Il libanese di voltò verso Doriand con un sorriso. "È meravigliosa" si espresse il più grande, replicando il suo stesso sorriso.
Mika tornò a portare l'attenzione sul pianoforte e lasciò che i suoi pensieri venissero alla luce: "Christian aveva ragione... Un'altra volta!"
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Quella sera dopo la lunga sessione di scrittura, Mika sentì il bisogno di concedersi una libera uscita solitaria in un bar dove trovare possibilmente una buona birra con la quale annebbiare la sua coscienza appesantita dalla giornata appena trascorsa.
Nel percorso in taxi che lo condusse verso l'hotel, vide una stradicciola non troppo trafficata che l'autista aveva imboccato per bypassare un ingorgo e in una frazione di secondo decise di cambiare meta, facendosi lasciare dall'uomo pochi metri più avanti.
Le strade della capitale francese erano illuminate dalla luce rossastra del carro di Apollo ormai giunto a destinazione per quel giorno, intrise da un velo freddo dell'inverno rigido parigino, che una volta perso il suo tepore pomeridiano, era tornato a farsi vivo.
Mika si strinse meglio nella giacca e aumentò la velocità dei suoi passi, osservando le punte brillantinate delle sue sneakers contrastare pesantemente il grigiore dei cubetti di cemento di cui il marciapiede era costellato.
Percepì chiaramente un'aura insolita pervaderlo, quella malinconia francese di cui tanto avevano parlato i poeti maledetti, la stessa che tornavano a romanzare sporadicamente anche certi cantori del paese francofono con rime più moderne ma dal gusto ugualmente amarognolo.
Passeggiando immerso in quella atmosfera mesta dai tratti scarlatti, si ritrovò senza rendersene conto davanti ad un minuscolo bistrot dall'aria non troppo moderna.
La scritta in neon giallo spiccava in centro ad un'insegna rossa, decorata con altri alquanto insignificanti neon fuxia ad incorniciarla.
"Bistrot 82" Mika storse appena il naso leggendo le lettere in corsivo che campeggiavano fiere sopra la sua testa.
Odiava la banalità e la scontatezza e quel nome ne era un chiaro esempio.
Nonostante la riflessione negativa, Mika decise che quello sarebbe stato il posto perfetto dove annegare le sue emozioni cupe nell'alcol. In quel posto sicuramente non avrebbe trovato giovani fan o coppie con bambini urlanti, di cui quella sera sentiva di non aver per nulla bisogno.
Il tintinnio del campanellino posto sopra la porta lo accolse nella minuscola saletta arredata con anonimi tavolini ammucchiati scompostamente. Sospirò facendo una veloce ricognizione e decidendo quindi di optare per uno degli sgabelli in plastica posti a ridosso del bancone, in fondo all'angolino lontano dall'entrata.
Dopo essersi tolto la giacca ed averla posata accanto alle gambe, alzando di poco lo sguardo ordinò una media rossa alla cameriera apparsagli giusto di fronte dal lato opposto del bancone, per poi volgere l'attenzione distrattamente al canale musicale che trasmetteva una vecchia hit di Britney Spears.
Quando il boccale di birra gli comparve davanti, posato meccanicamente dalla ragazza, lo prese tra le mani e senza rendersene conto lo svuotò in pochi attimi.
"Un'altra per cortesia" chiese non appena la giovane commessa ritirò il boccale vuoto dal bancone con uno sguardo retorico.
"Sono solo le 7 e un quarto di sera... Di questo passo alle 8 uscirai da qua strisciando." Lo ammonì in tono scherzoso con una leggera inflessione di rimprovero, spillando la seconda birra media al ricciolino che aveva davanti.
"Se anche fosse?" Mika ad una battuta del genere in un giorno qualunque avrebbe risposto con un sorriso ed un'arguta esclamazione ironica, ma quella sera non era in vena di scherzare.
La ragazza si spostò una ciocca di capelli scuri dietro l'orecchio porgendogli il boccale pieno, poi con sua somma sorpresa gli si parò davanti osservandolo in modo insistente.
"Dio fa che non mi abbia riconosciuto" prego mentalmente figurandosi già di dover lasciare il suo angolino tranquillo per poter aver pace altrove.
"Se anche fosse sarebbe un peccato che un giovanotto come te si riducesse ad uno straccio in questa bella giornata di inverno" asserì la cameriera con sfacciata spontaneità, aprendosi in un dolce sorriso, in cui Mika lesse la stessa malinconia che contraddistingueva la sua realtà.
Per un attimo il libanese non rispose, temendo che la ragazza ci stesse provando con lui e volendo evitare di doverle dare un due di picche poco più tardi.
"Non fare quella faccia, non ci sto provando con te!" lo precedette però con suo sommo stupore, tanto che Mika si chiese se non avesse espresso i pensieri a parole, per aver ricevuto una risposta esattamente in linea con i suoi ragionamenti.
"Mi sto solo chiedendo cosa spinga una persona come te a volersi perdere nell'alcol un anonimo mercoledì sera di gennaio, in una città così bella." Continuò spiegando le sue innocenti intenzioni e facendo tornare l'attenzione del moro su di lei.
Mika stava soppesando ognuna delle sue parole, cercando di capire e soprattutto di capirla. "Com'è esattamente una persona come me?" chiese quindi, curioso di sapere come la parigina lo avesse delineato nella sua mente.
La giovane sorrise emettendo una breve risata spensierata "Beh è una persona affascinante, secondo me un po' sognatrice, quasi certamente perfezionista e testarda..." disse accatastando aggettivi apparentemente casuali ma sorprendentemente azzeccati "...che stasera per qualche motivo è malinconica e triste, con qualcosa da dimenticare." Concluse ricevendo uno sguardo sbigottito da parte del riccio a quella descrizione fin troppo realistica di sé stesso.
"Dalla tua faccia direi che ci ho preso" tornò alla ribalta dopo pochi attimi trascorsi a dare il resto ad un cliente in uscita.
Mika continuò a sorseggiare la sua birra senza rispondere, lasciando alla logorroica cameriera spazio ulteriore per intingere l'aria di un'altra pennellata di parole.
"Io sono Karen" se ne venne fuori ad un certo punto del tutto spontaneamente, allungando perfino la mano verso di lui. Il cantante spostò l'attenzione dal suo boccale alla mano tesa, incerto sul da farsi, decidendo di accontentare la moretta e unire la sua mano in una stretta flebile solo dopo qualche istante.
"Mika..." per un attimo aveva pensato di dissimulare ed inventarsi un nome finto, ma la sua testa già partita lievemente per la tangente, gli comunicò di non perdersi in inutili congetture e pronunciare il suo nome reale.
"Bel nome..." commentò solamente Karen prima di allontanarsi ad accogliere una coppia sui 60 anni appena comparsa all'entrata.
Mika scosse la testa ancora confuso da tanta confidenza e vivacità, tornando al canale tv dove in quel momento Vanessa Paradis stava intonando una struggente ballata francese.
"Cosa ti porta qui a Parigi?" la voce acuta della cameriera tornò nuovamente a farsi spazio nel locale, raggiungendo le sue orecchie e facendo sì che la sua attenzione si spostasse ancora una volta dalla tv ai tratti sorridenti della francese.
Mika si prese un attimo per rispondere, chiedendosi come la ragazza avesse capito la sua estraneità alla città. "Hai un accento strano" spiegò di nuovo come ad avergli letto dentro.
Il giovane trasse un respiro e poi rispose in maniera distaccata con un "Lavoro" che lasciava trapelare la sua scarsa inclinazione al dialogo.
Karen però non si perse d'animo. "E che lavoro fai? Uno come te ce lo vedo a fare l'artista" continuò indagando ulteriormente nella vita del libanese.
Mika per un attimo pensò di finire la birra velocemente e lasciarsi quella curiosa giovane donna alle spalle, ma troppo stanco per tornare a casa in quel momento, decise di assecondarla di nuovo.
"Scrivo canzoni" disse solamente, citando l'occupazione che in quei giorni l'aveva tenuto maggiormente al lavoro.
La ragazza a quell'uscita sgranò gli occhi. "Ma daaai! Che bello! Io invece canto... Ma lo faccio qui al locale per animare un po' le serate, nulla di importante." Disse con nonchalance. "La mia vita è molto più noiosa nella tua, ci scommetto quello che vuoi" gli confidò con una serenità da fare invidia ad un bambino.
Mika alzò gli occhi su di lei incuriosito mentre quest'ultima riprendeva "La vita è quello che è... Devi prendere ciò che hai e farne tesoro..." asserì con un sorriso dolce.
"Ho 26 anni e da quando ne ho 16 lavoro qui. Fare la cameriera non è un gran lavoro sai... Però ha i suoi lati positivi" confessò appoggiando i gomiti al bancone e osservandolo attentamente. "Si possono incontrare persone interessanti" disse rivolgendo uno sguardo eloquente nella sua direzione.
Mika si fermò un attimo riflettendo a fondo su quelle parole. Quella ragazza lo trovava interessante pur non sapendo nulla di lui e vedendo davanti a sé solamente un giovane che quella sera portava avanti intenzioni poco nobili come il volersi perdere nell'alcol per dimenticare.
"E se la vita che hai non ti piace al 100% puoi sempre sognare..." continuò imperterrita con una punta di gioia nella voce.
"Parigi è una città così grande e così bella, c'è spazio per una vita da sogno per ciascuno di noi..." ammise facendo saettare le sue iridi scure fuori dalla porta del locale, dove le luci crepuscolari disegnavano ombre lunghe e distorte sui marciapiedi.
"Bisogna credere che un giorno si arriverà dove si vuole. Magari non ci si riuscirà ma almeno la speranza avrà portato un sorriso in un momento triste... Io voglio essere una star un giorno! Me lo ripeto sempre... Anche nelle serate in cui canto davanti a quattro ubriaconi sessantenni, mi immagino di aver davanti una folla che grida il mio nome e mi acclama. Sai... fa stare bene..."
Disse mentre sulle sue labbra rosse si disegnava un sorriso melanconico, accentuato dalla musica soffusa che dalle casse del bar risuonava nell'aria.
Mika a quella parole abbassò gli occhi sui rimasugli della sua birra scura pensando profondamente e dandosi dell'idiota.
Il sogno di una vita che quella giovane cameriera di nome Karen gli stava raccontando con speranza e triste consapevolezza, corrispondeva invece alla sua realtà, una realtà che quella sera stava cercando di annegare in un paio di birre.
Lei non aveva nulla, solo un misero lavoro ed un sogno troppo grande, ma sulle labbra dipinte, un sorriso da fanciulla le donava tutta la bellezza che era capace di trovare dentro di sé.
Lui al contrario aveva tutto, aveva il suo sogno tra le mani, sbocciato da anni di sacrificio nel lavoro della vita, e aveva un sorriso da principe nascosto però dietro ad un velo di tristezza che impediva alle sinuose labbra di distendersi e mostrare al mondo la riconoscenza verso quella vita che aveva tanto voluto.
Lui era imprigionato nella sua vita edulcorata e cercava un via d'uscita dal castello dorato dove si sentiva rinchiuso, lei invece... Lei invece in quel modesto e a tratti decadente bistrot in una via periferica di Parigi era capace di sognare ed essere leggera... Lei sì, era libera.
Nella sua mente gli tornarono a far capolino le parole con cui aveva iniziato una delle canzoni incise nel suo secondo album, si sentiva come quel ragazzo viziato e insoddisfatto che aveva descritto nell'incipit di "Blame it on the girls".
"Sei una gran bella persona lo sai?" le parole che uscirono dalla bocca del libanese spontaneamente per la prima volta in quella serata fecero spuntare un sorriso radioso e sincero sul viso pallido di Karen.
"Per così poco..." fece spallucce lei spostandosi a servire un gin tonic ad un signore. "Potresti scrivere una canzone" gli si rivolse dal centro al bancone lasciandogli un veloce occhiolino, richiudendo intanto la bottiglia e riponendola sullo scaffale lucido a cui arrivò alzandosi sulle punte.
A Mika quella semplice provocazione nata senza alcuna pretesa fece sbocciare il primo sorriso sincero della serata.
"Hai sorriso finalmente!" si rallegrò Karen a quella reazione inaspettata "Dovresti farlo più spesso, ti dona sai..." si lasciò andare, esprimendo con genuinità le sue riflessioni e facendo arrossire il cantante.
Per nascondere la comparsa del rossore sulle gote il ragazzo si portò la birra alla bocca, finendo con un paio di ultimi sorsi il liquido scarlatto, poggiando quindi il boccale vuoto sul bancone.
La ragazza lo prese servizievolmente dalle sue mani e lo ripose nel cestello dei bicchieri da lavare sotto lo sguardo attento di Mika poi si voltò e aperto lo sportello del frigorifero estrasse una boccetta di liquido rosso e lo versò in un bicchiere, facendolo finire un secondo dopo sotto il suo naso.
"Prima che ti venga sete di nuovo..." disse Karen "non voglio servirti un'altra birra, il succo di melograno è più buono" spiegò il gesto con una semplice frase.
Mika la osservò in cerca di una spiegazione a quella presa di posizione ma ancora una volta la cameriera lo anticipò. "Se poi ti ubriachi come farai a scrivere la tua canzone su di me... finiresti per dimenticare perfino di essere passato di qui stasera" confessò la giovane con un piglio scherzoso.
Il riccio scosse la testa sorridendo ancora una volta preso in contropiede dalla schiettezza della parigina, poi avvicinò il bicchiere alle labbra e assaporò il liquido dolce, socchiudendo gli occhi alla nota aspra che avvertì poco dopo.
Non seppe nemmeno come finì per trovare in quella bevanda la metafora della sua vita, ma rimuginando capì come quella nota aspra fosse in realtà una condizione indispensabile nella costante dolcezza del cammino, per poter rendere il tutto meno scontato.
"Grazie" pronunciò flebilmente verso Karen, passando un dito sul bordo del bicchiere e osservando ancora l'aura radiosa di quella sconosciuta che in meno di un'ora gli aveva praticamente raccontato la sua vita.
"Non c'è di che" rispose lei con gioia e uno stupendo sorriso dei suoi.
Vedi... Stasera in questo locale poteva capitare un vecchio frustrato che avrebbe finito per urlarmi contro le peggio cose al mio rifiuto dell'ennesima birra e invece mi sono trovata a raccontare la mia vita ad un timido ragazzo triste che alla fine della serata mi ha donato il suo splendido sorriso davanti ad un bicchiere di succo di melograno."
Mika sentì gli occhi pizzicare a quella ultima sincera confessione, trovandosi a riflettere ancora una volta sulla strabiliante saggezza di quella cameriera appena più giovane di lui e con tutta una vita dura davanti.
Probabilmente era destino che quella sera finisse proprio in quell'anonimo bistrot all'82 rue des Martyrs.
"E io potevo rintanarmi in un qualche pub giusto una decina di metri più avanti, finendo per uscire strisciando proprio come hai detto tu un'ora fa. Invece qui ho incontrato te." Si aprì spiccicando finalmente una frase intera e più lunga di cinque parole messe una di fila all'altra per pura cortesia.
Fu il turno della ragazza quella volta di arrossire. "Questo è il ringraziamento più bello" si lasciò andare in un sussurro la logorroica Karen.
Mika finì con calma il suo succo al melograno mentre la cameriera si occupava di un gruppo di ragazzi appena entrati in massa nella minuscola saletta, poi decise di tornare definitivamente verso l'hotel e possibilmente andare a coricarsi ad un orario decente.
Prima di uscire dal locale però, oltre a lasciare sul bancone una cospicua mancia ad accompagnare i soldi delle consumazioni, attese che Karen tornasse verso il bar e riscaldato nuovamente dal suo sorriso, divenuto per un attimo malinconico, le rivolse un sentito "Grazie di tutto Karen!" prima di stringerle di nuovo la mano e prendere la via della porta.
Karen ha 20 anni, sì ma Karen non ha nient'altro e il tempo si defila già tra le sue dita.
Appoggiata al bancone del bar sulla rue des Martyrs al numero 82 Karen fa il bilancio della sua vita.
Vorrebbe una vita migliore di quella dei suoi fratelli e sorelle che hanno abbandonato i loro sogni.
Karen dice che Parigi è grande e che c'è un'altra vita che la attende, dice che non la getterà al vento.
Karen si tinge le labbra di rosso e balla, dice che andrà meglio, Karen se ne frega. E' libera... è libera!
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Two of a kind
FanficLa Mikandy più lunga che sia mai stata scritta. La loro vita raccontata dagli albori fino al 2015. 1000 pagine di word, 200 capitoli, 4 anni e mezzo di pubblicazione. Andò a posare le mani sulle sue ginocchia, accucciandosi di fronte a lui, cercan...