CAPITOLO 32

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<Okay.> arrossisce e entra nella lavanderia.
Lo seguo.
Lava il pupazzo di Mary con l'ammorbidente, lo strizza e lo appende per le orecchie.
<Che c'è?> mi domanda mentre si lava le mani.
<Niente.> sbotto.
Si asciuga le mani e si avvicina, indietreggio e finisco contro la lavatrice.
Mi abbraccia e non ricambio.
Resta incollato a me.
<Mi dispiace per prima, ammetto di essermi comportato come un maleducato. Ti chiedo scusa.> mi sussurra.
<Scuse accettate.> sto sbagliando, lo so.
<Grazie, Emma.> mi da un bacino sulla guancia e non smette di abbracciarmi.
Gli do due pacche sulla schiena per incitarlo a lasciarmi andare ma mi ignora deliberatamente.
Sento Mary ridere.
Mi volto e la vedo mentre ci spia, è nascosta dietro la porta.
Charlie inizia a darmi una serie di bacini e le faccio cenno di andarsene.
Scuote la testa e continua a sorridermi.
<Siete fidanzati?> strilla.
Charlie si spaventa e si stacca subito.
<No, siamo ancora amici.> le sorride.
"Ancora".
Nel senso che, in un futuro prossimo ( non troppo prossimo, magari ) potremmo stare insieme?
"Non ancora" è come dire che non è ancora arrivato il momento.
O Charlie non si è spiegato bene o si è spiegato benissimo.
<E quando allora?> chiede infine lei.
<Mai.> sussurra lui, mi sento ferita.
<Perché mai?> piagnucola Mary.
Sì, infatti.
Voglio proprio saperlo.
Sono curiosa di sapere come se la caverà Charlie questa volta.
<A Emma non piaccio e purtroppo non ha tutti i torti.> mormora.
Vorrei dirgli che non è vero ma rischierei di espormi troppo.
<Emma? È vero?> mi chiede Mary.
Charlie mi guarda e poi guarda a terra, con sguardo abbattuto.
<Sono a casa.> è la voce di mio padre.
<Mary, papà non vuole Charlie in casa.> le sussurro.
<Lo tengo impegnato io.> mi sorride e corre via.
Prendo per mano Charlie e lo porto nella mia stanza.
<Riesci ad arrampicarti?> gli indico l'albero.
<Sì.> mormora.
Apro la finestra e lui esce.
All'improvviso si volta e mi prende la mano.
<Tuo padre non mi vuole?>
<Ti chiamo dopo, okay?>
È arrabbiato.
<Okay. A dopo.> mormora e se ne va.
Esco dalla mia stanza e incontro subito mio padre che mi abbraccia senza esitare.
<Ciao, Em. Come stai?>
<Bene, tu?>
<Bene, grazie.>
Per un pelo.

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