Per festeggiare l'ultima serata dopo cena invitò Giulio ed Isabella per un brindisi e una fetta di panettone e a mezzanotte si coricò per l'ultima notte nel suo letto milanese. Era tutto a posto, era pronto per migrare nuovamente, e stavolta a lungo.
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Di Parigi adorava tante cose... ma soprattutto adorava l'atmosfera sognante del Natale. I suoi primi ricordi di fanciullo delle feste e degli addobbi natalizi appartenevano infatti a quella città e ogni volta ritrovarli, era un po' come tornare bambino per brevi istanti e sentire quei profumi, vedere quei colori e percepire quella sensazione di famiglia.
Passeggiava per le vie gremite di gente, stretto nel suo cappotto ricamato, i riccioli nascosti sotto un cappello abbinato e scarpe luccicanti, smaltate di nero. Camminava con il naso all'insù contro l'aria gelida che accarezzava la Senna, increspandone il manto scuro, facendolo scintillare danzante a tempo con le luminarie che imperlavano le vie di ocra vestite.
Il suo sguardo indugiava ora sugli alberi dipinti di luce, ora sui decori variopinti delle vetrine, trasportandolo indietro nel tempo, quando per osservare la Senna si arrampicava su una panchina, o attendeva le braccia forti del papà, che lo alzassero verso il cielo e gli concedessero quell'attimo di magia del vedere il mondo con lo sguardo dei grandi.
Il profumo di freddo e di ghiaccio gli permeò lo spirito, interrotto da invitanti nuvole di zucchero filato, caldarroste o frittelle, capaci di travolgere ed ammaliare qualsiasi animo fanciullo, spesso nascosto sotto cappotti grigi di uomini d'affari, che per brevi attimi si lasciavano prendere per mano da quella dolcezza effimera e passeggera che sotto Natale è buona educazione assecondare.
Rotonde figure di babbi Natale ad adornare le strade con i loro campanelli ed i loro richiami, irresistibili per qualsiasi bambino negli occhi dei quali ancora viva e arda quell'illusione.
E poi i turisti, che con avido desiderio spalancavano gli occhi lasciandosi travolgere da tutto ciò che li circondava, riempiendo i loro rullini digitali di centinaia di istanti indimenticabili.
Tra loro coppie, di stranieri, di parigini, a combattere le sferzate di gelido inverno con silenziose unioni di visi, di nasi, di labbra, in sorridenti o passionali attimi di intimità condivisa.
Mika sorrise alla sua mente, che con ricchezza di dettagli gli restituì un'immagine in bianco e nero, tra le più famose della storia dell'arte fotografica, immortalata davanti il palazzo del municipio, non troppo distante.
Robert Doisneau avrebbe avuto l'imbarazzo della scelta tra quelle vie, in quella fredda serata parigina, ma solo un artista come lui avrebbe saputo discernere tra la miriade di baci, trasformando un frammento di celluloide in un pezzo di storia.
Perché tra baci dolci, affettuosi, passionali, teneri, si nascondevano quei piccoli capolavori in grado di sconquassare le anime, sovvertire il ritmo dei cuori e unire due metà.
Baci che nascevano tra le vie, che si nascondevano e poi si svelavano, fuggivano e poi si lasciavano catturare, tra una risata ed un sospiro, scaldando la pelle, il cuore, le ossa.
Baci ad occhi aperti, per assaporare quelle luci, quei colori e quelle ombre e imprimerle nel ricordo di un tocco, rendendolo unico. Baci ad occhi chiusi, quando il mondo attorno, nella sua meraviglia non poteva scalzare la sensazione di estasi dello sfiorarsi di labbra con la propria metà di anima, che è ogni cosa si brami e si desideri.
Baci che si attendevano, si chiamavano, si urlavano a squarciagola e altri che si sussurravano e si accarezzavano con delicatezza.
Baci che si trovavano e baci che si perdevano.
Un lieve sorriso ad increspare le labbra di Mika, sferzato dalla solitudine della sera, tra il vociare parigino.
E un pensiero irrazionale, uno tra i tanti che gli portò alla mente una domanda inespressa, quasi farneticante, effimera, labile e fuggevole almeno quanto il contenuto stesso.
Si chiese accennando un involontario sorriso, che ne fosse di quei baci mai nati, desiderati ma fermi, bloccati sulla soglia della realtà.
Si chiese che ne fosse di quella nostalgia d'amore che lo stava avvolgendo e trascinando con sé, di tutti quegli istanti sperati, bramati, auspicati poi svaniti prima che potessero concretizzarsi e materializzarsi.
Di quei momenti increspati da quella solitudine, di quei baci che avrebbe voluto donare ma che poteva solo librare nel cielo, sperando trovassero la giusta via di casa.
Di quei baci alimentati da due occhi azzurri, sulle sponde di quella Senna da lui tanto amata, ma taciuti, trattenuti, frenati, per lasciar spazio ad un riguardo ed una prudenza spesso smisurata, morbosa a tratti.
Che ne era di loro?
Svolazzavano nell'aria frizzantina sopra le loro teste? O forse gironzolavano vagabondi tra i comignoli rossi, sui tetti della città, rimirando le costellazioni, agglomerati di nane bianche e brune, luccicare irrequiete.
O chissà, si perdevano forse tra le vie, giocando a nascondino e ritrovandosi ridenti, agli angoli di una strada come fanciulli irriverenti e scanzonati.
Forse malinconici si andavano a coricare come cani randagi sotto le arcate dei ponti, attendendo che la Senna capricciosa li travolgesse, e portasse con sé qualcuna delle loro lacrime, mescolandole, facendole parte di sé, per poi lasciarle scorrere chete fino all'oceano e lenire la loro mestizia.
E poi si addormentavano forse, abbandonando la solitudine a cui sembravano destinati, per vivere un mondo onirico dove qualcuno li prendeva per mano e camminava con loro, rimirando lo scorrere di quelle acque dall'alto. E nel loro sonno tormentato chissà, forse sognavano di essere rubati, portati altrove, cullati. Forse sognavano di trovare il coraggio per osare e finalmente andare a posarsi, con delicatezza, riscaldando il cuore di un'anima sola, proprio come la loro.
Talvolta ci riuscivano, talvolta trovavano le forze per spiegare le ali e planare tra gli innamorati, unendoli in un intreccio di labbra, di sentimenti e di amore. Quelli più fortunati addirittura venivano catturati da un occhio attento, su un frammento di pellicola e guadagnavano l'immortalità.
Ma tutti gli altri?
Degli altri che ne era?
Mika continuò il suo cammino, scendendo con lentezza le scale verso la Senna, quasi sotto quel ponte si aspettasse davvero di trovare alcuni di quei baci coricati tra i cartoni, immersi nella loro triste realtà e potesse sovvertire il loro destino, prendendoli con sé, stringendoli tra le proprie braccia al caldo di casa sua, prima di insegnar loro a posarsi e fiorire in un atto d'amore.
Perché forse non avevano scelto di vagare per il mondo senza una meta, e lui davvero non aveva il cuore di lasciarli in balia delle folate di vento o delle onde impetuose della Senna, tanto cara a colui grazie al quale i suoi baci nascevano e sbocciavano da anni.
Che ne era di tutti quei baci persi, di tutti coloro che il coraggio di posarsi non l'avevano mai trovato, che erano rimasti sospesi tra terra e cielo. Di tutti coloro che non avevano osato accarezzarsi, non perché lontani, non perché soli, solamente per paura, per pudore, per reticenza.
Dove finivano?
Restavano soli per le strade intricate del mondo, in una perenne attesa, sfiancante, annichilente.
Mika si ritrovò triste al pensiero di quelle entità astratte vaganti senza meta, senza dimora, senza un qualcuno al loro fianco. Temeva per la loro sorte, soffriva al pensiero di non poterli salvare, di non poter essere padre di quelle piccole gocce d'amore che non aspettavano altro che donarsi.
E si sentiva in colpa, sì, si sentiva in colpa perché ne aveva librati fin troppi di baci nel vento, sognandoli in solitudine, come quella sera o trattenendoli quando avrebbero potuto volare dove avrebbero dovuto, impedendogli di nascere spontanei, e di far sorridere quegli occhi azzurri, condannandoli invece ad un interminabile errare tra i tetti ed i comignoli, nella notte parigina.
Forse era giunta l'ora di rendere loro giustizia, almeno per quel poco che poteva e parlare di loro, dar loro una voce nell'unico modo che conosceva.
Continuò il suo peregrinare iniziando a mormorare una dolce melodia, un arpeggio di chitarra pizzicato dolcemente, riemergendo dalle scalette poco più avanti, gemelle di coloro che lo avevano portato là sotto, a un passo dal manto scuro che ricopriva il fiume nella notte scura e gelida.
Tornò a passeggiare tra la folla, sorridendo ad ogni bacio che aveva la fortuna di adocchiare da lontano, alzando gli occhi appena al di sopra dei cappellini di lana sopra le teste dei viandanti, aspettandosi di riconoscere tra le lucine uno svolazzare lieve di baci coraggiosi pronti a tuffarsi e divenire amore.
Poi spostò il suo sguardo ancora più su, tra i comignoli rossi, dove con un pizzico di fantasia riconobbe i baci fanciulli ridere e rincorrersi, sfuggendo al giocare dei gatti pronti a catturarli, ridendo ribelli in attesa di essere abbastanza forti da scendere e volteggiare a loro volta tra sguardi innamorati, pronti a posarsi e sbocciare.
Sorrise sentendo il ritmo del suo cuore accelerare appena, colto dalla fantasia concreta, tangibile, capace di sovrapporre al suo sguardo, immagini che parevano uscite da un libro illustrato o un cartone animato.
Proseguì gli ultimi metri che lo separavano dal caldo confortevole del suo hotel continuando a tenere gli occhi a mezz'aria, tra gli sguardi forse un po' perplessi dei passanti.
Il tepore rassicurante si infiltrò tra i suoi vestiti freddi, inebriandolo all'istante, non appena varcò la soglia dell'hotel.
Prese posto sulla poltroncina nella spaziosa hall del Bristol, lasciando fuoriuscire un sospiro di piacere sotto gli occhi sorridenti della receptionist e chiamando a sé Gus, il candido persiano dei proprietari, che come sempre sonnecchiava ai piedi dell'imponente albero di Natale.
Conoscendo l'ospite, certo di poter godere di coccole a profusione, il gattone si alzò e con passo felpato raggiunse il riccio, scattando e saltandogli delicatamente in braccio.
Mika si dedicò a lui per alcuni attimi, carezzando dolcemente il morbido pelo latteo, sorridendo al gorgoglio delle fusa.
Poi attento a non scomodarlo, afferrò il blocco note con tanto di penna dal tavolino e iniziò a far vagabondare i suoi pensieri e a mettere in parole le visioni fantasiose che la sua creatività gli aveva donato senza il minimo sforzo, durante la passeggiata che l'aveva condotto fino a lì.
Ci sono baci che si perdono, baci che gironzolano come gatti grigi, sui tetti di Parigi, baci che vivono la loro vita.
Ci sono baci che si perdono in cammino e poi si ritrovano per caso, baci vagabondi che dormono sotto i ponti, dove la Senna porta via un po' del loro dolore. Non si posono salvare, questi baci perduti.
Ci son baci che si perdono, baci che sognano di essere rubati e che non hanno mai osato posarsi.
Ci son baci che si immortalano in una fotografia, baci di Doisneau. Io resto senza, qui nel fango, dove un po' d'amore ogni giorno scivola. Non li possiamo salvare, questi baci persi.
Dove se ne vanno quei baci che si perdono quando tu sei qui, davanti a me... dove se ne vanno mai, soli al mondo, ad aspettare nessun'altro che te... dimmelo...
Ci sono baci che si perdono, baci che gironzolano come gatti grigi, sui tetti di Parigi, baci che vivono la loro vita.
Ci sono baci che si perdono in cammino e poi si ritrovano per caso, baci vagabondi che dormono sotto i ponti, dove la Senna porta via un po' del loro dolore. Non si possono salvare, i baci perduti.
Concluse la sua opera di scrittura di quelle semplici frasi dettate dalla fantasia più strabordantemente icastica e come attratto dal seguito di quella ricerca senza una conclusione, estrasse il cellulare e scrisse all'unica persona che non aveva smesso per un attimo di intrecciarsi alle sue visioni iperrealistiche di quella sera.
"Dove se ne vanno tutti quei baci che nascono e non hanno dove posarsi, che viaggiano tra Parigi e Londra in un turbinio di stelle... che fine fanno...?"
Scrisse e inviò senza rileggere, in un flusso di coscienza, appendice di quei tratti di penna tracciati sul foglio biancastro, in equilibrio tra il tavolino e la sua mano.
Andy, nel pieno di una discussione via messaggio con un collega che gli chiedeva un parere tecnico, si ritrovò spiazzato nel leggere le parole criptiche del compagno, in quel momento nella sua natura più poetica e artistica.
Rilesse il messaggio più volte, sforzandosi di entrare nella mente del suo ragazzo e riuscire a fargli pervenire quella risposta che non era solo una replica ad un messaggio, ma una questione filosofico-spirituale per lui di tangibile importanza, se ben lo conosceva.
"Quei baci di cui parli sono forse coloro che ogni sera bussano alla finestra di casa nostra e con timidezza chiedono permesso. Coloro che accolgo, coccolo e che sistemo in una scatolina, pronto a liberarli non appena vedo i tuoi occhi spuntare sull'uscio, lasciando che prendano vita e ci facciano divertire e sognare..."
Mika rimase a fissare il messaggio comparso sul suo telefono per incalcolabili secondi. Non aveva idea di come Andy avesse potuto restituirgli un'immagine così nitida e così esplicitamente simile alla sua visione di quelle entità inconsistenti, svolazzanti per le strade di Parigi.
Sembrava avesse avuto accesso alla sua mente, spiando i suoi pensieri e costruendone di altrettanto coerenti, scrivendo un pezzo di storia che poteva considerarsi benissimo la continuazione legittima di quel suo sogno ad occhi aperti.
Non solo... Con quella risposta gli aveva anche alleviato quel senso di malinconia e tristezza, per la sorte nefasta a cui vedeva relegati tutti quei baci desiderati e svaniti nell'etere.
Non andavano persi... Non vagavano per i tetti, non sonnecchiavano sotto i ponti al gelo della notte, all'addiaccio, ma viaggiavano tra le stelle e trovavano davvero la strada di casa.
Un sorriso radioso gli illuminò il viso, mentre la mano scorreva ancora tra il pelo candido di Gus.
"Prepara una scatola più grande stasera... di baci che busseranno alla tua finestra ce ne saranno presto una miriade..." gli rispose allegando un cuore e un paio d'ali.
Non passò un minuto da che quella risposta era stata spedita, che il nome di Andy comparve a lettere cubitali sul suo schermo.
"Allora? Devo armarmi di uno scatolone stasera?" la voce dolce del greco trovò la strada del suo orecchio e da lì sconquassò con una sferzata di calore l'intero fisico del libanese
Mika rise appena "Oh sì... quello dell'albero di Natale potrebbe bastare..." gli suggerì sospirando innamorato.
"Addirittura? Wow! Ce n'è uno stormo in volo sulla Manica allora..." scherzò il più piccolo ridendo di gusto.
"Sarà meglio io apra le finestre allora, prima che me le frantumino nella foga di bussare irriverentemente!" aggiunse in tono dolce, quasi stesse narrando una fiaba ad un bambino.
"Sì... meglio!" rise di cuore Mika, assecondando l'idea del compagno.
Ci fu un breve istante di silenzio, poi Andy continuò "Me la mandi la canzone?" chiese aggiungendo se possibile un'ulteriore nota di tenerezza al suo tono di voce.
Mika non si domandò come sapesse avesse scritto una canzone... Gli aveva praticamente letto nella testa, pochi minuti prima, quella era una cosa decisamente palese, a quel punto.
"E' in francese..." gli confessò scrutando il testo sul tavolino, lisciando la leggera piega su un angolo del foglio.
"Se mi lasci un momento te la traduco..." si offrì quindi, desideroso di condividere quella creazione con colui che gliel'aveva ispirata e che in qualche modo aveva contribuito a renderla meno malinconica e più fiabesca.
"Sì... magari meglio... però inviami anche la versione originale... a tradurle le cose perdono sempre..." gli chiese, sperando con il suo elementare francese di cogliere la dolcezza di cui immaginava le strofe fossero intrise.
"Va bene..." sorrise lasciandosi andare ad un sospiro innamorato, che Andy colse alla perfezione.
"Adesso ti lascio, che se lo stormo arriva e tu hai le finestre chiuse, quando torno mi tocca lasciare al vetraio tutto il mio fatturato del mese!" ridacchiò senza emergere da quella ondata di fantasia in cui entrambi parevano immersi quella sera.
"Giusto!" rise "Allora aspetto eh!" gli ricordò "E... amore..." lo chiamò quindi.
"Sì?" chiese Mika mordendosi il labbro alla fitta che gli aveva appena travolto lo stomaco a quel suo modo dolce di rivolgersi a lui.
"Guarda sul davanzale della tua finestra... che un piccolo stormo è appena decollato dal tetto di casa nostra direzione Parigi." Gli chiese con infinita dolcezza.
"Lo farò! Buona notte amore mio" rispose Mika, puntando inconsciamente gli occhi fuori dalla finestra nella hall, quasi si aspettasse di vederli comparire davvero all'orizzonte, tra i comignoli rossi.---------------
Buondì!
Sì, lo so, per alcune di voi questo capitolo non è nulla di nuovo. Chi mi segue sa che "Comignoli rossi" l'ho anche pubblicata come storiella a sé in periodo natalizio, dove era giusto che stesse. Nonostante ciò però, questo è nato per essere a tutti gli effetti un capitolo di questa long, e come tale deve comparire al posto giusto. So tralaltro che c'è gente nuova che segue Two of a kind da poco e sono certa questa parte per loro sarà nuova.
Per far contenti voi assidui recensori, che questa storia non ve la siete persa mesi fa, ho deciso di lasciarvi come dolcetto, 5 titoli di prossimi capitoli, in ordine sparso, e di lanciarvi una piccola sfida: tentate di sistemare i titoli nell'ordine in cui compariranno e se vi frulla per la testa un'idea, ditemi a cosa pensate i titoli siano associati, e cosa quindi succeda in ognuno dei capitoli!
- Queen Es
- Blooming minds
- The yellow hammock
- Goose on, goose off
- Ulisse
Vi ringrazio ancora e vi prometto che settimana prossima avrete tutte un capitolo nuovo, per davvero!
A presto e grazie!
Vv
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Two of a kind
FanficLa Mikandy più lunga che sia mai stata scritta. La loro vita raccontata dagli albori fino al 2015. 1000 pagine di word, 200 capitoli, 4 anni e mezzo di pubblicazione. Andò a posare le mani sulle sue ginocchia, accucciandosi di fronte a lui, cercan...