Senza fretta ma con ardore lasciarono che l'intrigo si insinuasse tra le loro anime intrecciate andando a percorrere di nuovo sentieri conosciuti, per troppo tempo lasciati da parte ma mai dimenticati.
Era il 24 aprile. Il loro nuovo inizio.
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"Sarà un bel casino...!" sbuffò Mika seduto al tavolo del salotto insieme a Andy studiando il piano di lavoro del compagno ed il suo, che giacevano a pochi centimetri l'uno dall'altro sul piano lucido.
I periodi di lavoro e di pause praticamente non coincidevano mai se non dalla settimana di Natale in avanti.
Mika aveva le sessioni in studio a Los Angeles e a Miami per i mesi a seguire con pause a giugno e ad agosto mentre Andy aveva in programma documentari e collaborazioni con alcuni gruppi con piccole pause fissate solo a maggio e settembre.
Da quel momento in avanti avrebbero dovuto fare i conti con le loro decisioni lavorative come mai prima di quel momento.
La scelta coraggiosa e ambiziosa di separare le proprie strade per perseguire i loro sogni avrebbe cominciato a raccogliere anche le prime rinunce e le prime difficoltà.
"Vorrà dire che invece di passare il tempo libero a Londra o in vacanza, lo passeremo dove uno dei due starà lavorando..." ragionò in modo molto semplice Andy, pensando già a raggiungere Mika nei periodi che quest'ultimo aveva impegnati e viceversa.
Il riccio rifletté un attimo "Nel mio caso sarebbe praticamente come andare in vacanza, calcolando dove lavori... Per te un po' meno...".
Andy fece mente locale poi ribatté "Vorrai mica dirmi che Los Angeles e Miami sono posti brutti??" si affrettò a ricordargli.
Il ragazzo alzò le spalle come a voler negare ma non disse più nulla.
"Non preoccuparti. A meno che non fuggi un'altra volta, e non ti conviene o non mi rivedrai mai più, direi che ce la faremo" lo tranquillizzò puntualizzando bene l'antifona e facendo assumere a Mika uno sguardo di timida colpevolezza.
I mesi di lavoro volarono ad una velocità allucinante. Spesso avvertirono la lontananza l'uno dell'altro ma entrambi i collaboratori ed i loro superiori riuscirono ad impegnargli le giornate così intensamente da lasciar loro poco tempo per pensare al loro legame oltreoceano.
Fortunatamente il periodo intriso di impegni stava quasi per terminare e Mika si trovava a Dubai per l'ultima tappa del suo turbinio di mete che lo aveva visto girare come una trottola senza sosta per lunghe settimane.
Chiuse delicatamente il menù in pelle nera e lo posò accanto al braccio sul lato destro del tavolo, affamato all'inverosimile e decisamente pronto a ordinare. Diede uno sguardo ai camerieri che velocemente si districavano tra i tavoli del ristorante, ma vedendoli tutti impegnati, si sforzò di attendere pazientemente ancora un attimo, tanto più che il suo commensale non aveva ancora finito di consultare la lista.
Per distrarsi dai borbottii del suo stomaco, che reclamava cibo a gran voce, prese un altro grissino dal cestino e sgranocchiandolo si mise a fissare insistentemente l'eterno indeciso, ancora immerso nello studio attento e dettagliato del menù, un po' per tentare con lo sguardo di mettergli pressione e porre fine all'attesa, un po' perché non aveva tanto spesso l'occasione di stare a fissare quel volto dai tratti non troppo diversi dai suoi.
"Con quegli occhiali sulla punta del naso sembri una di quelle caricature dei quotidiani di satira francesi" affermò un minuto e due grissini dopo, aprendosi in un sardonico sorriso allegro, attendendo l'occhiata che ne sarebbe conseguita una volta che il menù fosse stato riposto accanto al suo.
Mike, senza posare la lista, lasciò cadere per un istante l'attenzione dal suo scrutinio attento, portando gli occhi al di sopra delle lenti da lettura, lanciando al figlio uno sguardo perplesso, accompagnato da un sorriso divertito che aprì sul volto del 27enne un'espressione di letizia.
Dopo un'altra manciata di secondi, il capofamiglia posò il menù sopra quello del figlio e si tolse gli occhiali dal naso, andando a riporli nella custodia in pelle affusolata, che infilò poi nel taschino interno della giacca.
"Quando avrai 60 anni ne riparleremo, caro il mio sbarbatello!" tornò quindi alla battuta di poco prima, ricordando al figlio omonimo come nemmeno lui all'età di neppure 30 anni avesse bisogno di un paio di occhiali per ordinare da mangiare.
"Sbarbatello?! Papà ho quasi 28 anni...!" gli ricordò con un accento gioviale che tradiva l'espressione di velato risentimento, che si era dipinto in viso per rispondergli a tono.
"Appunto!" precisò Mike, facendo segno al cameriere, che accorse immediatamente a prendere le loro ordinazioni.
"Anche io alla tua età ero un occhio di lince, snello e capelluto..." continuò poi, elencando i pregi di gioventù ormai sfioriti con l'età, muovendo una mano dall'altro al basso per indicare la sua figura e passandosela quindi sulla nuca, dove i folti capelli scuri si erano ormai decisamente sfoltiti.
"Mi stai dicendo che tra qualche decina d'anni avrò la tartaruga al contrario e sarò mezzo pelato?" chiese con fare preoccupato, allargando gli occhi nocciola allarmato, mentre il padre alzava un sopracciglio non troppo sicuro di ciò che intendesse con la prima allusione.
"Per la tartaruga al contrario non so, ma la calvizie si tramanda geneticamente, quindi è possibile.... Ergo ti conviene smetterla di burlarti di me..." asserì concludendo la frase con un piglio soddisfatto di rivincita morale, mentre Mika si passava una mano tra i capelli inconsciamente.
Il battibecco tra padre e figlio durò fino all'arrivo degli antipasti, quando cadde sul tavolino rotondo, un silenzio impegnato che durò fino a quando anche i primi furono spazzolati dai piatti in tutta velocità.
"Non so esattamente cosa io abbia ordinato come secondo, ma se è buono come questo, può essere qualsiasi cosa che non mi interessa!" constatò Mika quando il cameriere ebbe sgomberato il tavolo dai piatti vuoti, portandosi una mano allo stomaco e lasciandosi scivolare appena sulla sedia, in una posa di completa rilassatezza.
Mike osservò il figlio, perplesso, passando distrattamente una mano a scostare le briciole di pane. "Come non sai cosa hai ordinato?" chiese pazientemente, come era solito fare con lui da piccolo quando non capiva la ragione di certi suoi comportamenti o alcuni suoi ragionamenti.
"Mah sì, non avevo voglia di leggere la spiegazione, era lunga e scritta in gergo da chef..." si lamentò, sventolando una mano in aria come a scacciare quella discussione inutile.
Mike scosse la testa, ridacchiando "Ormai con te ho perso le speranze" confessò affettuosamente, ricevendo una smorfia condita da una teatrale espressione ferita, che fece ridere entrambi.
"Comunque è bello sai, vederti così felice." Confessò d'un tratto il padre, lasciando che un sorriso carico di amore si insinuasse tra i suoi tratti e parlasse per lui.
Tra i due uomini cadde un velo di estatico silenzio improvviso.
Il ghigno scherzoso sul viso di Mika, a quelle parole si dissipò in un attimo, lasciando che solamente una minuziosa traccia restasse ad incurvare lievemente le labbra all'insù, in un'espressione di visibile stupore.
Quella piccola confessione spontanea e del tutto sincera da parte del padre lo prese incontrollabilmente in contropiede, sopprimendo ogni pensiero e ogni battuta, affiorate nella sua mente dalla spensierata chiacchierata di prima.
Quelle parole avevano un significato profondo soprattutto perché il rapporto che legava padre e figlio, non era costellato da ricorrenti sentimentalismi.
Mike con ognuno dei suoi 5 figli aveva infatti un rapporto univoco, modellato su ciascuna delle loro personalità, nel quale aveva sempre saputo dosare la giusta quantità di serietà, di giocosità, di rigore e di indulgenza che conveniva a ciascuno di loro, mutandole nel tempo, col mutare dei suoi ragazzi.
Mika era stato il figlio con cui questi cambiamenti erano dovuti avvenire più spesso per compensare i costanti e divergenti periodi della sua vita.
Per molti anni era stato uno spensierato e frizzante fanciullo, sempre sorridente e giocherellone. Poi la guerra del Golfo li aveva colti di sorpresa, e Mike era tornato a casa dopo 9 mesi di stop forzato in Kuwait, trovando una famiglia a pezzi.
Ancora se la ricordava la paura negli occhi increduli e spaventati del suo piccolino. Ancora era impressa nella sua mente la corsa frenetica tra le braccia della madre, quando gli si era avvicinato per abbracciarlo, e Mica quasi non riconoscendo quella figura così cambiata dai lunghi mesi difficili, si era allontanato, rifugiandosi nell'abbraccio di Joannie. Nei mesi che erano seguiti aveva dovuto lavorare di dolcezza, pazienza e comprensione per riconquistare quel senso di sicurezza e fiducia che erano andati persi.
La fuga a Parigi, il cambio di scuola e tutto ciò che in quel Lycée français in seguito era accaduto, avevano dapprima messo a dura prova il rapporto tra Mike e Mica, ma lo avevano successivamente fortificato per sempre, sulle note leggere e liberatorie della canzone del mago di Oz, urlata a squarciagola tra i vicoli londinesi.
Mike da quel momento era diventato il suo eroe, il gigante buono che lo aveva strappato dalle mani della strega cattiva, e che nei mesi a seguire aveva saputo essere un paziente insegnante con cui divertirsi a leggere storie di pirati o fiabe romantiche, prendendo a pugni la lentezza e la difficoltà della dislessia e trasformandola in un motore creativo tra i più potenti.
All'Idilio padre-figlio era poi subentrata l'adolescenza, e con essa l'anarchia sconclusionata di un 14enne che pur di uscire con gli amici, e andare per locali per maggiorenni, era solito calarsi dalla finestra di camera sua, mettendo in mostra un'agilità che in nessun'altra circostanza possedeva. Le battaglie e i litigi, che scaturivano dalla risolutezza con cui Mike era in grado di negargli le sue folli ed assurde avventure, erano finite per collimare fortemente con il loro rapporto e con la visione di eroico gigante buono del padre, che li aveva portati ad allontanarsi ed aveva portando Mica a distanziarsi di nuovo da lui.
Il rapporto che da quel momento aveva legato padre e figlio, era andato sempre migliorando nel corso degli anni, modellandosi attorno all'uomo che Mika piano piano era diventato, sostenendo le sue battaglie, da quelle lavorative a quelle personali con mano ferma e silenzioso ma efficace appoggio.
Il baratro nel quale l'intera famiglia era quindi caduta quel 10 ottobre, giorno del suo 60esimo compleanno, che un destino sadico aveva trasformato in uno dei giorni più orrendi della sua esistenza, non aveva risparmiato nessun componente della famiglia ed aveva trascinato ognuno di loro infondo ad un pozzo profondo di dolore e terrore da cui ciascuno di loro stava ancora risalendo, ognuno a suo modo.
Mike aveva assistito alla coraggiosa presa di posizione del figlio maggiore, che in un impeto di distaccata razionalità, aveva saputo districarsi in quel girone infernale divenuta la sua realtà. Mike sapeva quanto dura fosse stata, glielo aveva letto in quegli occhi freddi e impassibili nei giorni seguenti al dramma. Da quei giorni, la considerazione di suo figlio era cambiata. Gli aveva dimostrato che la fragilità che lo aveva attanagliato fin da bambino aveva lasciato spazio ad una personalità poderosa e ad una forza inimmaginabile. Forza che però aveva visto crollare solo poche settimane più tardi e che sapeva aver messo a repentaglio molti aspetti della vita di suo figlio.
La sua fuga improvvisa e taciuta era stata motivo di preoccupazione ed ansia ulteriore per tutta la famiglia, ma in comune accordo con sua moglie, aveva deciso di indulgere e perdonare quanto accaduto, conscio del motivo che lo doveva aver spinto a tale atto.
Quella sera vederlo così gioioso, spensierato e giocherellone, come non l'aveva visto da tempo, gli aveva provocato una stretta calorosa al cuore e una sensazione di ritrovata pace inaudita. In quegli occhi espressivi era tornato a vederci la voglia di vivere, la tenacia e la vivacità che facevano di quel ragazzo, l'anima meravigliosa che era.
"C'è stato un momento, nei mesi scorsi, in cui guardandoti negli occhi ho temuto seriamente di non rivedere mai più questo Mika." Ammise lasciando che i ricordi cupi si impossessassero di lui per un istante e andassero ad accentuare le rughe d'espressione attorno agli occhi scuri.
"Ho temuto che quella notte avesse distrutto il fanciullo che c'è in te, lasciandoti in eredità solo l'uomo impassibile e imperturbabile." Continuò, sistemandosi meglio il tovagliolo sul completo di gessato grigio, evitando di confessare quei suoi timori dritto negli occhi di suo figlio.
"Ma adesso mi sto rendendo conto che è la fragilità che hai sempre avuto, la tua vera forza. La sai mettere da parte, quando serve sai diventare un leone, ma fa parte di te ed è la cosa più preziosa che hai, perché ti permette di rimanere sempre un po' bambino e ricordarti cosa sia la felicità, quella vera, quella delle piccole cose." Mentre parlava, Mike in volto aveva quel sorriso innamorato di un padre che si riflette nel suo riflesso fatto carne, con orgoglio e con fierezza, riconoscendo la preziosità del bambino che ha cresciuto.
Mika, ad ogni parola pronunciata con lentezza e trasparenza dal padre, sentiva una stretta al cuore farsi sempre più forte ed una piacevole sensazione di sfarfallio allo stomaco pervaderlo. Quello sfarfallio, comprese, era lo stesso che riusciva a fargli provare Andy, la sensazione di essere amato sopra ogni cosa.
Percepì gli occhi inumidirsi e pizzicare e velocemente portò una mano in viso, fingendo indifferenza, trascinando con sé la lieve traccia umida.
"Tutti i grandi sono stati bambini una volta..." pronunciò quindi piano, con una voce che tradì un leggero tremolio.
Mike sorrise, quasi commuovendosi a sua volta, riconoscendo la citazione di quel libro che con Mica da bambino aveva consumato, a furia di leggerlo, e che più volte avevano messo in scena, impersonando lui l'aviatore e il figlio il piccolo principe.
"...ma pochi di essi se ne ricordano." Aggiunse poi, andando a concludere la frase, lasciata a metà e aprendosi in un sorriso che si rifletté quasi identico nello stesso istante.
Solo gli sguardi rimasero a parlare per un lungo istante, poi quando Mika sentì di potersi permettere di parlare senza tradire la sua emozione, approfittò di quella circostanza inusuale ma tremendamente piacevole e si lasciò andare ad un'espressione di riconoscimento profondo attorno al quale si era spesso ritrovato a rimuginare, senza però tesserlo mai a parole.
"Ci hai mai pensato papà...? Yamine è un'illustratrice, Paloma una stilista, io un musicista, Zuleika studia design di gioielli e Fort vuole fare architettura. Su 5 figli, 5 artisti, o futuri tali..." spiegò con calma, contando con le dita della mano ognuno di loro, osservando quindi la mano aperta davanti a sé.
Mike annuì.
"Non è un caso se tutti noi sentiamo il bisogno di costruirci una vita nell'arte. L'arte è libertà di essere e libertà di espressione incondizionata. Tu e la mamma ci avete insegnato a mettere da parte la paura e rincorrere i nostri sogni... come l'aviatore.
Se c'è qualcuno di cui devi essere fiero, questi siete voi due."
Concluse incurvando le labbra in un tenero sorriso. Si sentiva strano, si sentiva quasi fuori posto a fare un discorso del genere al suo stesso padre, con cui in 27 anni non si era mai addentrato neppure lontanamente in una discussione simile, ma sentiva in cuor suo che quello era il momento giusto per un'esternazione di quel tipo. Era certo che se avesse taciuto in quell'istante, quelle parole non le avrebbe mai più trovate.
Mike abbassò gli occhi, quando il figlio concluse il suo conciso ragionamento, passandosi una mano in viso, cercando di non dare a vedere l'effetto sconquassatore di quella semplice costatazione, certo che in ogni caso all'acume di Mika non sarebbe passato inosservato.
"Non so che dire..." ammise dopo un momento, schiarendosi la voce ed alzando il capo, incontrando finalmente i vivaci occhi nocciola. Mika gli sorrise, quasi a volerlo incoraggiare. "Non ce n'è bisogno" scosse poi la testa, mettendo in chiaro come non fosse necessario andare oltre.
Rimasero a lungo in silenzio, risentendo nella mente ed incidendo a fuoco l'eco di quei sentimenti, palesati per la prima volta, e chissà, forse anche l'ultima in una vita intera, fino a quando il cameriere non arrivò con i secondi e Mike decise di mettere fine a quell'atmosfera ovattata, allungando il collo per cercare di capire cosa il figlio fosse riuscito ad ordinare.
"Hai preso il filetto con datteri e pistacchio a quanto pare" disse riportando la conversazione su temi più rilassati. "Ed è una buona cosa?" chiese incerto Mika, schiarendosi a sua volta la voce e infilzandone un pezzetto con la forchetta, tagliandolo elegantemente con il coltello.
"Ottima" affermò con un cenno del capo al figlio, che scoccò un sorrisone compiaciuto "Vedi pa', non mi serve leggere tutta quella pappardella insensata... L'istinto mi guida sempre con una certa classe!" si vezzeggiò muovendo la forchetta con fare da chef aristocratico, riportando la vivacità in quella serata dalle confessioni intense e inaspettate.
Il cellulare di Mika si intrufolò nel battibecco e il ragazzo, notando il nome del compagno, si scusò con il padre e rispose.
Mike intuendo dal discorso l'interlocutore, mimò con le labbra un "salutamelo", a cui seguì il telefono passatogli direttamente nelle sue mani.
"Andy ciao!" salutò il genero, iniziando subito dopo a parlare dell'ultima partita amichevole della nazionale inglese, che si era battuta proprio con la nazionale greca, stracciandola.
Dopo quasi 5 minuti di discussioni calcistiche ininterrotte, Mika sbuffò e avvicinandosi al telefono, ancora nelle mani di Mike, si lamentò accertandosi che entrambi sentissero.
"Andy, piantala! Papà, ridammi il telefono!" I due tifosi scoppiarono in una risata, poi Mike salutò il ragazzo e ridiede il cellulare al figlio, che a sua volta salutò Andy e chiuse la chiamata.
"Quanto mai mi è saltato in mente di farvi parlare, voi due. Ma che poi siete monotoni, sempre e solo calcio. Eccheppallee!" si lasciò andare rimettendo il cellulare nella tasca dei pantaloni e facendo ridere il padre di gusto.
"Fattene una ragione Mika. Sei tu quello strano a cui non piace, non noi..." lo rimbeccò con fare di scherno, a cui seguì una smorfia del più giovane.
La serata proseguì in armonia, tra battibecchi e consigli lavorativi, la notte dormì a casa di Mike e la mattina dopo lo accompagnò all'aeroporto.
"Salutami tutti a casa e dì a Andy che comunque al 34esimo non era fuorigioco!" gli disse in ultima battuta, aiutandolo a scaricare la valigia dall'auto e dandogli una pacca affettuosa sulla spalla, fuori dall'area partenze.
Mika alzò gli occhi al cielo sbuffando "Ciao papà!!" disse con un mezzo ghigno, mettendolo a tacere e salutandolo con un abbraccio.

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Two of a kind
FanfictionLa Mikandy più lunga che sia mai stata scritta. La loro vita raccontata dagli albori fino al 2015. 1000 pagine di word, 200 capitoli, 4 anni e mezzo di pubblicazione. Andò a posare le mani sulle sue ginocchia, accucciandosi di fronte a lui, cercan...