Scacco matto

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Andy continuò a fissarlo con espressione poco convinta. "Hai detto bene... Dovrai passare sul mio cadavere!!" pronunciò grave, mentre Mika sbadigliando, prendeva posto meglio sotto le coperte.

Il moretto ridacchiò e poi sporgendosi a lasciargli un bacio della buonanotte si distese in tutta la sua lunghezza sul materasso, cadendo addormentato insieme a Andy.

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Due settimane più tardi, la squadra si trovava finalmente in aeroporto, pronta a far ritorno nuovamente in Inghilterra, dopo un tour nordamericano, che aveva donato loro un riscontro estremamente positivo tanto quanto inaspettato.

Il loro volo, a causa di una tempesta di neve, era stato ritardato e i ragazzi aspettavano nell'enorme area d'attesa antistante i gate, da 3 ore buone.
I membri della band erano intenti a giocare una combattuta partita al monopoli comprato appositamente ad un duty free poco distante, Nick e Mark se ne stavano svaccati scompostamente sulle sedie ascoltando musica, Jerry si dilettava in chiamate di lavoro, mentre Andy se ne stava seduto sulla scomoda sedia con il cellulare in mano, giocherellando a tetris mentre Mika sonnecchiava scomodamente con la testa appoggiata alla sua spalla.

Qualche attimo più tardi, il gracchiante altoparlante annunciò che la tempesta stava diminuendo di intensità e che fortunatamente di lì ad un'ora, tempo necessario a sgombrare la pista dalla neve, i voli sarebbero ripartiti.

"Che palle un'altra ora!" sbuffò Mike seduto a terra, muovendo la sua pedina a forma di cappello sulle caselline colorate del gioco.

"Beh dai però almeno ora sappiamo che partiremo..." osservò Ida prendendo in considerazione il lato buono della notizia appena ricevuta.

In quell'istante, Andy sobbalzò. Mika si era appena svegliato bruscamente iniziando a tossire pesantemente come negli ultimi 3 giorni a quella parte.

L'uscire dietro le quinte non sempre adeguatamente riscaldate dei palazzetti, sudato dopo ogni concerto, a quanto pare aveva avuto le sue controindicazioni.

"Hey!" gli sussurrò Andy, passandogli una mano sulla schiena, mentre il ragazzo sempre più rosso in viso, continuava a tossire senza sosta.

"Tra quanto si parte?" pigolò non appena riuscì a prendere fiato, voltandosi verso il suo ragazzo con sguardo stanco.

"Ancora un'oretta" gli annunciò puntando le iridi azzurre nelle sue e notando un luccichio che non presagiva nulla di buono.

"Sono stanco" sussurrò con un filo di voce, inclinando la testa, come se al suo posto vi fosse un macigno e chiudendo gli occhi.

Andy lo osservò attentamente, aveva capito che la sua non era solo stanchezza dovuta ai viaggi e portando una mano velocemente alla sua guancia, ne ebbe la conferma.

Se non si fossero trovati in una sala di un aeroporto nordamericano, si sarebbe sdraiato accanto a lui, cercando di apportargli un po' di sollievo e un po' di calore, che a giudicare dai piccoli brividi, era certo non gli avrebbe dato fastidio.

Si guardò in giro e poi senza troppo pensarci, convinse Mika almeno ad allungarsi sulle seggiole vuote accanto a lui, facendogli adagiare la testa un po' troppo calda sulle gambe, prodigandosi poi a coprirlo con la sua giacca. In quella semplice azione non ci vedeva assolutamente nulla di inappropriato per i giudizi del mondo esterno.

I compagni di squadra si voltarono verso la coppia e guardarono Andy con aria interrogativa.

Il ragazzo spiegò con un eloquente gesto come la figura rannicchiata sulle seggiole fosse definitivamente ko. "Tempismo perfetto!" ridacchiò Martin alludendo al tour, che proprio in quei giorni si fermava per una piccola pausa.

"Già" borbottò Andy posando una mano sulla sua spalla "Ancora mezza giornata sarebbe stata meglio" rifletté pensando al viaggio di ritorno che li attendeva.

"Vedi di fargli fare un giro da un dottore nei prossimi giorni" gli consigliò Jerry avvicinandosi e posando a sua volta una mano sulla fronte del cantante che ricominciò a tossire.

"Questa cosa non mi piace per niente!" ammise il manager, udendo la forte congestione del ragazzo, che da quanto poteva capire, non sembrava limitarsi ad una semplice laringite.

Andy annuì regalando uno sguardo lievemente preoccupato al quarantenne, che si sedette poi accanto a lui, osservando le casette rosse e verdi disposte disordinatamente sulle caselle colorate del gioco da tavolo.

Un'altra ora passò lentamente, poi finalmente la chiamata al loro gate fu annunciata.

Con un sospiro di sollievo, i ragazzi raccattarono da terra il quadrato di cartone del monopoli, rovesciando alla bell'e meglio tutte le casette e le pedine all'interno della scatola, per poi prendere le loro valigie.

Andy aspettò che la maggior parte della gente si alzasse e accorresse verso il gate e poi quando fu sicuro che ognuno avesse qualcosa a cui pensare si avvicinò al capo riccioluto e sussurrò un "Amore dobbiamo andare", svegliando Mika con un bacio fugace alla tempia e una dolce pacca sulla spalla.

Il ragazzo aprì gli occhi, richiudendoli subito alla vista della luce accecante dei lampadari, si tirò a sedere con evidente sforzo e ancora con la giacca di Andy sopra la sua, si alzò in piedi non molto stabilmente.
Il greco accanto a lui intanto aveva già preso tra le mani entrambe le loro valigie e lo osservava con aria curiosa. "Dici che ce la fai a camminare fino là o devo portartici con uno di quei cosi?" chiese facendo cenno con la testa ai carrelli per le valigie ordinatamente disposti accanto al muro.

Mika lo guardò per qualche attimo senza dire nulla, poi dopo alcuni colpi di tosse dall'aria alquanto dolorosa, rispose scuotendo la testa.

Si trascinò camminando lentamente fino al gate, mentre Andy lo seguiva carico come un mulo con entrambi i loro bagagli.

Quando uscirono sulla pista, una sferzata di vento gelido lo fece rabbrividire fortemente, nonostante fosse coperto da capo a piedi con più di uno strato di vestiti pesanti, berretta e sciarpa.

Quando finalmente riuscirono a prendere posto sul velivolo, Mika si appallottolò sul sedile, portando le gambe al petto e affondandoci la testa sfinito.

Andy gli passò una mano sulla testa, coperta ancora dalla berretta di lana e lentamente glie la sfilò, provocando un mugolio infastidito. "Dai non te ne puoi stare così imbacuccato per 8 ore!" gli ricordò dolcemente, cercando di srotolare anche la sciarpa dal collo, inutilmente data la posizione.

Quando l'aereo fu finalmente in volo e Mika si fu pesantemente addormentato, Andy ne approfittò per portare a termine la sua opera di svestizione.

Il fatto che con tutti quei vestiti addosso il suo ragazzo non percepisse la temperatura, che per Andy era quasi fastidiosa vestito con un solo maglione leggero, gli fece capire che la febbre dovesse essere già piuttosto alta ed in ascesa.

Se ne stava rannicchiato con la testa appoggiata all'oblò in una posizione che il greco reputava al limite del possibile per un essere umano alto quasi 2 metri.

Puntò gli occhi fuori dal piccolo finestrino, cercando di percepire i colori scuri dell'imbrunire tra un riccio e l'altro.

Pensò ai giorni liberi che avrebbero passato a Londra, nel loro accogliente monolocale, non vedeva l'ora si starsene per qualche tempo da solo con Mika. Pensò ai suoi genitori che non vedeva da tempo e che quella volta, aveva persino voglia di andare a salutare calorosamente.

Tra le cose che aveva in progetto di fare in quei giorni a venire, c'era anche la presentazione di Mika alla sua famiglia al completo. Era da quando si era in qualche modo riappacificato con sua madre, che aspettava di poter organizzare una cena tutti insieme.

Sperava solo che il moretto, che in quel momento dormiva accanto a lui, si sarebbe rimesso presto da quella specie di maxi influenza che sembrava essersi preso, perché davvero non stava più nella pelle all'idea di passare una serata con loro.

Certo, dire che la cosa non lo spaventasse, sarebbe equivalso a mentire, ma era certo anche di voler fare quel passo il prima possibile.

Immerso nelle sue riflessioni, non si accorse del tempo trascorso e si risvegliò dai suoi pensieri, quando la gentile hostess gli porse i menù per la cena.

Fuori dall'oblò ormai era buio, secondo l'orario del posto da cui erano partiti, il suo orologio segnava le 7 di sera.

Erano circa a un quarto del loro viaggio. Si voltò verso Mika e lo trovò nella stessa identica posizione di prima.

Gli si avvicinò posandogli una mano sulla fronte trovandola rovente, esattamente come si aspettava.

Decise che anche a costo di litigarci, lo avrebbe svegliato e costretto a mangiare qualcosa e a prendere un antipiretico.

La prima fase non fu facile. Ci mise 10 minuti buoni a fargli aprire gli occhi e altri 5 a convincerlo a tenerli aperti, mentre lui borbottava frasi di rimprovero verso colui che osava interrompere il suo sonno.

Quando si trovò davanti il menù con le pietanze raffigurate, alzò uno sguardo schifato verso Andy, pronunciandosi in un "Ti prego no!" cercando invano di indurre il greco, che lo guardava con sguardo impassibile, a desistere dal suo proposito.

"Oh sì invece!" mantenne la sua linea Andy. Gli stava costando parecchi sforzi rimanere impassibile davanti allo sguardo supplichevole, corredato dal faccino febbricitante che Mika gli stava rivolgendo, ma non poteva di certo convincerlo come avrebbe fatto se si fossero trovati a casa da soli e quindi quello era l'unico modo.

Fortunatamente per Andy, era talmente esausto da non avere le forze necessarie per discutere con lui, per questo chiuse il menù e poggiando il capo sulla sua spalla si arrese con un "Scegli tu", prima di tornare a chiudere gli occhi.

Gli lasciò una fugace carezza sulla testa e quando la hostess arrivò ordinò una lasagna per lui e degli spaghetti al ragù per Mika, sperando di stuzzicargli l'appetito.

Grazie al cielo, il cibo di quella compagnia aerea, aveva un buon aspetto e tutto sommato un buon sapore, quindi la battaglia di Andy su cibo e medicinali fu facilmente vinta e poco più tardi poté lasciar tornare Mika alla sua occupazione preferita per quella serata.

Circa un'oretta più tardi, Andy se ne stava al pc a giocherellare al celeberrimo gioco di calcio: Fifa. "Mi piace il colore della divisa della tua squadra..."

Si voltò alla sua sinistra, udendo quelle parole pronunciate da una voce roca e trovò Mika sveglio che accanto a lui scrutava lo schermo dove 22 sagome di due colori differenti, correvano sul grande rettangolo verde.

"Buongiorno!" gli rivolse un sorriso che il libanese ricambiò immediatamente.

Approfittando del sonnellino che la maggior parte dei passeggeri accanto a loro stava schiacciando, porto una mano al suo viso e gli schioccò un veloce bacio sulla fronte e uno a fior di labbra.

"Va un po' meglio vedo..." osservò notando come la febbre fosse scesa almeno un po', anche se l'attacco di tosse che seguì, smentì in parte ciò che il greco stava pensando.

"Però i calzini gialli non c'entrano molto con la maglia e i pantaloncini verdi e arancioni" Mika proseguì la sua critica sull'abbigliamento dei giocatori della squadra che Andy stava controllando velocemente con le dita sui tasti.

Il biondo sorrise.

"E vogliamo parlare delle scarpe viola?!" aggiunse notando anche quelle, in un'inquadratura più ravvicinata.

Andy ridacchiò, portando il suo attaccante più vicino all'area di rigore avversaria.

"Loro hanno molto più stile. Maglia rossa e blu, pantaloncini rossi e blu, calzini rossi e scarpe blu." commentò per filo e per segno, tossicchiando qua e la ogni tre per due.

"Non è una sfilata di moda, è una partita di calcio..." gli fece notare il greco.

"Stronzo del cavolo!" imprecò poi quando il suo avversario gli rubò la palla con una scivolata che fece ruzzolare a terra il suo giocatore.

"E' una partita di calcio" gli fece il verso Mika imitando la sua voce grave e il suo accento inglese tendente al greco "... finta per giunta. Cosa ti arrabbi..." concluse ghignando.

Sullo schermo apparve la scritta che annunciava la fine del primo tempo e il gioco venne messe brevemente in pausa.

Andy si voltò e guardò gli occhi lucidi ma vispi che scrutavano lo schermo e che un secondo dopo si congiunsero coi suoi.

"Non stavi dormendo?!" gli chiese prendendolo in giro e tirandogli un boccolo.
In risposta ricevette una linguaccia.

"Che altri giochi hai?" chiese poi allungando il collo per vedere meglio il pc pigiando il tastino che aprì il menù principale.

"Sto giocando a calcio!" lo rimproverò Andy, chiudendo la pagina aperta dal suo ragazzo.

"Ma è noioosoooo!" si lamentò lui tornando a riaprire la scheda dei giochi.

Il biondo sbuffò e si arrese, chiudendo la partita che ormai stava perdendo 2-0 e buttando uno sguardo agli altri giochi con cui in realtà non aveva mai giocato, amando fifa alla follia.

"Giochiamo a scacchi?" chiese Mika puntando il dito sull'icona.

Andy si grattò la nuca e ammise "Non so giocare."

Il riccio spostò il suo sguardo dallo schermo a lui. "Davvero??" chiese incredulo. Il biondo annuì e immediatamente l'altro incalzò: "Ti insegno io!" andando poi a cliccare l'icona ed aprendo la scacchiera dove i 32 pezzi bianchi e neri erano già disposti sulle rispettive caselle.

Andy si passò una mano in viso. Ci aveva provato più di una volta da piccolo ad imparare, ma non gli era mai riuscito. Non era sicuro che però questo dettaglio gli sarebbe stato d'aiuto, nel caso in cui Mika lo avesse saputo, era certo che a costo di farlo scervellare, avrebbe fatto di tutto per dimostrargli che lui sarebbe stato capace di insegnargli, quindi tacque.

"Allora" iniziò con fare serio.

"Lo scopo del gioco è fare scacco matto. Ossia imprigionare il Re avversario in modo che non si possa più muovere o fuggire." iniziò a spiegare. "Lo puoi fare con questi pezzi..." per filo e per segno, il riccio spiegò in breve tutte le regole fondamentali del gioco. Come i vari pezzi si muovevano sulla scacchiera, come e chi potevano mangiare, come funzionavano le varie tecniche e come si attuavano mosse particolari come l'arrocco o l'en passant.

Dopo meno di mezz'ora, Andy già non ci stava capendo più nulla. Quel gioco era troppo complicato. Troppe regole da ricordare, troppi passaggi strani e troppo da ragionare.

"Adesso proviamo" gli disse Mika non appena riuscì a riprendersi dall'ennesimo attacco di tosse, azzerando la partita che aveva usato per l'ennesima spiegazione.

Andy alzò lo sguardo sul suo ragazzo che con passione si stava prodigando a spiegargli quegli intricati ragionamenti. Aveva lo sguardo stanco ma non demordeva, concentrato com'era nella spiegazione.

Dopo un'altra ora di tentativi, Andy aveva finalmente iniziato a capire come funzionasse il procedimento ed era ormai alla sua ottava partita e con suo grande orgoglio, alla sua terza vittoria.

Certo, Mika non si stava impegnando a batterlo, anzi, gli spiegava per filo e per segno dove sbagliava e come fare per rimediare, quindi non poteva dirsi del tutto vittorioso, ma poco gli importava. Per la prima volta in 22 anni aveva capito come si giocasse.

"Tocca a te" gli ricordò Andy, mentre concentrato cercava si prevedere le mosse che avrebbe potuto fare Mika.

Il ragazzo fissò la scacchiera per alcuni istanti e poi spostò il cavallo con una mossa che persino Andy capì avere tutto fuorché un senso logico.

Cercò di capire se vi fosse qualche strategia che gli era sfuggita, ma quando si voltò a sbirciare il ragazzo alla sua sinistra e lo trovò con gli occhi semi chiusi e la testa appoggiata stancamente sulla mano, capì che non c'entravano le strategie.

"Io direi basta scacchi per oggi, hm?" gli chiese spostandogli la testa dalla mano, affinché si poggiasse più comodamente sulla sua spalla. Mika lo lasciò fare rispondendogli con un cenno di assenso appena percepibile, dandogli così la conferma che per quella sera aveva definitivamente alzato bandiera bianca.

Arrivarono in Inghilterra che ormai albeggiava. Erano le 7 di mattina e il cielo era coperto ma fortunatamente non piovoso.

Andy svegliò il suo ragazzo con una serie di piccole pacche sulla spalla, si stiracchiò stancamente e puntò gli occhi assonanti fuori dal finestrino.

Si sentiva decisamente poco bene, aveva un bruciore diffuso a gran parte del petto, una congestione e la testa gli pulsava. Non vedeva l'ora di godere del calduccio di casa e del suo letto.

Scesero dall'aereo e dopo aver recuperato le valigie si diressero verso l'uscita, salutando gli amici.

Si guardarono attorno, cercando qualcuno che sapevano, sarebbe venuto in aeroporto ad accompagnarli fino a casa. Mika trascinava lentamente il suo trolley mentre Andy, non senza fatica, si occupava sia dei sue due bagagli, che dei restanti del suo ragazzo.

Entrambi cercarono con gli occhi una figura conosciuta, il primo a notare chi fosse la persona che era arrivata fino a Heathrow per loro fu il moro, il quale notando il cartello bianco "Andy e Mika", si fermò di colpo, portando il greco ad andare quasi a sbattere contro di lui.

"Hey ma cosa ti fermi... oh!" quasi lo rimproverò infatti, fermandosi appena prima della sua schiena, ma le parole tacquero quando incontrò i due occhi che li osservavano sorridenti.   

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