A million pieces on the floor

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Erano già le 8 di sera, e lui non era ancora uscito da quella stanza da quando vi aveva messo piede alle 9 di quella mattina.

Si chiese se non avesse fame, sete, sonno. Se non avvertisse il jet-lag. Tentò di domandargli qualcosa, ma non ricevette nulla se non un veloce cenno di diniego con una mano.

Lo lasciò fare, tornando ai suoi affari, lasciandolo creare.

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Andy si coricò alle 10 della sera, cercando di dormire per essere attivo l'indomani mattina presto. Aveva mandato alcuni messaggi a Mika e lo aveva chiamato innumerevoli volte ma il suo cellulare risultava sempre staccato.

Un po' preoccupato, spedì un ultimo messaggio oltreoceano e sperando di svegliarsi con una risposta, si abbandonò tra le braccia di Morfeo.

Quando la sveglia alle 6 puntuale suonò, Andy si stropicciò gli occhi e per prima cosa controllò il cellulare. Nessun messaggio, nessuna chiamata.

Sbuffò e felice di tornare al lavoro si vestì uscendo poi di casa direzione aeroporto.

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Mika uscì dallo studio dopo 35 ore ininterrotte di sessione e lo fece su forzatura di Nick.

Senza nemmeno rendersene conto, in poche ore aveva scritto due canzoni. Due canzoni dopo un anno e mezzo di vuoto.

Erano le 8 di sera. Da due giorni non dormiva e in due giorni aveva mangiato solo un paio di sandwich comprati alle macchinette e bevuto un paio di bottigliette di acqua.

"Non voglio vederti qui prima di domani pomeriggio." gli intimò Nick uscendo dallo studio e trascinandolo fuori.

Il riccio con ancora la valigia a seguito, si fece accompagnare a casa dall'amico musicista e come mise piede nell'appartamento, crollò addormentato.

Dormì quasi 15 ore di fila e una volta sveglio, si preparò un'abbondante colazione/pranzo e a mezzogiorno e mezzo uscì di casa, con la testa già immersa appieno nei programmi artistici della giornata a venire.

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Andy in Grecia invece aveva fin da subito cominciato il lavoro a ritmi serrati. Aveva un mucchio di cose da recuperare e Thyrsos aveva saputo come occupargli interamente le giornate. Quando a sua volta rientrò nella bella casetta vista mare e controllò il cellulare, trovò due chiamate senza risposta.

Sorrise. Finalmente c'erano novità.

Quando aprì la rubrica e trovò il nome di Yasmine e quello di Fortuné tra le chiamate perse si preoccupò e immediatamente premette il dito sul nome della cognata.

"Ciao Andy! Scusa se ti disturbo, so che sarai impegnato." iniziò la ragazza, accettando la chiamata al secondo squillo. "Ma sai per caso che fine ha fatto Mika?" chiese arrivando dritta al punto.

Il greco sospirò andando ad appoggiare la borsa sul tavolo del salotto, era la stessa domanda che voleva porle anche lui.

"Non ha chiamato nemmeno voi?" chiese per prima cosa, cercando di capire quante informazioni utili potesse ricevere dalla cognata, ricevendo in risposta una negazione chiara e risoluta.

"Ha preso un aereo ieri mattina, ha detto che voleva andarsene e trovare qualcuno con cui lavorare" spiegò il ragazzo, mettendola al corrente delle uniche informazioni di cui lui stesso era stato messo al corrente da Mika durante l'ultima serata che avevano trascorso insieme a Londra.

"Sì, sì! Della partenza qualcosa mi ha accennato con un messaggio ieri sera!" blaterò la sorella concitatamente, mettendo da parte subito quell'informazione nella sua testa, e cercando di capire di più di ciò che invece già sapeva.

"Ma dove diamine è andato?!" chiese stavolta in un tono seccato che Andy comprese e appoggiò appieno.

Il biondo si passò una mano in viso. "Io credo sia in America ma non mi ha..." rispose con calma tentando di spiegare quanto aveva intuito dalla conoscenza delle consuetudini lavorative del riccio, ma venne interrotto.

"Credi?? Non ha detto dove è andato nemmeno a te??" chiese di nuovo, alzando il tono della voce.

Andy si morse un labbro. Yasmine faceva quasi paura. Gli sembrava di aver a che fare con la versione femminile doppiamente nevrotica di Mika durante i suoi momenti peggiori.

"No. Aspettavo di chiederglielo quando lo avessi sentito dopo l'atterraggio ma non ha mai risposto né ai messaggi né alle chiamate." affermò iniziando seriamente a preoccuparsi di quel silenzio prolungato e diffuso.

Ci fu un attimo di silenzio. "Spero per lui non gli sia successo nulla, ma se così dovesse essere ti assicuro che non so se lo vedrai vivo se capita sotto le mie mani!" si infervorò comprensibilmente la sorella che non riusciva a comprendere il motivo di tale disinteressamento.

Una risata stridula uscì dalla bocca del giovane, forse per sdrammatizzare la preoccupazione del momento, forse come reazione alle parole dure e decisamente minacciose della maggiore dei Penniman.

"Il primo che sa qualcosa avvisa, ok?" chiese poi Yasmine in ultima battuta, ricevendo una risposta in assenso dal greco.

Quando Andy lasciò il telefono dopo quella chiamata, si fermò per un attimo a pensare. Lui non era una persona pessimista o catastrofista, ma quel silenzio improvviso, lo stava seriamente iniziando a mettere in difficoltà. Riprovò di nuovo a chiamare il suo ragazzo ma la segreteria spezzò di nuovo le sue speranze.

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Mika per quei giorni, preso dalla sua creatività ritrovata, aveva completamente dimenticato di vivere in un mondo che comprendesse altri individui che non fossero i suoi collaboratori artistici.

Circondato e immerso nella musica, nelle mille sensazioni ed emozioni che erano tornate a fargli visita, dopo mesi di forzata repressione, si trovava in quelle ultime ore in un costante stato di flow, in cui l'estasi creativa aveva preso il sopravvento ed il controllo del suo corpo e della sua mente facendo sì che gesti e pensieri si intrecciassero e lavorassero in un'armoniosa pace, dentro la quale era in grado di creare magia, incanto e poesia senza sforzo né fatica alcuna.

Il suo genio, spogliatosi della sua concretezza terrena, vagabondava libero per quell'universo effimero e spirituale nel quale frammenti e schegge di melodie, armonie, parole, rime, immagini e colori, galleggiavano sparpagliati, giocando ad incrociarsi, fondersi, e poi di nuovo perdersi nell'aere.

L'io artistico ed estroso di Mika saltellava qua e là, come il Piccolo Principe nel suo incantato universo e si divertiva afferrando armonie, mescolandole con le rime, intrecciandole con le figure e plasmando nuove entità.

Non c'era pressoché nulla di materiale ad invadere il suo microcosmo se non gli strumenti musicali con in quali dava voce alle sue creazioni e le miriadi di fogli e colori sparsi in ogni dove.

Non aveva né il tempo né le energie da spendere in distrazioni di sorta. Il suo estro artistico aveva momentaneamente sbattuto la porta in faccia al suo gemello razionale, lasciandolo deliberatamente chiuso fuori da quel castello fatato.

Proprio per questo motivo il riccio si ricordò di possedere un cellulare solamente quando Nick gli chiese il contatto di un suo amico produttore con cui aveva intenzione di lavorare.

Recuperato il suo iphone, ormai praticamente scarico, dalla tasca del suo cappotto, come lo accese il piccolo aggeggiò nero iniziò a trillare così insistentemente, che si trovò costretto a dover impostare la modalità silenziosa per non disturbare, aspettando che la marea di notifiche si placasse.

Quando finalmente riuscì a poter accedere all'app dei contatti, cercò il numero dell'amico da dare a Nick e poi, chiusa la rubrica, notò sopra le icone colorate, le palline rosse allungate a segnare numeri a due, talvolta anche a tre cifre. Aprì i messaggi e fece scorrere velocemente le nuvolette grigie che si moltiplicavano sotto i suoi occhi.

Il suo cervello si rifiutò di andare a leggere tutte quelle miriadi di parole, così, notato come la richiesta principale di tutti, fosse di avere sue notizie, selezionò tutti i contatti a cui doveva rispondere e li liquidò con un telegrafico "Tutto bene. Lavorando." prima di riporre il cellulare in silenzioso a schermo in giù sul tavolino e tornare a quella strofa lasciata a metà, prima che le rime che aveva composto un attimo prima, e non ancora messo nero su bianco, svanissero dalla sua mente definitivamente.

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Andy, Yasmine, Paloma, Mike, Fortuné, Joanie, Zuleika, il suo manager, la sua casa discografica e tutti i suoi amici, ricevettero lo stesso messaggio veloce e disinteressato da parte di Mika, che li portò a reagire in differenti maniere.

La madre prese tra le mani il cellulare ed immediatamente chiamò il figlio più volte senza mai ricever risposta, Yasmine e tutta la famiglia Penniman provarono a loro volta, senza nessun risultato.

Andy scorse il messaggio quasi un'ora dopo, troppo sommerso dal lavoro e come vide le semplici parole aggrottò le sopracciglia, sbuffando seccato e incredulo.

Non gli era successo nulla apparentemente. Quella era una buona anzi, un'ottima notizia.

Quello che però a quel punto Andy era curioso di sapere, erano i motivi per cui ci avesse messo praticamente tre giorni a inviare uno stupidissimo messaggio come quello.

Cercò di chiamarlo, ma non ricevette risposta, così, speranzoso provò a interpellare Yasmine, ricevendo solamente un'altra dose di risposte furenti da parte della cognata.

Quella situazione surreale, si protrasse per 10 giorni. In quel lasso di tempo, l'unico segno di vita da parte del libanese era stato quell'insignificante messaggio, mandato in tutta fretta e senza il minimo interessamento.

Erano le 9 della sera quando il cellulare di Andy, che se ne stava sdraiato sul divano dopo la stancante giornata, squillò.

Lo prese tra le mani aspettandosi di trovare ogni mittente possibile tranne quello.
Per i 5 giorni successivi al messaggio di Mika, Andy aveva atteso con trepidazione ogni attimo libero, sperando si facesse vivo e gli spiegasse.

Successivamente però, aveva iniziato a provare un moto di rabbia sempre più forte e incontrollata verso colui che stava iniziando a reputare un grandissimo egoista ed ingrato.

Mika, per due settimane era stato completamente fagocitato dallo studio e dal buco nero della sua altra metà di anima da cui era stato risucchiato. Per due settimane non si era curato di niente e di nessuno.

Non gli era mai balenata in testa l'idea di chiamare casa ed avvertire, di chiedere i progressi di sua sorella o parlare con il suo compagno in Grecia.

Niente.

Semplicemente entrava in studio prestissimo la mattina e vi usciva a notte fonda, quando non dormiva direttamente sui divanetti delle salette, completamente dimentico del cellulare, che per non disturbare e creare fastidiosi rumori con le interferenze, giaceva spendo per tutto il tempo.

"Pronto" rispose Andy freddo e distaccato quando finalmente, dopo una mezza dozzina di squilli e quasi controvoglia, si era deciso ad accettare quella chiamata.

Dopo tutti quei giorni e l'immensa preoccupazione che gli aveva dato, non aveva per nulla intenzione di fargliela passare liscia tanto facilmente, e neppure di dosare i termini e i modi.

Mika dalla voce e da quella risposta avvertì immediatamente il tono del compagno e si morse un labbro chiudendo gli occhi.

Se lo meritava, completamente.

"Andy... ciao." disse titubante girandosi tra le dita lo stelo di un ranuncolo raccolto dal bouquet in mezzo al tavolo, cercando di far funzionare il suo cervello come doveva e non dire cose insensate, avvertendo nel mentre il cuore che piano accelerava i battiti.

La consapevolezza si fece strada dentro di lui.

Ci fu un breve istante di silenzio dall'altro lato della cornetta "Ma guarda un po' chi si rifà vivo...!" lo schernì quindi il greco a denti stretti, cercando di mantenere un minimo di calma e non alzare troppo i toni, per il momento.

Mika cercò di dosare le emozioni ed evitare di farsi prendere dall'angoscia per quelle parole taglienti, conscio di aver fatto una enorme cavolata e di trovarsi quindi in una situazione alquanto scomoda.

"Sì... io... scusa...." disse semplicemente, sperando con tutto sé stesso che la comprensione onnipresente di Andy facesse il resto o almeno contribuisse.

Ma non gli ci volle che un secondo per capire che quella volta così non sarebbe stato.

"Scusa??! Mi prendi per il culo?!" sbottò infatti il greco, alzandosi dalla sedia su cui era seduto e cercando di trattenere la rabbia sotto controllo ancora per un poco.

"Sì hai ragione..." sussurrò Mika flebilmente, sapendo di trovarsi in un'enorme posizione di torto e non poter fare altro se non assecondare Andy. Era sparito dalla circolazione senza dare sue notizie per 15 giorni... Cosa si aspettava?

Andy a quella risposta insignificantemente assertiva non ci vide più e lasciò spazio alle sue emozioni dirompenti: "HO RAGIONE??! MIKA PORCA TROIA!!!!!" tuonò furente come forse mai lo era stato in vita sua.

"DUE settimane. Due cazzo di settimane senza che sapessimo se fossi vivo o morto!!!" gli rinfacciò perdendo la pazienza e mettendo da parte la comprensione delle ragioni che lo avessero spinto ad agire in quel modo.

"Mi spieghi cosa diamine ti è preso eh??!" chiese furibondo, mentre dall'altra parte regnava un comprensibile quanto snervante silenzio.

Ad ogni parola infuriata di Andy, a Mika si gelava sempre più il sangue nelle vene. Aveva fatto una enorme cavolata, e solo in quel preciso istante se ne stava seriamente rendendo conto.

"Io... Sono tornato a scrivere Andy" gli rispose francamente, con l'unica verità che conosceva, sperando che quella notizia che tanto aveva atteso, mitigasse un po' la sua arrabbiatura stratosferica.

"E questa sarebbe la tua scusa??!" sbottò però di nuovo il greco, senza una parola di conforto o di gioia per quella sua strada ritrovata.

"No... O meglio sì..." cercò di spiegare Mika, trovandosi a faticare con le parole. "sai che io mi perdo nel mio mondo quando..." tentò di continuare ma il biondo prese a parlare sopra di lui: "Sì, che ti perdi nel tuo mondo l'ho notato!!" confermò sempre in tono freddo e perentorio.

Mika capì che quella volta con Andy non sarebbe bastato un semplice scusa. Capì che dietro quel tono furente e quelle parole dure, il suo compagno stesse nascondendo la sofferenza che gli aveva causato.

"Come va il tuo lavoro?" chiese allora il libanese, virando e cercando di portare l'attenzione su di lui.

Ma Andy non ci cascò. "Perché?! Te ne importa?? Non credo proprio!" rispose dando voce ai suoi pensieri.

"Se ti fosse importato del mio lavoro, o di me, non ti saresti dimenticato della mia esistenza fregandotene perfino di farmi sapere dove fossi." gli ricordò senza tanti giri di parole.

Mika ci pensò brevemente. Era convinto di aver fatto parola della sua meta con il compagno, la sera in cui gli aveva comunicato la sua intenzione di partire. Cadde dalle nuvole completamente.

"Oddio, io... pensavo lo sapessi, giuro!" confessò sinceramente portandosi una mano alla bocca con fare colpevole "Sono a Montreal comunq..." gli disse finalmente, ma a Andy a quel punto poco importava.

"Puoi essere anche in Russia in mezzo agli orsi polari che ormai non me ne frega più niente!" rispose però inaspettatamente. Dopo le preoccupazioni e le ansie che in quelle due settimane gli aveva fatto provare, il tempo dei toni pacati e delle parole dosate con il contagocce era definitivamente terminato.

In quel momento Mika si sentì mancare. In quasi 4 anni di relazione non aveva mai sentito Andy parlargli in quel modo. Se era arrivato a quel punto, significava che doveva seriamente averlo ferito.

Cercò di replicare ma dalla sua bocca non uscì il benché minimo suono.

"Adesso ti saluto che domani ho del lavoro da fare." intervenne invece Andy "Mi raccomando. La tua famiglia chiamala pure tra un mese, che tanto non è in apprensione per te!" gli ricordò aumentando il suo senso di mancamento.

"Stammi bene" terminò poi con un'ultima bastonata dritta sulla sua schiena, chiudendo la chiamata.

Mika staccò il cellulare dall'orecchio notando la cornetta rossa sparire, segnalando la chiamata terminata e lasciò che l'iphone cadesse dalle mani, affondando nei cuscini del divano, poi realizzato ciò che aveva appena sentito, iniziò a percepire l'aria mancare nei suoi polmoni e la stanza divenire scura.

Stava avendo un attacco di panico. La consapevolezza di ciò che aveva fatto piombò su di lui con una forza tale da lasciarlo annaspante e in disperata ricerca di ossigeno sul divano del salotto.

Cercò di tranquillizzarsi inspirando piano e a fondo e chiudendo gli occhi in cerca di conforto ma il tentativo non funzionò e pochi istanti più tardi stava singhiozzando rannicchiato con le ginocchia strette al petto e un dolore lancinante all'altezza dello sterno.

Quello era il suo primo giorno libero da che aveva lasciato l'Europa. L'unico giorno che non aveva trascorso praticamente per intero in studio. Uscito dal suo piccolo mondo incantato, vedendo camminare una coppia per strada nelle fredde vie di Montreal, gli era tornato in mente di avere una vita al di fuori di quell'universo fatto di musica e parole e colpevole, aveva fatto il primo numero che il suo cuore gli aveva comandato di cercare.

La reazione spropositatamente furente del suo compagno, lo aveva fatto precipitare bruscamente a terra, interrompendo quel suo volo così spensierato, intrapreso da settimane.

Se per oltre quindici giorni dall'incidente di sua sorella non aveva saputo pensare altro che alla sua famiglia, in quell'ultimo lasso di tempo, aveva riversato tutte le sue energie e le sue attenzioni solamente su sé stesso ed il suo lavoro che tanto gli era mancato.

Non aveva idea di cosa fosse successo alla persona equilibrata che aveva saputo essere per più di un quarto di secolo. Sicuramente la sua vita, fin dalla più tenera età, era stata tutto fuorché ordinaria, ma nonostante questo, era sempre riuscito a mantenere una certa stabilità, soprattutto una volta iniziata a percorrere la strada che dal 2007 aveva imboccato.

Gli stravolgimenti degli ultimi mesi avevano fatto vacillare quella sicurezza intrinseca che, malgrado le difficoltà, aveva sempre fieramente posseduto.
Life is tragic...

What you got to lose
What do you think this is?


Iniziò a porsi una serie di domande più o meno sensate nella testa. Si ritrovò a chiedersi come avesse potuto lasciare il suo intero mondo alle spalle così semplicemente, senza neppure esserne cosciente.

Una sorella abbandonata nel bel mezzo di una delle sue battaglie più grandi.
Una famiglia lasciata in disparte a leccarsi le ferite senza il suo appoggio.

Un compagno che amorevolmente gli stava accanto da quasi 4 anni.

Erano solo piccoli frammenti di quel puzzle che aveva lanciato in aria come un bambino capriccioso che abbagliato da un giocattolo nuovo, frantuma tutto ciò che ha costruito in anni di fatiche e impegno.

I'm a crazy fool

Ecco cos'era... Un pazzo senza cognizione.

In un impeto di ira, si alzò dal divano e lanciò un pugno ben assestato al vaso di fiori in terracotta che dal tavolo del salotto colorava la stanza, frantumandolo in mille pezzi sul pavimento candido della casa.

Si fece un paio di piccoli graffi sul dorso della mano ma non se ne curò, sedendosi malamente a terra accanto al muro e ricominciando quel pianto troppo simile a quello di un bambino colpevole e troppo orgoglioso per riparare a un litigio.

Tra i singhiozzi udì la vibrazione del suo telefono, ancora sepolto tra i cuscini del divano e come un gatto scattò in piedi fiondandosi verso quel rumore, appoggiando con noncuranza la mano per terra sui cocci di terracotta, emettendo un piccolo gemito quando due frammenti un po' più grossi gli si conficcarono nel palmo.

Imprecò notando il sangue iniziare a gocciolare dalle ferite ma troppo impegnato a cercare di recuperare il cellulare, se ne fregò. Quando trovatolo, vide sul display il nome di sua sorella Zuleika chiuse gli occhi e dopo un gran sospiro di incoraggiamento accolse la chiamata giusto due secondi prima che la segreteria la interrompesse.   

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