Charlie mi richiama subito.
Rispondo.
<Dimmi.>
<Non farlo mai più.> mormora.
<Forse.>
<Non so se domani verrò a scuola, penso di avere la febbre.>
<Oh, okay.>
Ed è grazie alla febbre di Charlie che inizio a rendermi conto di quanto sia importante per me vederlo.
Non viene a scuola per i tre giorni consecutivi.
Mercoledì pomeriggio vado a trovarlo.
Busso alla porta e ad aprire è una donna giovane e molto bella.
<Emma? Piacere di conoscerti.>
<Salve.>
<Sono la mamma di Charlie, Elena. Accomodati.>
<Piacere.> entro.
Chiude la porta e mi abbraccia con grazia e leggerezza.
<Sono così felice che Charlie abbia un'amica. Sei più bella di quanto immaginassi, insomma, Charlie mi aveva avvertito...> mormora.
<Mamma.> ringhia lui da sopra le scale.
<Oh, scusa. Vi lascio soli, è stato un piacere.>
<Il piacere è mio.> le sorrido e lei cambia stanza.
Charlie scende le scale.
Indossa dei pantaloni di tuta grigi, una t-shirt dei Green Day e dei fantasmini bianchi.
È pallido, si vede che è malato.
Si avvicina e mi stringe la mano.
<Vorrei abbracciarti ma non vorrei contagiarti. Mi sei mancata.> dice dolcemente.
La sua voce è roca e bassa.
<Anche tu.> mi sorride subito.
<Non rispondi alle mie chiamate, Emma.>
<Lo so, dovevo studiare. Domani ho un compito in classe e tu sei una pura fonte di distrazione.> rido.
<Uhm. Ci sediamo? Non restare lì impalata.> mi prende per mano e si siede accanto a me.
Riesco a sentire il suo profumo.
È flebile e sembro una drogata per il modo in cui sniffo l'aria.
Stringe ancora la mia mano.
Se la porta accanto al viso e la bacia, successivamente la mette contro la sua guancia.
<Ti voglio stringere fortissimo.> mormora.
Sì, beh, non lo biasimo.
Sfilo la mano dalle sue e mi guarda come un bambino alla quale sono cadute le palline di gelato ma ha ancora il cono in mano.
<Bene...quando torni a scuola?>
<Domani.>
<Non sembri nelle condizioni.>
<Ho detto domani.> mormora più decisamente.
Annuisco.
Restiamo in silenzio.
Ha messo il broncio da un po' e non so che dire.
Gli do una lieve pacca sul ginocchio e mi alzo.
<È meglio se me ne vado.> mormoro.
<Perché hai sfilato la mano in quel modo? Ho l'influenza, mica la lebbra.> si alza anche lui.