avesse gli occhi azzurri fissi sullo schermo del pc, sembrava decisamente irritato.

"Andy?" lo chiamò dolcemente. Il ragazzo non si voltò, continuando a picchiettare sui tasti del pc.

A quel punto Mika, dispiaciuto, si alzò dal tavolo e gli si avvicinò, accucciandosi per un attimo accanto a lui e portando una mano alla sua schiena, lasciandovi una carezza.

"Tutto ok?" chiese allora in un sussurro, senza però ricevere nemmeno uno sguardo veloce da parte del biondino.

"Benissimo guarda!" pronunciò invece con fare seccato. Mika si morse un labbro e abbassò lo sguardo. Aveva capito quale fosse il problema e in un tentativo di essere gentile lo invitò a salire al piano di sopra a casa dei suoi genitori, così che potesse trovare un po' di tranquillità.

"Sali in camera da me. Fortuné non c'è, avresti tutta la stanza per te." gli propose candidamente, continuando intanto con la mano ad accarezzargli la schiena.

Andy rimaneva comunque rigido e impassibile alle sue attenzioni. "Sì certo, mi intrufolo a casa di estranei alle 9 di sera, così..." rispose infastidito senza mai incrociare gli occhi del ricciolino che continuava a scrutarlo con sguardo colpevole.

"Dai, non sono estranei... Cosa vuoi che gli importi. Non posso spostarmi io, altrimenti lo farei." gli disse cercando di farlo ragionare. I suoi genitori avrebbero accolto Andy più che volentieri, ne era certo, lui invece non poteva invadere il salone dei suoi con tutte quelle persone e camera sua era troppo piccola per farci entrare l'intero gruppo.

"Senti. Torna a lavorare, così per le 3 di domani mattina forse hai finito!" si lagnò arrabbiato, facendo attenzione a mettere bene in evidenza l'orario e il dubbio che entro mattina avrebbe potuto concludere ciò che stava facendo.

Il riccio sospirò di nuovo. "Come preferisci" concluse poi in un sussurro prima di tornare con passo rattristato e colpevole verso la combriccola di artisti.

Andy cercò di lavorare ancora per un paio d'ore, poi verso le 11:30 desistette e uscì a fare un giro a piedi dicendo duramente a Mika di mandargli un messaggio quando avesse finito. Non riusciva a lavorare in quelle condizioni, quella sera, e sicuramente starsene lì lo avrebbe fatto solo innervosire di più.


Il cellulare di Andy squillo all'una e mezza inoltrata.

Dopo tre squilli, accettò la chiamata senza pronunciare però parola. "Hey" la voce stanca di Mika si udì ben presto dall'altro lato "Abbiamo finito. Sono appena andati via. Dove sei?" chiese reprimendo uno sbadiglio e passandosi una mano in viso.

Era stanchissimo.

"Sono a casa dei miei, dormo qui stanotte" quella risposta inaspettata e pronunciata in tono distaccato, a Mika fece male, molto. Sconsolato si sedette sul letto, massaggiandosi la testa indolenzita e cercando intanto un qualcosa da dire.

"Ma.." iniziò senza riuscire a esprimere ciò che avrebbe voluto. Dopo una giornata impegnativa e lunga come quella, addormentarsi tra le braccia di Andy era l'unica cosa che voleva, di certo non discutere con lui.

"Ma niente." rispose intanto il biondo risoluto. "E' una settimana buona che va avanti così. Voglio un po' di tranquillità. Sto lavorando anche ad altri progetti in questo periodo, mi serve essere concentrato." chiarì la faccenda sempre mantenendo un tono che non ammetteva repliche.

Il moro rifletté per qualche attimo e pensò tutto che sommato avesse ragione. "Sì scusami. Hai ragione" espresse sinceramente. "Allora ti lascio riposare. Ci vediamo domani." disse in un sussurro, concludendo colpevolmente la chiacchierata.
"Buonanotte" lo salutò Andy, poi mise fine alla chiamata.

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